Strepitoso Vasco
Vasco sempre più in forma. Semplicemente leggendario. Notate poi anche il disagio linguistico di questi negazionisti, che ovviamente pensano male e scrivono peggio. Patetici, dannosi, irricevibili. Andate a sculacciare i billi della val di Chiana, torsoli!
I fenomeni della lega non s’accorgono del sito fake
Osservate bene questa foto. “Noi con Salvini” è una delle molte pagine, con tanto di spunta blu, che ruota attorno alla galassia della “bestia” salviniana. Il disagio, da quelle parti, scorre come noto vivido e guizzante. La foto, dicevo: guardatela bene. “Noi con Salvini” l’ha retwettata per fare ancora più massa e portare su l’hashtag caricaturale #processateancheme.
Problema 1. La foto è un fake creato con Photoshop per sfottere la Lega. Ma i luminari della pagina pro-capitone non se ne sono accorti.
Problema 2. L’uomo ritratto nella foto (fake) non è uno qualsiasi, ma Luca Cavazza. Quello che si era candidato con la Lega a gennaio per appoggiare Borgonzoni in Emilia Romagna. Quello che è agli arresti domiciliari per induzione alla prostituzione di minore e spaccio “lieve”.
Ma #fateviprocessareilcervello, fenomeni!
Il volo parte e torna per il processo Salvini
Bentornati all’ambito spazio “Il disagio”. Il 3 ottobre si svolgerà a Catania il processo a Salvini per il caso Gregoretti. Il “frigna” sta piangendo da settimane, ripetendo ogni giorno che lui non ha paura. Quindi in realtà ha molta paura. Salvini ha chiamato a raccolta il suo manipolo di ultrà, affinché lo difendano dalla giustizia komunista. E qualcuno ha pure esortato a “digiunare per il Capitano” (che nel frattempo, ovviamente, si mangia di tutto, pure le lontre mantecate con la sugna flambé).
Ma c’è di più, e lo ha scoperto La Nuova Padania (che a dispetto del nome è tutto fuorché leghista). Leggete e sognate con me. Sulla pagina ufficiale legaonline.it (che tutti noi compulsiamo avidamente ogni ora) viene pubblicizzato il volo a 40 euro. Lo stesso messaggio è stato rilanciato dal parlamentare Grimoldi (che nessuno conosce. Neanche Grimoldi).
Sì, ma che volo è questo Milano-Catania andata e ritorno? Esiste e la compagnia aerea è la Wizz. A 40 euro si decolla alle 7 da Malpensa e si atterra alle 8,55 a Catania. Ci può stare: chi non si sveglia all’alba per difendere il Cazzaro Verde?
Piccolo problema. Poi si deve ripartire alle 9,35, per riatterrare a Malpensa alle 11,30. Quindi, con 40 euro, si va sì a Catania in nome del poro Salvini, ma ci si sta quaranta minuti. Solo 40 minuti. E poi si riparte.
Questi legaioli sono davvero fantastici. Daje Matte’!
Berlusconi e il dottor Sentenza Briatore
“Grande giornata oggi, shjono (cit) venuto a trovare ghmghg (?!?) il mio amico presidente, che gli voglio (sic) molto bene. Lo trovo in forma, bravo Silvio!”. E pum! Silvio Berlusconi positivo al Covid. Ultimamente Briatore, più che Mister Billionaire, è Dottor Sentenza. Menomale che non lo frequento.
(Auguri di pronta guarigione a Berlusconi)
Cavazza, leghista da festini e cocaina
È ancora leggenda Lega! L’indagine sui festini a base di sesso, cocaina ed escort – anche minorenni – a Bologna coinvolge pure un politico, Luca Cavazza, candidato alle scorse regionali per la Lega. I festini andavano avanti dall’autunno del 2019 e sono durati fino ai primi mesi del 2020. Quindi durante i mesi caldi della campagna elettorale in Emilia Romagna. Coinvolte diverse ragazze e almeno due minorenni. Si svolgevano, secondo la procura di Bologna, nella villa dell’impresario edile Davide Bacci, ora in carcere.
