“Nigru, zingaro e lobby frocia”, le parole che mancano a Spirlì
Sognate con questo video! Lui è Nino Spirlì. Vicepresidente e assessore leghista alla Cultura della Regione Calabria. Giornalista (ha un blog su ilgiornale.it) e scrittore, è tra i fondatori del think tank sovranista Cultura Identità.
È stato autore di punta di Forum su Rete 4. Ha scritto Diario di una vecchia checca per Minerva edizioni. Inquieto, eccentrico, cuoco, ex direttore responsabile della tv calabrese Sud. Devoto alla Madonna, ogni anno va a Lourdes in pellegrinaggio con la madre.
In passato responsabile del dipartimento Cultura di Forza Italia (2014), stesso incarico ricoperto anche in Fratelli d’Italia (prima della rottura nel nel 2017). Amico di vecchia data della Santelli, cucinava per lei a Roma quando Jole era parlamentare.
Poi la folgorazione per Salvini. A un dibattito della Lega svoltosi a Catania, Spirlì ha detto quanto segue:
“Ci stanno cancellando le parole di bocca, come se dire ‘zingaro’ sia già un giudizio negativo. Con ‘negro’ è la stessa cosa, perché in calabrese dico ‘nigru’ per dire negro, non c’è altro modo”.
Poi “l’intellettuale” si è scagliato contro “la lobby frocia, che ti impedisce di chiamare le cose col loro vero nome”.
Guardate questo video. E poi vomitate in serenità. Abbiamo una destra fantastica!
Covid, prepariamoci da bravi all’autunno
Martedì ero a
Cartabianca su RaiTre, praticamente come ogni settimana o quasi.
Ho ascoltato con attenzione le parole del Ministro Speranza prima e dell’infettivologo Galli poi. Le loro dichiarazioni, per molti aspetti, sembravano quelle di marzo. Siamo messi molto meglio di tutta Europa (Germania a parte), e questo sta accadendo per la bravura della maggioranza degli italiani e per l’acume di chi ci ha governato nei mesi drammatici del lockdown. La situazione, però, e preoccupante. Aumentano i contagi, aumentano i ricoverati in terapia intensiva. E non possiamo permetterci un altro lockdown. Alcuni governatori, come De Luca, parlano già di una seconda ondata pienamente in atto.
Voglio farvi paura? No. Voglio solo dirvi che, per almeno tutto autunno e inverno, dovremo essere molto bravi e pazienti. Chi straparlava di discoteche aperte e stadi pieni è un pazzo. I negazionisti andrebbero messi in galera. I “nemici della mascherina” andrebbero consegnati ai manicomi.
La proroga dello stato di emergenza è inevitabile. E probabilmente il 31 gennaio 2021 non basterà. Occorrerà essere forti. Molto.
Dramma, mistero e vergogna dietro al caso Vannini
Chiunque abbia seguito anche solo minimamente questa tragica vicenda, sa quanto sia pieno di dramma, mistero e vergogna.
Ho conosciuto i genitori di Marco Vannini, Marina e Valerio: sono persone straordinarie. La sentenza emessa oggi ha detto questo: Antonio Ciontoli è stato appena condannato in appello a 14 anni per omicidio volontario con dolo. Sua moglie Maria Pezzillo ed i suoi figli Martina e Federico sono stati condannati a 9 anni.
“Un secondo dopo lo sparo è scattata la condotta illecita – ha dichiarato in aula il procuratore generale Vincenzo Saveriano nel corso delle repliche – Tutti i soggetti sono rimasti inerti, non hanno alzato un dito per aiutare Marco. Un pieno concorso, una piena consapevolezza di quello che voleva fare Antonio Ciontoli e cioè di non fare sapere nulla dello sparo. Tra la vita di Marco e il posto di lavoro del capofamiglia, hanno scelto la seconda cosa”.
La madre Marina, dopo la sentenza, è scoppiata in lacrime: “Se fosse stato soccorso subito, Marco sarebbe qui. La giustizia esiste e per questo non dovete mai mollare”.
Se dicessi tutto quello che penso della vicenda, nonché dei condannati, qualche fenomeno pseudo-garantista mi darebbe del “forcaiolo”. Quindi evito. Mi limito a dire che questa morte è inaccettabile, tremenda e insostenibile. Che chi ha difeso (sui media, sui social, anche solo al bar) i Ciontoli dovrebbe vergognarsi. E che queste condanna, per i miei gusti, è persino lieve.
