Nessuno, nelle stanze della politica milanese, si è stupito per l’articolo del Fatto quotidiano che due giorni fa raccontava che Giuseppe Sala non ha voglia di ricandidarsi per il secondo mandato a sindaco di Milano. “È un segreto di Pulcinella”, dice un giovane esponente del Pd, “sappiamo tutti che Beppe è stufo di passare molte ore ogni giorno nel suo ufficio di Palazzo Marino e che da tempo sta cercando alternative di vita”. Da cinque anni sta facendo il lavoro più noioso e peggio pagato della sua carriera. Ora vuole cambiare. Ha ripetuto, nei mesi scorsi, una frase già pronunciata da Grillo: “Sono un po’ stanchino”.
Gli piacerebbe molto tornare a fare il manager in un business strategico come le telecomunicazioni, alla guida della Tim 2 che potrebbe nascere dallo scorporo delle reti Telecom, sotto la regia di Cassa depositi e prestiti. È il progetto che piace molto a Beppe Grillo, che Sala è andato a incontrare il 10 agosto nella sua casa di Marina di Bibbona, sul litorale livornese. È anche il sogno – segreto ma non troppo – di Sala, che ne ha parlato con più d’un interlocutore. Il sindaco sa però che Tim 2 è un piano ambizioso e ancora tutto da costruire. Sta dunque considerando anche altre alternative a Palazzo Marino, più politiche. È disponibile ad andare a Roma a fare il ministro in quota Pd, nel caso di un prossimo rimpasto di governo. È tentato comunque dal giocare un ruolo politico nazionale, diventando per il Partito democratico – oggi molto “sudista” – il punto di riferimento per un fronte del Nord: non gli dispiacerebbe insomma essere per il Pd di Nicola Zingaretti quello che Luca Zaia è per la Lega di Matteo Salvini. Sta considerando molte strade, Sala, tutte aperte e tutte da costruire pazientemente. Con il Partito democratico nazionale che invece sta facendo di tutto per farlo restare a Milano: per non avere un ennesimo leader a Roma a competere con gli altri leader; ma soprattutto per non rischiare di perdere Milano, che senza la ricandidatura di Sala nella primavera del 2021 potrebbe finire nelle mani del centrodestra. Più pragmatici i “ragazzi” del Pd milanese, che da tempo si stanno preparando all’eventualità che “Beppe” – di cui rispettano la forza, ma che in fondo hanno sempre considerato un estraneo a casa loro – non si ricandidi. Se corre per il secondo mandato, la coalizione che lo sostiene resterà unita, Pd, civici, renziani di Italia viva, radicali, Più Europa…; se imboccherà altre strade, l’alleanza salta e ognuno farà il proprio gioco. Ada Lucia De Cesaris, già vicesindaco di Giuliano Pisapia con ambizione (frustrata) alla sua successione, è pronta a candidarsi come sindaco. Per piantare la bandiera di Italia viva a Milano, ma soprattutto per non lasciare la strada tutta in discesa ai “due ragazzini” del suo ex partito, il Pd: Pierfrancesco Majorino e Pierfrancesco Maran. Sono “i due Pier” già pronti a sostituire “Beppe”. Il primo, ex assessore all’assistenza, oggi è parlamentare europeo, eletto con ben 90 mila preferenze, ma non ha smesso un minuto di presidiare Milano. Il secondo, assessore all’urbanistica, sta seguendo tutte le grandi partite immobiliari, dall’area Expo agli scali ferroviari fino al nuovo San Siro, cercando di ammantare di verde milioni di metri quadri di nuove edificazioni. Il primo presidia l’ala sinistra, il secondo l’ala destra. “I due Pier” si dovranno confrontare nelle primarie, unica strada per dirimere ambizioni personali e scontri politici interni e trovare un candidato sindaco da presentare alla città. Le primarie potranno essere arricchite da altri partecipanti possibili, come (sull’ala sinistra) Paolo Limonta, maestro e assessore alla scuola, e (sull’ala destra) Anna Scavuzzo, vicesindaco di Sala e assessore alla sicurezza. Più difficile la discesa in campo di “indipendenti” e rappresentanti della cosiddetta società civile, anche se circolano i nomi di Tito Boeri, economista ed ex presidente dell’Inps, e di Ferruccio Resta rettore del Politecnico, che curiosamente è accreditato come candidato sia per il centrosinistra sia per il centrodestra.
Il gran rifiuto di Sala, insomma, aprirebbe conflitti e incertezze tali da poter aprire la strada al ritorno della destra a Palazzo Marino. Per questo il Pd nazionale ha già cominciato il pressing sull’attuale sindaco per convincerlo a restare: anche l’altro Beppe (Grillo) si era detto “un po’ stanchino”, ma non si è affatto tolto di mezzo.