“Io naturalmente aspetto la riunione della direzione del Pd, perché non ho mai avuto posizioni non coerenti con il mio partito, ma il mio orientamento personale è per il No”. È la posizione del senatore democratico Luigi Zanda, già tesoriere del Pd, incarico lasciato per presiedere la società editrice del Domani, di proprietà di Carlo De Benedetti. Zanda, da consumato parlamentare, sa motivare bene le sue obiezioni: “La violazione del patto che era stato stipulato in sede di formazione del governo è importante e grave, ma la questione ancora più importante è quei contrappesi che sono assolutamente necessari per il funzionamento del sistema. Vanno modificati i regolamenti parlamentari, la platea che elegge il presidente della Repubblica. Senza tutto questo non è una riforma, ma solo un taglio dei parlamentari che non è in sé una riforma”. Chiaro, conciso, coerente (?). Vedremo fra poco che non è così.
Su Repubblica di domenica scorsa, a Zanda faceva eco l’ex senatrice Anna Finocchiaro – rifattasi viva apposta – ospitata dal quotidiano di Maurizio Molinari per scrivere con evidente sicurezza: “Sono contraria alla riduzione a 200 dei componenti del Senato, proprio in ragione dell’affermazione iniziale: l’Italia è una Repubblica parlamentare e ha un bicameralismo perfetto. Questo implica, per necessità costituzionale, che entrambe le Camere, che hanno allo stato identici poteri e funzioni, e che li manterrebbero, siano il luogo della rappresentanza plurale del Paese”. “Un Senato composto da 200 membri – continuava Finocchiaro – non può rappresentarle”.
Ora si legga il disegno di legge costituzionale del 4 novembre del 2008 (AS 1178): “Onorevoli Senatori – Il presente disegno di legge di revisione della Costituzione intende corrispondere a un’istanza di innovazione del nostro ordinamento costituzionale che deve ormai ritenersi condivisa da una larghissima maggioranza delle forze politiche e parlamentari. La questione della riduzione del numero complessivo dei parlamentari nazionali”. Poco più avanti: “La riduzione del numero complessivo dei deputati e dei senatori è rimasta continuativamente nell’agenda parlamentare. Il presente disegno di legge punta dunque a recuperare, isolandola in una specifica e circoscritta proposta di modifica costituzionale (corsivo nostro), la prima e più stringente ipotesi di riduzione del numero dei parlamentari. In particolare, si propone una modifica degli articoli 56 e 57 della Costituzione orientata a fissare in quattrocento il numero dei deputati e in duecento il numero dei senatori, con la riduzione in proporzione del numero dei parlamentari eletti nella circoscrizione Estero, fissati rispettivamente in otto per la Camera e quattro per il Senato”. “Si prevede inoltre di portare da sette a cinque il numero minimo di senatori per ciascuna Regione”.
Riduzione secca, senza fronzoli, senza riequilibri o contrappesi, con una proposta “specifica e circoscritta”, senza altro in cambio. Esattamente come si vuol fare oggi. I primi due firmatari di quella proposta si chiamavano Luigi Zanda e Anna Finocchiaro. Chissà se hanno qualcosa in comune con quelli di cui abbiamo parlato poc’anzi.