Roma chiama e i territori rispondono. Ma non con l’entusiasmo che vorrebbero i vertici del M5S: se ci saranno accordi con il Pd nei Comuni nel 2021, vorrà dire che i consiglieri comunali li appoggeranno turandosi il naso. Nei giorni scorsi, con due interviste al Fatto, Luigi Di Maio e Stefano Patuanelli hanno dato seguito al voto su Rousseau con cui gli attivisti hanno detto “sì” alle alleanze locali proponendo un “patto con il Pd nei Comuni” a Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna, ma nei 5Stelle delle città in questione c’è molto meno entusiasmo: “Fosse per me non farei l’alleanza con i dem – dice il consigliere comunale M5S a Milano Gianluca Corrado – ma non possiamo nemmeno ignorare il voto su Rousseau. Spero ci ascolteranno”. L’ipotesi di mancata ricandidatura del sindaco Giuseppe Sala aprirebbe praterie per un accordo giallorosa, almeno su un nome terzo. Ma Corrado resta freddo: “Noi dobbiamo portare la nostra idea di città, poi decide Rousseau…”. Chiude ogni porta invece la sua collega Patrizia Bedori, che risponde direttamente alla proposta di Patuanelli che chiede al Pd di sostenere la Raggi a Roma in cambio di un appoggio a Milano e Torino: “Sono basita, non so come si possa fare una campagna elettorale insieme al Pd dopo che li abbiamo combattuti per cinque anni. Forse a Roma non sanno che a Milano il Pd ha tolto 11 ettari e mezzo di verde pubblico per cementificare”.
Anche Torino, dove Chiara Appendino è scettica sul secondo mandato, la strada per un accordo sembra in salita: “Io ho votato sì su Rousseau – spiega Valentina Sganga, capogruppo M5S in Comune – perché penso sia giusto evolversi, però a Torino il Pd per cinque anni ci ha osteggiato su tutti i temi, non sarà facile parlarci”. Da qualche settimana, per il post-Appendino, gira l’ipotesi del rettore del Politecnico Guido Saracco, in quota dem ma stimato anche nel mondo grillino: “È presto per parlare di nomi”, conclude Sganga.
A Roma, invece, la sindaca Virginia Raggi ha anticipato tutti annunciando la sua ricandidatura ma c’è chi, nel Movimento, non l’ha presa benissimo: la sua nemica storica, Roberta Lombardi, ieri a Repubblica ha auspicato un passo indietro della Raggi per trovare un nome condiviso con il Pd: “Virginia ha governato bene – commenta il consigliere capitolino Paolo Ferrara – non le chiederei un passo indietro, ma casomai due passi avanti. Noi dobbiamo scrivere il programma, poi se il Pd vorrà sostenerci nell’ambito di un accordo più generale, ben venga”. Dove si giocheranno due partite molto diverse invece è a Bologna e Napoli. Nella città emiliana il sindaco Virginio Merola non si ricandida e molti elettori M5S hanno già sostenuto Stefano Bonaccini in chiave anti-Salvini alle Regionali di gennaio. I giallorosa proveranno ad arrivare a un’alleanza più organica: “Bisogna trovare una persona valida, che abbia voglia di portare avanti certi temi – dice la consigliera pentastellata Elena Foresti – da scuola e sanità pubbliche a un cambio di passo sulle infrastrutture”. Chi invece chiude ogni porta a un dialogo con i dem è Matteo Brambilla, ex candidato sindaco dei 5 Stelle a Napoli: “Non sono d’accordo né con Patuanelli né con Di Maio: escludo ogni alleanza con il Pd perché in questa città, sulle periferie e su Bagnoli, abbiamo idee opposte”. I papabili candidati giallorosa potrebbero essere due ministri napoletani: Gaetano Manfredi (Università) e Vincenzo Amendola (Affari europei). Ma per Brambilla “un conto è il governo nazionale, un conto sono i territori dove siamo lontani anni luce. Se i vertici faranno l’accordo con il Pd a Napoli, sarà contro il volere della maggioranza degli attivisti e se ne assumeranno la responsabilità”. Non proprio la reazione che si aspettavano Di Maio e Patuanelli.