“Ogni volta che consegno un pacco mi chiedo che cosa sono andato a fare all’università. Nella vita ho fatto il manager in tre aziende grandi, mi sono messo in proprio e ho avuto successo, finché non è arrivato Covid a rovinare tutto”. Riassume così la sua carriera Ade Smith, 50 anni: un passato da manager e un presente come autista di una società di consegne. Quando descrive come si sente a fare su e giù per i sobborghi del Surrey (contea a sud di Londra) con 35 gradi di temperatura per consegnare un ventilatore a casa di qualcuno, dice che è “come fare un trapianto tutti i giorni”. Ma si ritiene comunque fortunato ad avere un lavoro.
Ade Smith è solo uno di migliaia di lavoratori con un passato da colletto bianco e ufficio confortevole che adesso si ritrovano ad affrontare un futuro incerto, in un paese, il Regno Unito, che sta entrando nella peggiore recessione mai vissuta finora.
Di solito sono i lavori meno qualificati a subire maggiormente gli effetti di una recessione: più sostituibili e pagati meno rispetto ai ruoli dei colletti bianchi. Con la crisi finanziaria del 2008, per esempio, sono andati in fumo tra il 5 e il 10 per cento di impieghi blue-collar, mentre i ruoli manageriali e impiegatizi hanno subito pochi contraccolpi. Nelle sue prime fasi, la crisi da nuovo coronavirus ha ricalcato e accentuato questa tendenza: dall’inizio del lockdown sono stati persi quasi 750.000 posti di lavoro, e quando a giugno l’economia ha iniziato a ripartire oltre un quarto della forza lavoro era in cassa integrazione, secondo i dati ufficiali pubblicati la scorsa settimana.
Tuttavia, mentre inizialmente la scure si è abbattuta sui lavoratori del commercio al dettaglio, ristorazione e settore turistico, progressivamente la crisi ha cominciato a lambire anche i manager e i consulenti. Secondo Tej Parikh, economista dell’Institute of Directors di Londra, le professioni da ufficio stanno affrontando la peggiore crisi occupazionale dall’inizio degli anni ’90, e stanno minando la sopravvivenza economica di molti lavoratori dopo trent’anni di sicurezza economica.
Molti di questi ruoli, infatti, dipendono dalla vivacità dell’economia. “Prima del Covid erano posti di lavoro importanti, ma ora sono visti come aree dove si possono ridurre i costi”, spiega Parikh riferendosi alle posizioni amministrative o manageriali di medio livello. Ma per i colletti bianchi gli esperti di ristrutturazioni aziendali si aspettano tagli molto più ampi nel futuro, perché, dopo mesi di brutti chiari di luna gran parte delle aziende sta cominciando a ridurre i costi.
“Le capacità di ristrutturazione sono un correlato dell’istinto di sopravvivenza”, spiega un consulente delle risorse umane di molte grandi aziende. “La maggior parte delle imprese ha avviato un dialogo con il personale per ridurre i loro costi fissi”. Un rischio ulteriore viene dalla riduzione degli ammortizzatori sociali, che minaccia gli impiegati dei quartier generali delle aziende, del settore dei servizi professionali e della creatività. Martedì scorso, la catena di grandi magazzini Marks and Spencer è stata l’ultima tra i grandi gruppi ad aver inserito anche manager e i lavoratori accessori nella lista dei 7.000 licenziamenti da operare nei prossimi tre mesi.
La sua rivale John Lewis, ma anche aziende come Centrica, il più grande fornitore di energia del Regno Unito, hanno già comunicato di aver incluso nel piano dei tagli al personale anche un gran numero di persone impiegate negli uffici. Accenture, società di consulenza, intende tagliare 900 dipendenti, circa l’8% della sua forza lavoro nel Regno Unito, in conseguenza del fatto che i suoi principali clienti hanno congelato i loro progetti, soprattutto quelli grandi.
