La giustizia può essere materia impervia per i non addetti ai lavori, non fosse altro che per il frequente uso di latinismi, per i termini tecnici e per la tortuosità del sistema. È sufficiente però un po’ d’attenzione per non far confusione tra un’archiviazione e una riabilitazione, concetti che invece da qualche giorno vengono sovrapposti per riscrivere la storia giudiziaria e politica di Pietro Vignali, ex sindaco di Parma eletto nel 2007 con il centrodestra e dimessosi nel 2011 perché coinvolto nello scandalo che coinvolse la giunta, diversi imprenditori e dipendenti del Comune.
Nelle scorse ore si è tornati a parlare di Vignali perché il Tribunale di Sorveglianza gli ha concesso la riabilitazione penale, un istituto che “estingue le pene accessorie e ogni altro effetto penale” delle condanne ricevute in passato, purché sia trascorso un certo periodo di tempo dalla sentenza e il soggetto abbia dimostrato una buona condotta e abbia risarcito le eventuali parti lese. Si tratta, per intendersi, della stessa riabilitazione di cui due anni fa ha goduto Silvio Berlusconi, che ha potuto così recuperare il diritto di candidarsi a pubblici incarichi dopo la condanna per frode fiscale che lo aveva estromesso dal Parlamento.
La notizia è arrivata negli stessi giorni in cui Vignali veniva archiviato per l’accusa di abuso d’ufficio (nel frattempo era maturata anche la prescrizione) riguardo ad alcune assunzioni di dirigenti comunali. L’occasione si è fatta ghiotta e così Vignali, Forza Italia e diversi quotidiani ne hanno approfittato per farne un unico calderone, gridare all’ingiustizia e associare le sue forzate dimissioni del 2011 – che aprirono le porte del Comune all’ex 5 Stelle Federico Pizzarotti – a un’inchiesta che sarebbe perciò fondata sul nulla: “Causò dimissioni del sindaco di Parma. Dopo 10 anni: ‘Ci siamo sbagliati” (Il Riformista); “Colpo di spugna dieci anni dopo dopo l’avvio delle inchieste che provocarono la caduta del centrodestra” (Repubblica); “Giustizia è fatta” (Forza Italia).
In realtà il passato di Vignali è ancora piuttosto ingombrante. L’archiviazione riguarda infatti l’accusa di abuso d’ufficio, ma le cronache di questi giorni non raccontano che lo stesso Vignali nel 2015 aveva patteggiato 2 anni di reclusione con pena sospesa per i reati di peculato e corruzione, corrispondendo anche al Comune di Parma un risarcimento da oltre mezzo milione di euro per chiudere la vicenda processuale a suo carico.
Adesso la riabilitazione può contentare Vignali, ma la decisione del Tribunale di Sorveglianza non è certo una revisione del merito dell’inchiesta che ha portato al patteggiamento né cambia i termini politici della sua stagione da sindaco. Del resto, quando il Commissario straordinario Mario Ciclosi prese il posto del forzista in attesa di nuove elezioni, fu lo stesso prefetto a certificare nella sua relazione “un clima sociale, politico e amministrativo viziato da anni di degenerazione etica” in Comune, condizioni che fecero schizzare il debito della città ben oltre gli 800 milioni di euro.