La denuncia è partita da una delle ragazze che ha partecipato ai festini. Avrebbe raccontato alle forze dell’ordine di aver assunto cocaina nella villa. Successivamente, quando non era più lucida, i presenti avrebbero approfittato di lei. Tra gli arrestati anche un agente immobiliare, Luca Cavazza, ex candidato della Lega alle regionale (ora ai domiciliari). La Lega, appresa la notizia, ha preso le distanza da Cavazza. Ma chi è Casazza? Così il Corriere della Sera: “Il classico profilo da rampollo della «Bologna bene» quello di Luca Cavazza, 27 anni, ai domiciliari con le accuse pesantissime di induzione alla prostituzione minorile e spaccio, anche se di lieve entità”.
Nel 2016 il Casazza visita la tomba del Duce a Predappio. Scrive su Facebook: “Tutto quello che fu fatto non potrà essere cancellato. A noi!». Poi rinnega davanti ai cronisti: «Mai stato fascista. Una goliardata. Non nego che per me Mussolini ha fatto delle cose buone, nel Ventennio. Ma quella era solo una visita in un luogo storico». Quindi cancella il post. Fa già parte del centrodestra (Forza Italia). Poi si candida con la Lega in appoggio a Borgonzoni. Non viene eletto, così come non era stato eletto nel 2016 alle Comunali quando militava ancora in Forza Italia.
Grande tifoso del Bologna e della Virtus, “sempre con un megafono in mano durante le partite al Paladozza”. Secondo l’accusa, sfruttava il suo ascendente facendo leva sulle giovani ragazze conosciute tra gli spalti. «Mi ha convinta dicendomi che ci sarebbe stata fattanza (sballo)» ha detto di lui agli inquirenti la 17enne, che insieme alla madre ha fatto partire l’indagine. Ma che bella classe dirigente!
(Foto tratta dalla bacheca di Filippo Rossi)
Foto e propaganda
La foto con Di Maio del 10 agosto ha creato la polemica più inutile e neuronalmente disagiata degli ultimi sette secoli, infatti la destra ci si è buttata a capofitto. Uno strazio mentale che neanche un brainstorming tra Minnie e Gasparri. In realtà la “foto dello scandalo” è un’altra: questa. Non è un fotomontaggio. Dicembre 2018: Salvini accetta l’invito ad Accordi&Disaccordi. Fu una bella puntata e lui se la cavò bene. La foto è stata scattata prima di cominciare. Il mio sguardo dice tutto
L’anno successivo, Salvini fu demolito dal sottoscritto a Cartabianca (settembre). A ottobre uscì Il Cazzaro Verde (15 edizioni). A giugno 2020 I Cazzari del Virus (9 edizioni in un mese). E lui è sempre scappato dal confronto tivù.
Ne consegue, e la cosa mi fa rincuora parecchio, che questa foto resterà un unicum. Daje Matte’!
Il nostro Barbacetto su Briatore
In questi giorni vi ho segnalato due articoli sul passato di Flavio Briatore. Entrambi provengono dalle inchieste di Gianni Barbacetto, grandissimo giornalista e persona rara, che nel 1999 (poi aggiornato nel 2002) fece una ricognizione accuratissima su Briatore: questa. Non perdetevela!
Quello “statista” di Mussolini
Sto guardando il trailer su Sky di “9 giugno 1940, Ultimo giorno di pace”, dell’ottimo Matteo Marani. Bastano quei pochi minuti per capire che l’Italia ha ben poche speranze. Ve lo consiglio: una piazza sterminata che attende per ore e poi ascolta rapita un criminale che, con espressioni ridicole e pause retoriche da infelice cronico, spara stronzate a raffica e grida teatralmente “Vincere e vinceremo!” (ovazione). Un caso umano totale. Ovviamente sarà una carneficina. E ovviamente sto parlando di quella carogna travestita da statista chiamata Mussolini, che faceva il ganassa e poi scappò da vigliacco qual era.
Questo paese, purtroppo, è ciclicamente così: crede al più irricevibile del gruppo. E più è irricevibile, e più è eccessivo, e più è ridicolo, e più (spesso) è carogna: e più gli crede.
Speriamo bene, ma non la vedo bene. A giudicare dal grado elevatissimo di demenza in giro, sui social e non solo, siamo messi male. Ma male parecchio.
Il sì al referendum di Zingaretti
Zingaretti, oggi su Repubblica, scrive il giusto. Premesso che sul referendum “ci sento poco” e non mi smuove minimamente come la battaglia campale per il “no” che mi onoro di avere combattuto in prima linea il 4 dicembre 2016, in merito la penso esattamente come Bersani. Spero vinca il “sì” e, se tornerò in tempo con il volo da Cagliari lunedì 21 dopo le date di Gaber in Sardegna del 19 (Ulassai) e 20 (luogo esatto da decidere) settembre, voterò “sì”. Con poco slancio, perché le priorità sono decisamente altrove, ma anche con pochi dubbi.
