“Il dato, 2,5% di sieroprevalenza, può sembrare piccolo, ma può essere problematico: se incontro 20 persone in una giornata ho il 50% di possibilità di incontrare una persona positiva. Se lo faccio per 7 giorni ho la possibilità di incontrare mediamente 3,5 positivi”. Raccomanda prudenza Gian Carlo Blangiardi, presidente Istat, nel corso della presentazione dei risultati dell’indagine sul SarsCov2. I risultati della campagna per capire quante persone nel nostro Paese abbiano sviluppato gli anticorpi al nuovo coronavirus, anche in assenza di sintomi, sono relativi a 64.660 persone che hanno effettuato il prelievo dalla fine di maggio a luglio.
Un campione statisticamente importante, ma lontano dal bacino originariamente programmato di 150 mila soggetti. Sono un milione 482 mila le persone, il 2,5% della popolazione residente in famiglia, risultate con IgG positivo, che hanno cioè sviluppato gli anticorpi. Quelle che sono entrate in contatto con il virus sono dunque 6 volte di più rispetto al totale dei casi intercettati ufficialmente durante la pandemia attraverso l’identificazione dell’Rna virale. “Gli asintomatici arrivano al 27,3% che non è una quota bassa, per questo è molto importante la responsabilità individuale e il rispetto delle misure” – ha sottolineato la direttrice dell’Istat Linda Sabbadini – “i tre sintomi più diffusi sono febbre, tosse e mal di testa, ma la perdita del gusto e dell’olfatto sono più associate all’infezione”.
La prevalenza dello sviluppo di anticorpi al SarsCov2 non presenta differenze di genere ed è simile per tutte le classi di età: il livello più basso all’1,3% è per i bambini piccoli mentre per gli anziani è a 1,8%, segno, secondo gli analisti, di “un effetto di protezione dei familiari per questi segmenti”. Sebbene la trasmissione intrafamiliare sia molto elevata, se si adottano le misure di protezione il contagio non avviene, come accaduto per il 60% della popolazione che ha avuto familiari conviventi malati. Gli operatori della sanità sono i più colpiti, con il 9,8% mentre non emergono differenze sostanziali tra gli altri settori lavorativi, esclusi gli addetti alla ristorazione che superano il 4%. Prudente il ministro della Salute, Roberto Speranza: “Siamo fuori dalla tempesta, ma non siamo in un porto sicuro, a livello internazionale il momento è tra i più difficili e dobbiamo continuare a muoverci con cautela”.
Una lezione che sembra aver capito anche il leader della Lega Matteo Salvini, accusato di “negazionismo” dal premier Giuseppe Conte dopo le passerelle sulla riviera romagnola con selfie e strette di mano. “Quando è necessario, la mascherina si mette, nei luoghi chiusi, sui treni, ai giovani dico di rispettare la distanza, fate quello che la scienza chiede di fare”.
A colpire, all’interno dell’indagine, sono le differenze territoriali molto accentuate: la Lombardia raggiunge il massimo con il 7,5% di sieroprevalenza, ossia 7 volte il valore rilevato nelle regioni a più bassa diffusione soprattutto del Mezzogiorno. “Questi sono dati che indicano l’aver incontrato il virus e aver montato una risposta immunitaria, cosa ben diversa dal conferire un patentino di immunità rispetto a SarsCov-2” – ha sottolineato il presidente del Consiglio superiore di sanità (Css) Franco Locatelli specificando che “non è stato investigato in questo studio il contributo del sistema immunitario e non conosciamo l’effetto protettivo di questi anticorpi”. C’è una enorme variabilità anche intraregionale sui dati: 24% a Bergamo contro, ad esempio, Como e Lecco al 3-5%.
Cremona e Piacenza hanno un tasso superiore al 10%. Nelle ultime 24 ore i contagi da Covid sono stati 159, in ulteriore calo rispetto al giorno precedente (239). Aumentano però le vittime, 12 (domenica 8). I tamponi effettuati sono stati appena 24.036, quasi 20 mila in meno rispetto a ieri, con il consueto netto calo della domenica. Cinque regioni non fanno registrare nuovi casi: Marche, Friuli-Venezia Giulia, Calabria, Valle d’Aosta e Basilicata.