Il mio abbraccio a Marina e Valerio Vannini. Sono persone straordinarie.
I (bravi) sindaci di Arezzo e la visita di Giani
Ieri
Eugenio Giani, neo-presidente della Toscana, era ad Arezzo. Non lo avevo mai visto, non ci eravamo mai scritti (né sentiti) prima del voto. Amici comuni mi hanno chiesto se volessi conoscerlo. A Giani avrebbe fatto piacere. Ho accettato.
Giani era ad Arezzo per appoggiare Luciano Ralli, candidato sindaco di centrosinistra nella mia città. Domenica ci sarà il ballottaggio. Conosco da anni Luciano. È stato il medico che ha seguito negli ultimi anni di vita mio nonno, e ne ricordo il garbo dimostrato in quei giorni (parecchio) difficili. Per me queste cose contano molto. Ralli è persona garbata e onesta. Sarebbe un ottimo sindaco.
Non parlo mai della politica della mia città. Arezzo è il mio “nido” e ho già abbastanza stress. Non sentirete mai da me mezza parola negativa sul sindaco in carica Ghinelli (centrodestra). Mai. Siamo politicamente agli antipodi e qualche suo alleato mi darebbe fuoco (è reciproco, fenomeni!), ma Alessandro è sempre stato con me correttissimo. Molto più dei renziani. È stato Ghinelli a conferirmi il Premio Civitas Aretii (di fatto le chiavi della città), è stato Ghinelli a credere nei Gaber Day e Pink Floyd Day da me ideati, è stato Ghinelli a creare Piazza Gaber su mia indicazione, è stato Ghinelli a scegliermi come uno dei testimonial di Arezzo Capitale della Cultura 2021. Per me il rapporto umano vale tutto e certe cose non le dimentico.
È ovvio che domenica, al ballottaggio, voterò Luciano Ralli, perché ero e resto un uomo di sinistra. E perché Ralli si è opposto da sempre al renzismo (pagandone le conseguenze). Credo che alla mia città farebbe bene un cambio di rotta, ma so già che lunedì pomeriggio Arezzo avrà in ogni caso un ottimo sindaco. E questo mi rincuora, perché Arezzo merita ogni fortuna. È un capolavoro totale, che talora dimentica di esserlo.
Torno ora a Giani. Abbiamo parlato alcuni minuti e mi ha fatto una bella impressione. Avrei potuto tenere “segreto” l’incontro, ma con voi mi piace essere franco. E poi non c’è nulla da nascondere! Tra Ceccardi (e chi la appoggia) e Giani (e chi lo appoggia) c’era (c’è) un mondo. La sua vittoria, per noi toscani, è una buona notizia e uno scampato pericolo.
Giani mi ha ringraziato per l’onestà intellettuale e per avere “innegabilmente aiutato, con i miei scritti e i miei interventi, la mia elezione”. Forse mi sopravvaluta e forse no. Quel che conta è un altro aspetto: Giani deve ora ripagare la fiducia di chi lo ha votato. Ora con convinzione e ora meno. Lui, questo, lo sa bene. Se deluderà, sarò (saremo) i primi a farlo notare. Al tempo stesso, se attraverso i miei spettacoli e la mia attività potrò contribuire al rilancio culturale della mia splendida regione, come ho fatto in questi anni ad Arezzo e come spero di continuare a fare nei prossimi anni, ne sarò lieto. Come “artista”, va da sé, e senza alcun ruolo politico. Quelli non mi interessano, né mai mi interesseranno.
Buon lavoro a Giani, buon voto agli aretini.
Lega, l’Italia che non si indigna
Ieri sera Presadiretta manda in onda un’inchiesta devastante sulla Lega e sulla famosa storia dei 49 milioni. Ne esce un quadro inquietante e tremendo. Roba da dimissioni, da scendere in piazza, da rivolta generale.
E che succede in Italia? Niente. Assolutamente niente.
Siamo un paese meraviglioso.
(Guardate e condividete!)
Italia Viva, anzi Morta, e l’insostenibile irrilevanza di Renzi
Politicamente postumo in vita dal 4 dicembre 2016, Matteo Renzi ha avuto finalmente il coraggio di pesarsi (elettoralmente) alle ultime Regionali. Il risultato è stato un disastro pressoché totale. Quando Scalfarotto annunciò di scendere in campo per Italia Viva contro Emiliano, mi capitò di scrivere che questo satanasso iper-renziano, noto a nessuno e ricordabile per niente, non avrebbe visto il 3% neanche col binocolo. Tal Scalfarotto se la prese moltissimo. E aveva ragione, perché in effetti col binocolo non ha visto neanche il 2%.