Oggi Zingaretti ripete sostanzialmente le stesse cose di Bersani. E fa bene a ripeterle. Sottolinea, giustamente, come ci sia un “no” dettato da paure legittime (benché oltremodo amplificate) che però verranno fugate dai correttivi che la maggioranza si è reciprocamente promessa e su cui sta lavorando. È un “no motivato” che non condivido, ma che comprendo e rispetto profondamente.
Molto più rumoroso, e senz’altro abietto, è l’altro tipo di “no”: il “no insincero”, come l’ha chiamato l’ottimo Bersani. Il “no” di chi vota così non per la riforma in sé, ma per mandare a casa Conte. È un “no insincero” trasversale, che va dalla sinistra finta di Renzi alla sinistra lessa delle Murgia, passando ovviamente per industriali, fighetti che pur di veder morti i 5 Stelle manderebbero al governo Himmler, fascisti, sovranisti, bolliti, casi umani, negazionisti eccetera. Così Zingaretti: “Il No così diventa, a prescindere dal merito, la clava per colpire il Pd, la maggioranza e il governo stesso“. Ed è esattamente così.
Al momento il gap tra “sì” “no” è enorme (a tutto vantaggio del sì), ma in questo pazzo paese tutto può accadere. E di sicuro questo governo continua ad avere molti sostenitori nel paese reale, ma tanti nemici nei palazzi (e nelle redazioni) che contano. O che contavano.
Tira, e tirerà, una brutta aria.
Elogio all’ignoranza
Piccolo esempio di ignoranza crassa e razzista. Questo è un ritaglio di giornale del bel tempo che fu. Ci sono Arbore, Carrà, Boncompagni. Leggete poi la didascalia: “E con loro un’amica di colore”. Il dissestato mentale che lo ha scritto non sa di essere razzista e non sa neanche che “l’amica di colore” è la gigantesca, immensa, inarrivabile Aretha Franklin. Oggi una cosa così sarebbe inconcepibile. Abbiamo fatto tanti passi avanti nella lotta contro il razzismo.
Le sparate della contessa col virus
Grazie, Contessa Mosetti Vien Dal Billionaire! “Ricordatevi che il covid è l’unica cosa che vi potete permettere di prendere al Billionaire”.Chi l’ha detto? Antonella Mosetti, irridendo gli “invidiosi” che criticano i vip che vanno al Billionaire. La cosa buffa (si fa per dire) è che tal Mosetti, 45 anni portati con evidente naturalezza, ha regalato queste garbate perle dopo aver saputo di aver preso il Covid. Praticamente una leggenda vivente. Tal Mosetti, a giudicare dalle sue parole, crede di essere vip. E già questo ci fa capire quanto la natura umana sappia inventarsi mondi paralleli. Di chi stiamo parlando? Della Loren? Di Meryl Streep? O forse di Margherita Hack? Ho studiato il suo curriculum. Sintetizzo: Non è la Rai, Ciao Darwin, Paperissima Sprint, Sipario del Tg4, Festival di Castrocaro, Grande Fratello Vip. Un’intellettuale contemporanea. Ho dimenticato qualcosa? Ah, sì. Ex di Aldo Montano e Davide Lippi. Mica cotica.
Tal Mosetti, quasi che fosse una Santanché meno matura, irride ora i poveracci straccioni e pidocchiosi che hanno vilmente criticato il Billionaire. Secondo lei per invidia. Sì, perché per certa gente criticare Briatore significa per forza “voler essere Briatore”. E criticare tal Mosetti, ammesso che qualcuno la conosca, significa per forza “voler essere la Mosetti”, sempre ammesso che qualcuno la conosca.
L’idea che, per milioni di italiani, valga più una pausa di Rodotà o una virgola di Pertini che tutti i milioni di Briatore, per le Mosetti (chi?) è proprio inconcepibile.
Che brutta aria che tira. E che livello dannatamente impalpabile che tocca frequentare, per commentare questa nostra avvilente “contemporaneità”.
