L’insegna del meeting di Rimini 2020 dice “special edition”. Perché è l’anno del Covid e persino il maxi-evento di Comunione e Liberazione, che da decenni mette allo stesso tavolo la politica e il capitalismo italiano, si è dovuto dare una ridimensionata. Grandi spazi vuoti, posti dimezzati, nessun padiglione, pochi e sparsi visitatori, ospiti per lo più in videoconferenza: un inevitabile senso di malinconia. Ma pure in “edizione speciale” e ridotta, la festa ciellina conserva lo spirito della tradizione: rimane in fondo la prova di forza di una grande famiglia. Una famiglia di fede e potere.
Comunione e Liberazione e il suo braccio economico, la Compagnia delle Opere, sono un unico grande nucleo promiscuo con la sanità privata lombarda e con la politica regionale. Un rapporto particolarmente esposto negli anni del “Celeste” Roberto Formigoni, governatore ciellino della Lombardia, che sull’altare dell’incesto cliniche-Regione ha fondato il suo successo e le sue sventure (il carcere e ora dei domiciliari).
Il matrimonio però va avanti. Non è un caso che proprio sugli schermi del meeting di Rimini ieri si sia celebrata la ricomparsa di Angelino Alfano, ex delfino di Berlusconi, poi pluridecorato ministro nei governi col Pd, oggi presidente del gruppo San Donato, il gigante privato della sanità lombarda. Alfano (in video) è ospite di una tavola rotonda a cui partecipa il ministro della Salute Roberto Speranza. È una meravigliosa marchetta – non ce ne voglia nessuno – a favore dei privati. Alfano gigioneggia: “La pandemia è stata una lezione per il sistema sanitario nazionale e ha rotto un equivoco culturale, che pubblico e privato siano avversari. In emergenza il privato ha dato il meglio di sé, si è fatto carico del 18 per cento dei malati di Covid in Lombardia, ha permesso alla sanità pubblica di reggere”. Speranza ascolta, incassa, annuisce, piazza una zampata: “Ora la sanità privata però deve firmare il contratto nazionale”. Nel complesso, una grande festa di famiglia.
Ancora più familiare, se possibile, l’accoglienza per il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, nel dibattito della mattina. Si parla ancora di sanità, della pandemia e del rapporto tra Stato e Regioni. Solo che lo Stato non c’è, restano solo due governatori di destra (il terzo invitato, Michele Emiliano, dà buca): con Fontana c’è il siciliano Nello Musumeci. Vanno a ruota libera, raccontano una realtà tutta loro: il governo debole e assente, le Regioni abbandonate a sé stesse, sole contro il virus. L’unica domanda a Fontana fa tremare i polsi: “Presidente, la sua Regione ha dato una risposta formidabile sui posti letto, è stata in prima fila nella dialettica con lo Stato”. Il governatore fa la vittima: “Se avessimo avuto maggiore autonomia si sarebbero evitati molti errori. Dall’inizio del mio mandato chiedo di poter assumere medici e infermieri”. Si dà un piglio quasi eroico: “Come ha scritto Ferruccio de Bortoli, la Lombardia è stata abbandonata. Partivamo da una situazione drammatica, ma abbiamo dato risposte importanti per rientrare nella normalità”. Nessuno interrompe questa narrazione; nessun riferimento a camici o conti all’estero; nessuna critica a una gestione da più parti considerata disastrosa.
Ai tempi d’oro Formigoni era munifico sostenitore del meeting di Rimini, con sponsorizzazioni che arrivavano fino a 200mila euro. Pure quest’anno lo stemma della Lombardia è in bella vista sui monitor. Dal Pirellone giurano che stavolta la Regione non ci ha messo un euro, non c’è patrocinio. Come si spiega il logo? “Magari è per buoni rapporti… l’anno prossimo in assenza di Covid torneremo a collaborare”. Nel frattempo, insomma, pubblicità gratuita: una grande famiglia.