Il nuovo Churchill ha raggiunto infatti l’1.8% dei consensi, che scende all’1.1% se si tolgono gli alleati
Calenda e Bonino. Scalfarotto aveva chiesto al ministro
Bellanova di tirargli la volata, e lei lo ha fatto alla grande, esortando gli elettori (in un lapsus meravigliosamente freudiano) “a votare Emiliano e Italia Viva”. Di fatto Scalfarotto non si è votato neanche da solo. Un’altra genialata di Renzi, che avrebbe pagato oro pur di disarcionare l’odiatissimo
Emiliano. Ospite di
Myrta Merlino, Renzi aveva pure affermato: “Se il centrosinistra avesse candidato la Bellanova, avrebbe vinto a mani basse”. Non ne becca una neanche per sbaglio!
Eppure Renzi, dopo le Regionali, ha esultato. Ha parlato di “risultato straordinario”. Ha detto di essere stato decisivo. E ha sostenuto di aver salvato Conte per la seconda volta. La Diversamente Lince di Rignano è arrivata a dare i numeri, asserendo di avere raggiunto su scala nazionale la media del 5.1%. Ciò è del tutto falso: la media raggiunta da Italia Viva (anzi Morta) è del 3.2%, che sfiora il 4% se si aggiunge alla media il caso (a sé) della Valle d’Aosta.
Nella sua (e per fortuna non solo sua) Toscana, dove credeva di avere almeno il 10, Italia Viva non è andata oltre un tristissimo 4,5%, che le è valsa la miseria di due soli consiglieri regionali. Piccato da tale realtà dei fatti, Renzi ha dato la colpa a Giani (che ha scelto lui) perché reo di avergli tolto voti con una lista tutta sua. Secondo il Matteo debole, dovrebbero stare tutti a casa per farlo vincere in santa pace. Altrimenti porta via il pallone. Gne gne.
Nelle Marche ha superato a fatica il 3%, in Veneto si è fermato a uno straziante 0.6%.
Come fa allora a cantare vittoria? Un po’ nega l’evidenza e un po’ esaspera i risultati in Valle d’Aosta e Campania. Nel primo caso il quasi 9% è però figlio dell’alleanza con gli autonomisti valdostani, senza i quali difficilmente avrebbe superato il 3 (ma pure il 2%). E in Campania quel 6/7% è certo un buon risultato, frutto però della scelta di imbarcare buona parte dei capibastone fino a ieri in Forza Italia. Compresi uomini cari a “Giggino ‘a Purpetta” Cesaro. Tutto giuridicamente lecito, sia chiaro, ma la “nuova politica” dovrebbe essere altro. Siam sempre lì: Renzi non è che la brutta copia di Berlusconi.
Resta da menzionare la Liguria, dove Renzi ha mandato sms di fuoco fino a poche ore prima del voto. Contro Toti? No, contro il Fatto Quotidiano, Pd e M5S. Daje Matte’! Leggendari anche qui i risultati: 2.5%. Pianto perdurante e totale.
Fino al meraviglioso 4 dicembre 2016, Renzi era solo un politico dannoso e sopravvaluto. Dopo quel giorno, Renzi è diventato null’altro che un Tabacci minore. Molto meno dotato e assai meno simpatico. E adesso? Proseguirà a suicidarsi politicamente: è la cosa (l’unica?) in cui più eccelle. Continuerà ad abbaiare alla Luna. A creare “fibrillazioni”. E a dire di averlo più lungo di tutti, anche se dallo spogliatoio son già usciti tutti da un pezzo. A partire dagli elettori. Gli sia lieve l’irrilevanza.
Grazie Parma! (E grazie Roma!)
Che bello, ieri, l’incontro al Cubo di Parma con
Luca Sommi. I
posti sono andati subito
esauriti tutti. Molte persone, purtroppo, non hanno potuto assistere. C’era però la proiezione video per chi è rimasto fuori, e posso garantirvi che – causa Covid – non era davvero possibile fare entrare più persone nella splendida terrazza che ha fatto da proscenio alla nostra serata.
Il prossimo appuntamento sarà all’Auditorium di Roma per la presentazione/monologo de I Cazzari del virus. Ore 14.30, festival “Insieme”, Sala Petrassi. L’evento è andato esaurito in due giorni. E la Sala è bella grande! Che dire? Grazie, ora e sempre.
