Il governo prova a uscire dallo Stallo su Autostrade optando per la linea dura. Ieri sera a Palazzo Chigi Giuseppe Conte ha riunito in un incontro tenuto riservato i ministri del Tesoro e delle Infrastrutture, Roberto Gualtieri e Paola De Micheli insieme ai capi di gabinetto. Si vedrà se stavolta si farà sul serio, ma – a quanto risulta al Fatto – premier e ministri hanno concordato di procedere alla revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia, ormai considerata l’unica opzione rimasta.
La decisione dovrà essere ratificata a breve in Consiglio dei ministri. La riunione è arrivata in serata, dopo che venerdì sera è definitivamente tramontata la trattativa tra Atlantia e la Cassa depositi e prestiti avviata dopo l’accordo “politico” del 14 luglio sull’uscita di scena dei Benetton e il ritorno delle corsie di Aspi (oltre metà del totale) in mano pubblica. Ieri il governo ha inviato una lettera alla holding spiegando che la scelta di procedere da sola alla vendita della controllata viola l’intesa di luglio. Per questo ha dato tempo fino a mercoledì per rispondere, dopodiché procederà alla revoca.
La riunione è servita per fare un punto tecnico. Gli uomini che seguono il dossier non escludono che oggi, a mercati chiusi, possa arrivare una qualche presa di posizione formale da parte del governo. “La misura è colma”, è lo sfogo che filtra a Palazzo Chigi. Il dietrofront di Atlantia, che ha cambiato le carte in tavola procedendo da sola alla vendita di Aspi dopo lo scontro con Cdp – che chiedeva una manleva legale per gli effetti finanziari dei contenziosi che potrebbero nascere dal Morandi – ha avuto l’effetto di compattare la maggioranza. Fino al 14 luglio buona parte del Pd non era favorevole alla revoca.
Il governo insomma ha deciso di accelerare riaprendo la procedura di revoca, che – per la verità – stando ai comunicati ufficiali non è mai stata chiusa. I Benetton hanno dato prova di non ritenerla possibile. Gli ostacoli, d’altra parte, non sono affatto di poco conto. Non c’è solo il rischio di un contenzioso legale dovuto ai maxi indennizzi previsti dalla concessione, che il governo ha cercato di disinnescare con il decreto Milleproroghe di fine 2019. La maggiore preoccupazione è per gli effetti finanziari: Autostrade è gravata da 10 miliardi di debiti (tra i creditori si contano la stessa Cdp e la Banca europea degli investimenti) e Atlantia rischia il collasso finanziario senza la sua controllata più importante. Vale poi la pena ricordare che la concessione di Aspi fu approvata per legge nel 2008 dal governo Berlusconi. Un’anomalia che ha dato una cornice pubblica a un contratto privato. Se il governo cancellasse la norma, il contenzioso finirebbe anche alla Consulta. Di sicuro, finirà alla Commissione europea.