“Domani dobbiamo andare a farci il tampone… vabbé, mi sa che ci tocca”. Vent’anni, sorriso beffardo e un po’ imbarazzato, timide risate a testimoniare il fresco ricordo delle notti brave appena trascorse. Le mascherine rigorosamente in tasca, finché qualcuno non ricorda loro di indossarle: “Fa caldo, dai…”. Stanno rientrando alla spicciolata. Comitive e piccoli gruppi di ragazzi e ragazze che hanno passato la prima metà di agosto in alcuni dei paesi dove l’epidemia di Covid è tornata tangibile. Spagna (e Baleari), Malta, Croazia e Grecia. Da ieri, al ritorno all’aeroporto di Fiumicino, a chi proviene da queste mete viene consegnato un foglio in cui ci sono le indicazioni da seguire per le 48 ore a venire: contattare il medico o il numero verde, recarsi alla Asl di riferimento, sottoporsi al tampone e attendere a casa finché non arriva l’esito negativo.
Ieri al “Leonardo da Vinci” di Roma c’erano solo dei totem informativi. Nessun banchetto con sanitari e kit anti Covid già pronti, come avvenuto per l’ “emergenza Bangladesh” di un mese fa: la Regione Lazio “per forza di cose” non è in grado di gestire numeri del genere direttamente negli scali. A Ferragosto, poi. Così i ragazzi vengono rimandati a casa. Molti sono del Sud: hanno preso treni e pullman per arrivare a destinazione. Chi è di Roma ed è tornato ieri, oggi dovrà recarsi in una delle otto case salute per il tampone drive-in e poi passare il weekend a casa. “Non esageriamo – dice Simone, 23 anni – il tampone ci vado a farlo, ma non è che se non posso uscire il 14 e il 15. Poi magari non c’ho niente”.
Il pericolo in parte sfugge ancora il sistema organizzato in extremis qualche falla ce l’ha. Pare che da settimane l’istituto Spallanzani e la Regione Lazio stiano cercando di avvertire il Ministero della Salute sui rischi: “Fosse stato per noi, avremmo vietato le vacanze fuori dall’Italia”, spiega a Il Fatto una fonte dell’Unità di crisi regionale, guidata dall’assessore dem Alessio D’Amato. “I nostri test rapidi sono utili ma il Ministero sta un po’ dormendo – dice Francesco Vaia, direttore sanitario dello Spallanzani – Basterebbero 5-10 minuti al gate per dare il responso e fornire una forte scrematura. La nostra proposta era quella di effettuarli presso aeroporti, stazioni e porti e anche alle frontiere autostradali. Ora è tardi”.
I totem informativi sono apparsi anche all’altro aeroporto romano, quello di Ciampino, dove arrivano la maggioranza dei ragazzi: “Mi hanno avvertito. Io ci vado subito a fare il tampone, così mi levo il pensiero. Speriamo che si sbrighino che ho da fare”, ci dice Daniele 25 anni, sostenuto dalla sua amica Federica, 24 anni: “Se ce l’avessero detto prima ci saremmo organizzati. Sempre all’ultimo. Poi se la prendono con noi ragazzi”. Francesco, 30 anni, racconta: “Noi siamo stati vicino Valencia, ma siamo stati attenti. C’erano tanti ragazzi, anche italiani, cui non importava nulla, dicevano che il Covid non esiste”. Alla casa della Salute di Largo Preneste è tutto pronto: “Ci aspettiamo il pienone, sarà un Ferragosto impegnativo – dice un’infermiera – Con i bengalesi è stata dura, sono arrivati a frotte. E adesso siamo davvero in pochi”.