Le Regionali di domenica e lunedì sono nelle mani dell’unico partito che non rischia di vincerle: i 5Stelle. Non parlo dei vertici, che han già fatto la loro non-scelta (stare col centrosinistra al governo e contro il centrosinistra nelle Regioni, Liguria a parte). Parlo degli elettori, che faranno la differenza in Toscana, Marche e Puglia. E dovranno essere più responsabili e lungimiranti dei leader. Così come gli iscritti, che un mese fa han votato Sì su Rousseau alle alleanze nei territori contro le aspettative di chi (Casaleggio in primis) non le vuole. Quel voto è arrivato alla vigilia della chiusura delle liste, troppo tardi per ribaltare una situazione già compromessa. Infatti Conte e Di Maio si sono appellati ai grillini di Marche e Puglia perché si sedessero al tavolo col Pd, offrendo alleanze in cambio di impegni programmatici. Invano. Quindi ciò che non han potuto o voluto fare i vertici nazionali e locali dovrà farlo la parte più avveduta degli elettori: usare bene il voto disgiunto, almeno in Toscana e Puglia dov’è consentito. Cioè votare la lista del M5S, per dargli forza nei consigli regionali, e il candidato presidente del Pd: il toscano Giani, il pugliese Emiliano.
Di Giani sappiamo pochissimo: è uno storico e un politico di lungo corso, nato nel Psi ma rimasto incensurato e financo intonso da scandali, caso clamoroso in quell’ambientino. La sua voce non l’ha mai sentita nessuno, e non è un difetto nella banda di urlatori e vaiasse che infesta la politica. Il suo difetto è di piacere all’Innominabile, che però ormai è un pelo superfluo della politica. Certamente non è un uomo di rottura: un semolino sanza infamia e sanza lode che nessuno potrebbe mai appassionarsi a votare se non avesse come alternativa Susanna Ceccardi. Nessuno può dire che Giani e Ceccardi pari siano. E, siccome se perde Giani vince la Ceccardi, chi non vuole consegnarle la Toscana deve pensarci bene prima di votare Irene Galletti, candidata presidente M5S che ha zero possibilità di vincere, ma ottime possibilità di far perdere Giani. Il voto disgiunto consente agli elettori dei 5Stelle di sventare l’avvento della peggior destra e di votare per i propri consiglieri regionali, così da averne un buon numero per fare opposizione a Giani e tenerlo d’occhio.
Di Emiliano invece sappiamo ben di più: ex pm antimafia e antitangenti, buon sindaco di Bari, molto contestato nel primo mandato di presidente, personalmente onesto ma disinvolto nelle alleanze (ha messo insieme un po’ di tutto nelle sue ben 15 liste e ora deve costringere a ritirarsi due impresentabili), molto vicino ai 5Stelle sulle questioni ambientali Ilva, Xylella e Tap fino a guadagnarsi la fama di “protogrillino” e quinta colonna M5S nel Pd.
Dunque odiato dall’Innominabile e da Calenda, che gli hanno scatenato contro nientemeno che Scalfarotto. Nessuno può affermare che Emiliano e Fitto pari siano. Malgrado abbia 10 anni in meno di Emiliano, Fitto è infinitamente più vecchio, avendo sgovernato la Puglia 20 anni or sono, prima di Vendola, cioè nella preistoria, fra scandali e scelte scellerate. Basti pensare che nella sua lista “La Puglia prima di tutto”, alle Comunali 2009, spiccavano le candidate Patrizia D’Addario e Barbara Montereale: due delle escort della scuderia Tarantini più amate da B. Poi naturalmente, appena B. declinò, don Raffaele lo tradì per vagolare fra centri e centrini finché fu raccattato dalla Meloni.
Certo, obietterà un 5Stelle, c’è Antonella Laricchia, consigliera regionale giovane, capace e pugnace, anche se lievemente intollerante alle critiche: è brava, è onesta e senza di lei molti pugliesi schifati da Fitto e delusi da Emiliano non andrebbero alle urne. Tutto vero. Ma, per quanti voti prenda (pare tanti), Laricchia è a distanze siderali sia da Fitto sia da Emiliano (contro cui già perse nel 2015). Cioè dagli unici vincitori possibili.
Anche in Puglia, non essendo venute meno le ragioni per contrastare molte politiche di Emiliano, i 5Stelle potranno seguitare a fargli opposizione, pur se convergeranno su qualche punto. E la forza della Laricchia aumenterà i loro consiglieri. Ma assistere impassibili, anzi ignavi allo scontro fra Emiliano e Fitto come se l’esito non riguardasse tutti i pugliesi sarebbe da irresponsabili. Molti lo sanno, come lo sapevano i molti grillini dell’Emilia-Romagna che alla fine optarono per il voto disgiunto contro la Borgonzoni (cioè Salvini): lista 5Stelle, presidente Bonaccini (molto più indigesto di Emiliano). Anche allora, come ora in Puglia e Toscana, pesò il fattore nazionale: cioè quel malcostume tutto italiano che legge nelle elezioni regionali, comunali e financo nei referendum un giudizio di Dio pro o contro il governo.
Non ci sono solo Salvini, la Meloni e il redivivo B. che attendono lunedì sera con la bava alla bocca per dare il benservito a Conte, cioè al primo e forse ultimo premier scelto dai 5Stelle: ci sono pure l’Innominabile e le sue quinte colonne rimaste nel Pd e tutti i poteri economico-finanziari con i loro giornaloni, che non vedono l’ora di cacciare i 5Stelle dal governo e spodestare Zingaretti che difende l’alleanza con loro, per mettere le zampe sui miliardi del Recovery Fund e del Mes e tornare agli inciuci e alle razzie del passato. Pronti addirittura a voltare gabbana dal Sì al No sul taglio dei parlamentari pur di abbattere Conte.
Quindi, per farla breve e parafrasare Montanelli: turatevi il naso e votate disgiunto.