Foto tratta dal profilo ufficiale Instagram di Mosetti
La propaganda di Salvini e le dittature
È delirante dire che Salvini sia nazista. È un cazzaro, non un dittatore. Non diciamo fesserie. Ma non è delirante notare come la propaganda di Salvini sia spesso prossima a quella delle peggiori dittature. Facciamo un esempio, giustamente proposto qualche ora fa da Cristiano De André. Leggete come quella fogna umana di Hermann Goring, vice efferato di Hitler, insegnava come manipolare le persone inculcando loro la paura. “È naturale che la gente non voglia la guerra; non la vogliono gli inglesi nè gli americani, e nemmeno i tedeschi. Si capisce. E’ compito dei leader del paese orientarli, indirizzarli verso la guerra. E’ facilissimo: basta dirgli che stanno per essere attaccati, denunciare i pacifisti per mancanza di patriottismo e perchè mettono in pericolo il paese. Funziona così in qualsiasi paese, che sia una democrazia, una monarchia, una dittatura.
Bisogna spaventarli, inculcargli la paura, bisogna imbottirli di paura come si fa con le oche finchè non gli scoppia il fegato per fare il patè, bisogna fare in modo che quella paura fermenti e si trasformi in odio, un odio assoluto, irrazionale, sguaiato.”
Chiaro, no? Chiaro e brutale. Ora pensate alla propaganda di Salvini (e non solo Salvini) sui migranti. Al suo/loro riempire di odio le persone, “finché non gli scoppia il fegato”. E ditemi se non è la stessa, identica, orribile metodologia propagandistica.
Non dite a Salvini che è il nuovo Goebbels: è una boiata, e poi lui ci marcia facendo il martire. Gli fare un regalo. Salvini non è fascista o nazista. Ma, tra un selfie e un meme, spesso usa le stesse (abominevoli) armi dialettiche.
La fanta-storia di Briatore da Verzuolo
Sabato vi ho proposto un pezzo dell’Espresso che, nel 2010, raccontava la sua versione del passato di Briatore. Oggi vi consiglio un altro articolo. È di Pino Corrias. Leggetelo bene e fatevi la vostra idea. “Ora che il malanno si quietò, possiamo stappare, brindare, sorseggiare la solita bottiglia di Krug Gran Cuvée millesimato da 1.140 euro la bottiglia. E metterci comodi per raccontarvi la storia di Flavio Briatore, il re leone “nato poverissimo” sulle alture del Cuneese una settantina di anni fa. Sceso nelle pianure del jet set per accomodarsi al tavolo verde della vita. Vincere il banco con il suo socio Emilio Fede e qualche trucco. Scappare alle Virgin Islands inseguito dalle guardie. Giocare agli autoscontri con la Formula 1 e i soldi del suo amico Luciano Benetton. Fare shopping a Londra con Heidi Klum. Fare il bagno a Malindi con Naomi Campbell. Tornare in Italia negli anni dell’era arcoriana, coperto da amnistia e dal suo amico Silvio, a fomentare i ricchi e a sputazzare i poveri. Trionfare sui rotocalchi per casalinghe sognanti. Bagnarsi ogni tanto in Costa Smeralda. Detestare i sardo-pastori, i perdenti e i comunisti. Diventare l’icona dei veri uomini che se ne fregano, “il Covid è un raffreddore”. Amare l’italia dei privé. Ma parcheggiare prudentemente la Bentley e la residenza fiscale a Montecarlo.
Visto da molto lontano, Flavio Briatore è un unicorno con fibbie in oro, incenso e mirra che galleggia nel vasto mare dei mediocri incantati dal suo mantra: “Se vuoi, puoi”. Ma avvicinandosi, il miraggio si sgonfia. È solo aria frizzante per gonzi. E il primo gonzo è lui: “Ero anch’io uno di quei ragazzi che andavano in Sardegna a guardare le barche dei ricchi. Sognavamo di diventare come loro, di avere le donne più belle, le ville, gli yacht”.
Anche se non se lo ricorda nessuno, il suo inizio è col botto, dieci chilogrammi di tritolo piazzati nella Bmw del suo primo socio in affari, un tale Attilio Dutto, finanziere, palazzinaro, giocatore d’azzardo, che salta per aria una mattina di primavera del 1979. Non a Palermo o a Beirut, ma a Cuneo. E in quella automobile sarebbe dovuto salire anche Briatore, che invece era arrivato all’appuntamento con un provvidenziale quarto d’ora di ritardo. L’inchiesta – che sfiorerà un paio di famiglie mafiose e un giro di bische clandestine – finisce nel nulla. Briatore si eclissa. Ricompare nella Milano anni Ottanta, con una compagnia di prima classe, Bettino Craxi, Lele Mora, Iva Zanicchi, e naturalmente Fede con cui organizza partite a poker per polli da spennare: industriali, conti, marchesi, il cantante Pupo, più qualche figurante nei panni di generali venezuelani, sceicchi arabi, petrolieri texani. Fino a quando un paio di magistrati a Milano e Bergamo incriminano la coppia alla voce “banda dei bari”.
