In principio fu “Mondo di mezzo”, poi “Mafia capitale” e infine di nuovo “Mondo di mezzo”. Sono passati quasi sei anni dal dicembre del 2014 quando ci fu la prima ondata di arresti di quell’indagine della Procura di Roma che aveva l’obiettivo di dimostrare l’esistenza di una mafia “originaria e originale” nella capitale. L’accusa di 416 bis però non ha retto, con alcuni dei protagonisti che, dopo anni di carcerazione preventiva, sono tornati liberi, chi alla vita di sempre, chi reinventandosi. Come Salvatore Buzzi, che si è scoperto scrittore e solo il 13 settembre scorso ha presentato il suo libro, Se questa è mafia, all’Arena Farnesina di Roma.
Vuoi per scadenza termini, vuoi per la decisione della Consulta che ha definito illegittima l’applicazione della legge Spazzacorrotti in modo retroattivo, in cella non è rimasto più nessuno.
E poi ci sono le assoluzioni, che riguardano anche quei filoni scaturiti dalla maxi-indagine. È di due giorni fa la notizia dell’assoluzione in Cassazione di Maurizio Venafro, ex capo di gabinetto nella precedente legislatura di Nicola Zingaretti alla Regione Lazio, accusato inizialmente di turbativa d’asta. Dopo un’assoluzione in primo grado e poi una condanna con pena sospesa in appello a un anno, per Venafro è arrivato l’annullamento senza rinvio della Cassazione “per non aver commesso il fatto”.
“È stato ingiustamente perseguito”, ha detto il suo legale, l’avvocato Maurizio Frasacco, mentre Zingaretti esulta: “Non ho mai avuto dubbi sulla sua correttezza e onestà. La notizia della fine di questo processo è quindi una grandissima gioia”. Ma se per Venafro – mai coinvolto nell’ipotesi d’accusa di associazione a delinquere – la vicenda processuale può dirsi conclusa, vediamo che fine hanno fatto i protagonisti del troncone principale dell’inchiesta romana.
Intanto l’iter processuale. Dopo le retate tra il 2014 e il 2015, nel luglio 2017, è la X sezione del Tribunale di Roma a smontare una prima volta l’impostazione della Procura: i giudici stabiliscono che non vi è alcuna mafia a Roma, bensì due associazioni a delinquere semplici: una costituita dall’ex Nar Massimo Carminati, dedita all’usura e all’estorsione, e quella di Buzzi, operante invece negli appalti pubblici, in cui partecipavano anche alcuni politici. Le pene inflitte in primo grado sono pesanti: 20 anni a Carminati, 19 a Buzzi.
Nel settembre 2018, questa sentenza viene ribaltata in Appello, dove i giudici riconoscono l’accusa di 416-bis: si torna dunque a parlare di associazione mafiosa. Le pene inflitte però sono minori: 14 anni e mezzo per Carminati, 18 anni e 4 mesi per Buzzi. Alla fine l’accusa di mafia cade definitivamente in Cassazione e resta quella di associazione a delinquere semplice: i giudici assolvono anche per alcuni reati i protagonisti e riqualificano per altri, per poi chiedere alla Corte d’appello di determinare le pene per 20 imputati.
L’udienza è fissata per il 3 novembre. Intanto da giugno scorso Massimo Carminati e Salvatore Buzzi sono tornati in libertà per scadenza termini. Hanno già scontato cinque anni di carcerazione preventiva. E da tempo è tornato libero anche l’ex consigliere regionale Pdl, Luca Gramazio, condannato in appello a 8 anni e 8 mesi, pena che anche per lui dovrà essere riqualificata.
Mesi addietro hanno lasciato il carcere pure alcuni dei politici coinvolti inizialmente nell’inchiesta. In questo caso non c’entra la scadenza dei termini. Dopo la sentenza definitiva, erano finiti in carcere per effetto della nuova Spazzacorrotti. Nel febbraio scorso però la decisione della Consulta ha avuto conseguenze immediate su coloro che, condannati in via definitiva per reati contro la Pubblica amministrazione e con un residuo di pena da scontare inferiore a quattro anni, erano finiti in cella perché quella stessa legge è stata applicata in modo retroattivo.
E così sono tornati liberi, tra gli altri, l’ex presidente Pd dell’assemblea capitolina Mirko Coratti come pure l’ex consigliere comunale del Pdl Giordano Tredicine. Non erano accusati di mafia, ma di corruzione. Per loro quindi la vicenda processuale è volta al termine.
Per Buzzi e Carminati invece non è ancora finita: dal riconteggio delle pene in Corte di appello, solo se saranno superiori agli anni trascorsi in carcerazione preventiva, si saprà se e chi tornerà in carcere o ai domiciliari. Il “Mondo di mezzo”, ma non la mafia, non può essere ancora archiviato.