C’è chi dileggia i promotori del “No” (“vincetelo ora il referendum”), chi usa l’hashtag #iovotono per lanciare il suo opposto (#iovotosì) e chi azzarda addirittura un complotto – quello dei cinque parlamentari che hanno chiesto il bonus da 600 euro – per tirare la volata al “Sì”: “#Votono perché sono contrario agli scandali a orologeria” è stata la formula usata da diversi account anonimi su twitter nei giorni scorsi.
Che sfortuna. Non poteva esserci periodo peggiore per far partire la propaganda social per il “No” al referendum sul taglio dei parlamentari. E invece così è stato. Negli ultimi giorni, proprio in concomitanza con lo scandalo dei cinque furbastri, gli attivisti del “No” hanno coniato tre hashtag ufficiali – #iovotono, #iovotoNo_referendum2020 e #iovotoNotaglioParlamentari – ma sono stati un flop: oltre a uno sparuto numero di attivisti e politici contrari al taglio di 345 eletti, su Facebook e Twitter gli hashtag non sono mai andati in tendenza (la lista degli argomenti più dibattuti) e hanno fatto registrare numeri molto bassi. La media giornaliera dell’hashtag #iovotono su Twitter è di circa 800 cinguettii, con una media di 58 all’ora. Un po’ pochi, considerando che molti di essi vengono prodotti sempre dagli stessi utenti e rilanciati da diversi account vicini ai comitati.
Non solo: l’hashtag per il “No” al taglio dei parlamentari si è trasformato presto in un boomerang per i contrari alla riforma costituzionale. Molti lo hanno usato per schernire i difensori della “rappresentanza” e dell’attuale Parlamento, proprio nel momento in cui esplodeva il caso dei furbi del bonus. “Se questa è la caratura morale dei nostri rappresentanti, andiamo proprio bene. Provate a vincerlo ora il referendum” twittava Matteo M. il 9 agosto. “Dopo questa porcata, nessuno potrà più farmi cambiare idea sul prossimo referendum. #iovotosi” era la replica di un utente ai promotori del “No”. E ancora, parola di Filippo: “Dopo questo #iovotosi”. Infine alcuni hanno fatto notare l’incoerenza dei difensori del “No”, molti dei quali avevano deciso di votare “Sì” al referendum costituzionale del 2016 che, secondo il motto renziano, serviva proprio a “diminuire le poltrone”. Non proprio il tipo di propaganda che si aspettavano i contrari alla riforma costituzionale.
Poi c’è anche chi ha utilizzato gli hashtag per fare ironia e deviare dall’argomento. “#iovotono a Capodanno e a Ferragosto” cinguettava Laura il 14 agosto mentre un’altra utente consigliava sarcasticamente alla Lega di passare con il “No” per “salvaguardare la poltrona a tanti amici”.
Anche i dati sulle tendenze delle ricerche su Google sono impietosi per i comitati del “No”. Nelle prime due settimane di agosto, il motore di ricerca di Mountain View ha evidenziato un’impennata del numero di volte in cui sono state digitate le parole: “taglio parlamentari”, “referendum”, “referendum taglio parlamentari”. Il tutto mentre l’ultimo sondaggio di Affaritaliani.it, realizzato nel pieno dello scandalo dei furbi del bonus (14-17 agosto), prevede una vittoria schiacciante del “Sì” (72-28%). Qualche hashtag non basterà a ribaltare la situazione.