Secondo una ricerca commissionata dal Financial Times a una delle più grandi agenzie di recruiting del Regno Unito, attualmente poco meno della metà delle offerte di lavoro si rivolge ai colletti bianchi, ma le candidature per questo tipo di impiego sono aumentate di quasi un terzo negli ultimi tre mesi. “I colletti bianchi sono la spina dorsale della nostra economia, rappresentano molti di posti di lavoro per molte persone, membri di vaste comunità”, sostiene Ged Mason, amministratore delegato della società di reclutamento Morson Group. La sua azienda collabora con la campagna “Keep Britain Working”, che aiuta chi perde il lavoro a riqualificarsi. “La crisi di questa tipologia di ruoli avrà un impatto enorme su tante persone. È in corso un rimodellamento dell’economia, e il nostro lavoro con Keep Britain Working ci ha dimostrato che proprio le professioni manageriali e impiegatizie stanno impiegando più tempo a riprendersi”.
I gestori del sito di annunci di lavoro CV-Library riferiscono che i tre annunci che hanno ricevuto il maggior numero di candidature il mese scorso erano tutti e tre per ruoli da manager junior. Le domande di tirocinio come assistente legale sono state oltre 4.200, e più di 3.000 quelle per ruoli di assistente alle risorse umane e tirocinante contabile. Prima della pandemia, il numero medio di candidature per ogni posto vacante era 25. Finora, la perdita di posti di lavoro nei ruoli di colletti bianchi tradizionali è stata frenata da diversi fattori. Spesso i datori di lavoro sono riluttanti a licenziare i dipendenti altamente qualificati in quanto sono difficili da sostituire quando l’economia si riprende.
Anche le aziende più grandi si trattengono dall’effettuare grossi tagli al personale finché le prospettive economiche non saranno più chiare, e molto dipenderà dal rischio di una seconda ondata della pandemia. A ciò va aggiunto che il piano di ammortizzatori messo in campo dal governo britannico, che terminerà in ottobre, finora ha permesso loro di rimandare la decisione. Alpesh Paleja, capo economista della Confindustria britannica, conferma che i prossimi mesi saranno cruciali: “Le decisioni drastiche si stanno prendendo in queste settimane. Non abbiamo ancora visto tagli su vasta scala, ma progressivamente si stanno allentando gli interventi pubblici per il mantenimento dei posti di lavoro. Senza ripresa economica gli esuberi potrebbero cominciare ad aumentare”.
Con la fine dell’estate i lavoratori sono incoraggiati a tornare in ufficio, ma potrebbero trovare molte scrivanie vuote. Un dirigente di una grande azienda del settore dell’informazione riferisce che ormai si era quasi abituato a dare ai dipendenti la cattiva notizia su Zoom. Le società di servizi professionali hanno fatto finora tagli limitati al personale, e alcune sezioni dedicate alle ristrutturazioni digitali macinano ancora guadagni, ma con la fine dei sussidi governativi le sospensioni si stanno trasformando in licenziamenti. Grandi studi legali internazionali come il gruppo DWF o BCLP hanno annunciato tagli nei prossimi mesi. Per il settore, la crisi è causata essenzialmente alla riduzione degli accordi commerciali stipulati negli ultimi mesi e al congelamento quasi completo dei grandi progetti infrastrutturali.
Alcuni dei settori più colpiti non hanno aspettato l’autunno: la catena di pub inglesi Wetherspoons, per esempio, o le librerie Waterstones hanno già cominciato a tagliare teste nelle rispettive sedi centrali. Hanno perso il posto anche centinaia di dipendenti del settore dei media, soprattutto di quelli incentrati sul modello della redazione, come il Guardian, l’Evening Standard e WPP. “Non vedo grandi affari in arrivo”, confessa Jonathan Planner, cacciatore di teste che lavora nel settore della pubblicità e del design commerciale. “Le grandi aziende non spendono più. La prima cosa che tagliano è il budget per il marketing”. Racconta di aver ricevuto “molte chiamate preoccupate” da membri senior dell’azienda che erano già stati mandati via o temevano sarebbe accaduto presto. “Creativi senior, membri del consiglio di amministrazione, strateghi aziendali. Ti chiamano preoccupati delle rate dell’affitto o del mutuo da pagare… è una cosa generalizzata”.
Hanno collaborato Claer Barrett e Kate Beioley
Traduzione di Riccardo Antoniucci