Meno male che quando arriva il mandato di cattura, Briatore sta facendo il bagno a Saint Thomas, isola dei Caraibi, dove l’estradizione compare solo nell’elenco dei cocktail per vip. Essendo latitante, trova subito lavoro. Glielo offre Benetton che lo trova “un po’ teppista, ma tanto simpatico”. Prima la rappresentanza dei negozi di maglioni in America, poi la guida della scuderia di Formula 1, due campionati vinti con Michael Schumacher, altri due con Fernando Alonso, molte liti, qualche scandalo, montagne di soldi che appaiono e scompaiono.
Dal palcoscenico dell’ultramondo non scende più. Ci passeggia in ciabattine Gucci con ciuffo di visone sul metacarpo, in compagnia di donne bellissime. Esibisce solo attrici, modelle, starlet “mai sopra i 32 anni”. Non le ingaggia per amore, ma per il brand , l’immagine, la comunicazione, che sono le tre endorfine dei vincenti come lui: “L’apparire è il mio lavoro”.
Dice di lavorare “15 ore al giorno”. Copre gli intervalli volando qui e là con il suo Falcon 900. Dice: “Amo la vita gipsy ”, che vorrebbe dire “zingara”. Per fortuna i suoi accampamenti non sono roulotte con i panni stesi: ha una villa a Montecarlo, un attico a Parigi e uno a New York. Una casa a Milano. Un pied-à-terre a Atene. Una villa a Londra. Un intero resort sulle spiagge di Malindi, il Lion in the Sun. Dove organizza feste da ballo per le sue fidanzatine e le amiche italiane che qualche volta se ne vergognano, come capitò a Giovanna Melandri, pupilla di D’alema, capodanno 2007.
Quando torna in Italia per fondare il Billionaire in Costa Smerlada – “che ormai è diventato un marchio, un modo di essere, un modo di vivere”, ultimamente anche una malattia – trova ad attenderlo l’altra metà dell’ostrica, anzi la perla, Silvio B., che lui chiama “il mio presidente”. Amiconi al primo sguardo. Al punto da scambiarsi i maglioncini di seta blu, le amiche, il pediatra per curarle. Il Billionaire è la sua immagine. Ci vanno i brianzoli ricchi, i russi, gli arabi e Jerry Calà. Offre la “più alta concentrazione di gnocca per metro quadro”, come disse suscitando scandalo. In realtà è un timido: “Gli sguardi della gente mi intimoriscono, porto gli occhiali da sole per difendermi”.
Oltre ai soldi e al successo ha un paio di matrimoni alle spalle. Entrambi con divorzio incorporato. L’ultimo con la soubrette Elisabetta Gregoraci che commosse l’Italia quando gli sbirri, per la solita persecuzione fiscale, sequestrarono il loro Yacht, il Force Blue, e lei disse che il loro bimbo di due mesi, abituato alla culla del mare, aveva perso il sonno, mentre lei, per lo stress, il latte.
Lui prima schierò gli avvocati. Poi pagò 5 milioni per il dissequestro. Senza piagnucolare troppo, come sanno fare i vincenti venuti dal nulla. Il suo nulla è il paesino di Verzuolo, 6mila abitanti, padre e madre maestri elementari. Fratello contadino. “Non vedevo l’ora di andarmene e l’ho fatto”. I soliti invidiosi ricordano che a scuola fosse un disastro. Bocciato in quinta elementare e due volte all’esame da geometra. Ce l’ha fatta alla terza, da privatista, tesina su Come costruire una stalla. Che è più o meno come disegnare un rettangolo. Dicono che sbagliò anche quella volta, disegnando due gradini all’ingresso. Ma come direbbe la sua vecchia amica Daniela Santanchè, anche lei di Cuneo, sua socia al Twiga, dove la tengono nel freezer, è una feic nius”.
Pino Corrias, Il Fatto Quotidiano, 28 agosto 2020.