Vista l’altissima densità di cazzate registrate nel dibattito post voto, abbiamo dovuto fare per questa rubrica scelte dolorose. Avremmo voluto parlarvi del fatto che il 30 per cento di No testimonia la rassicurante presenza di “anticorpi alla demagogia populista” nella nostra democrazia, o dell’ineluttabilità della scelta di prendere il Mes dopo la non sconfitta del Pd; poi, pensandoci bene, la teoria del “Parlamento delegittimato”, evocata sia da Giorgia Meloni che da Matteo Salvini, ha stravinto la gara delle idiozie.
Dice Meloni che “ora è necessario dare all’Italia le ulteriori coraggiose riforme costituzionali di cui ha bisogno, e solo un Parlamento pienamente legittimato dal voto popolare può farlo. Non certo un Parlamento delegittimato dagli italiani nella sua composizione e anche nella sua numerosità. Per questo diventa necessario ridare al più presto la voce agli italiani affinché ogni forza politica possa presentare le proprie proposte di riforma. Fratelli d’Italia porrà come prioritario il passaggio a una Repubblica presidenziale e a un sistema che garantisca la stabilità di governo”.
Ognuno ha le sue priorità, d’accordo, ma giova qui ricordare che per fortuna gli italiani nel 2006 hanno bocciato, sempre con un referendum dall’inequivocabile risultato, l’ipotesi di trasformare la nostra Repubblica parlamentare in una presidenziale. Salvini lunedì ha finalmente chiarito la sua posizione con ardite acrobazie logiche: “Il voto degli italiani ha fatto giustizia di tante ricostruzioni e dietrologie. Ho sempre sostenuto il Sì, ho votato convintamente Sì, con piena legittimità di chi sostenesse il No. Il referendum è il trionfo della democrazia, se è finito 70 a 30 vuol dire che abbiamo fatto bene a votare il taglio dei parlamentari”.
E comunque: “Sicuramente la riflessione che alcuni costituzionalisti in queste ore stanno facendo su quanto questo Parlamento rappresenti il voto degli italiani è legittima”. Noi questi costituzionalisti che sostengono l’illegittimità del Parlamento non li abbiamo trovati. E per fortuna, visto e considerato che è stato proprio il Parlamento a votare praticamente all’unanimità la riforma sottoposta a referendum e quindi non si capisce proprio come le Camere possano dirsi “sconfessate” dall’esito referendario.
L’argomento “Parlamento delegittimato” però acquista sfumature più ridicole se torniamo indietro di una legislatura. Correva l’anno 2014 e la Consulta, all’alba di gennaio, formulava una sentenza che Meloni e Salvini devono aver dimenticato: riguardava la legge elettorale già ribattezzata porcata dal leghista Calderoli che ne era il “titolare”, voluta nel 2005 dal centrodestra e poi mantenuta per comodità (o governabilità) dal centrosinistra. La Corte statuiva che, nonostante il Parlamento fosse stato eletto con una legge incostituzionale in più punti, vigeva il principio di continuità dello Stato. Per un breve periodo.
Cioè le Camere potevano continuare a lavorare fino a nuove elezioni, i precedenti atti erano validi, ma tutti i riferimenti che i giudici facevano indicavano un tempo limitato, dopo il quale sarebbe stato necessario sanare quel gravissimo vulnus di legittimità. Cosa accadde? Il governo (prima Letta, poi Renzi) e il Parlamento continuarono a lavorare come se nulla fosse accaduto. E anzi: cominciarono con l’arrivo di Renzi a Palazzo Chigi le grandi manovre per scassinare la Costituzione, per mano di un Parlamento gravato da quel peso.
La storia non è finita qui: siccome al peggio non c’è limite, quel Parlamento approvò un’altra legge elettorale, l’Italicum, dichiarata incostituzionale dalla Consulta nel gennaio 2017, prima che potesse essere usata. In tema di illegittimità, i Parlamenti figli del Porcellum sono imbattibili: Salvini e Meloni possono stare tranquilli, è un primato difficilissimo da eguagliare.