De Benedetti, l’uomo che sogna “l’estinzione dei grillini”
L’Ingegner De Benedetti, autoproclamatosi intoccabile e arditamente riverito da larga parte dei media, sebbene come analista politico valga meno di un Cerasa a metà, ha detto (per la milionesima volta) che non vede l’ora che i grillini si estinguano. Una bella frase democratica, che ricorda quel tale,
Costantino della Gherardesca, che scrisse di esser disposto a “ingrassare un chilo per ogni parlamentare grillino morto” (e ancora, uno così, lo fanno lavorare alla Rai).
Per carità, ognuno sogna l’estinzione di chi vuole. Io la sogno delle zanzare, della musica da schifo e dei razzisti fascisti. De Benedetti, anzi pardon “l’Ingegnere”, ha altri gusti.
Tenuto però conto che De Benedetti, anzi pardon “l’Ingegnere”, è quello che fece credere alla sinistra che Renzi fosse Churchill (e molta sinistra gli credette!!); è quello che ha infierito verbalmente su Berlusconi quando era malato; è quello che disse al broker Bolengo (sic) di investire 5 milioni in azioni di sei Popolari, operazione che fece guadagnare alla Romed di De Benedetti circa 600mila euro in seguito al varo della riforma approvata il 20 gennaio 2015 dal governo Renzi (ma va’?), che imponeva alle Popolari più grandi di diventare spa e abbandonare il voto capitario; ed è sempre quello che, tra Berlusconi e Conte, sceglierebbe Berlusconi:
Ecco, tenuto di tutto questo, direi che la sinistra italiana – giornalisti, politici, artisti, intellettuali – dovrebbe forse avere altri punti di riferimento. Altri totem, altri miti. E guardare a De Benedetti, anzi pardon “l’Ingegnere”, come a un trombone un po’ borbottone da ascoltare con attenzione. Sì. Ma solo per fare poi l’esatto contrario.
Vassalli, il sacrificio di un uomo e le parole si instagram
Aurelio Vassalli si butta in mare per salvare dei ragazzi. È un eroe, ogni giorno rischia la vita. Il mare è un inferno. I soccorsi sono disastrosi, troppe cose non funzionano.
Uno dei ragazzi, travolto da un’onda mentre faceva lo scemo con altri amici, lo ringrazia con queste parole su Instagram. E un altro amico gli dà manforte, prima di cancellare (troppo tardi) tali parole infami.
E voi, ancora, mi parlate di umanità? Di pietà? Di covid che ci avrebbe reso migliori?
Siamo pieni di persone meravigliose. Come lo era Aurelio. Uno dei troppi santi laici di questo paese. Ma tale straordinaria meraviglia è irrimediabilmente destinata a soccombere, perché “in realtà non c’è alcun lato oscuro della Luna. Tutta la Luna è oscura”.
L’umanità è morta. E queste parole infami lo ribadiscono. Che pena, che tristezza
Mussolini, ma quali “cose buone!”
“Sta storia che Mussolini ha fatto anche cose buone non si può più sentire.
Ma cazzo, è stato il governo più lungo della storia d’Italia: 20 anni, 8 mesi e 20 giorni.
Un capo di stato prende almeno 35 decisioni al giorno, quindi Mussolini ha preso 255.000 decisioni. Anche volendo, come cazzo fai a sbagliarle tutte?
Ovvio che, su 255.00, ce ne saranno di buone.
Che vuol dire?
Sei in grado di tirare un bilancio globale su uno che ha portato l’Italia in una guerra rovinosa e perdente al fianco del Male Assoluto, mandato ebrei nelle camere a gas e preso a manganellate chi lo criticava in osteria dopo aver bevuto un bicchiere di troppo?
Ma di che stiamo parlando?”.
Così un impeccabile Fabio Bonifacci.
Davvero, ragazzi: quando sentite uno dire che “Mussolini ha fatto anche cose buone”, consigliategli di studiare un libro di storia. Di andare a zappare le prode con la fronte. E di farsi curare.
Trump l’evasore: americani, ricordate quando votate
Il fatto stesso che un simile gaglioffo sia divenuto Presidente degli Stati Uniti, fa capire come la specie umana sia sopravvalutata, stolta e irredimibile. Ma c’è di più. Il
New York Times ha appena scoperto che nel 2016, anno in cui vinse le elezioni, Trump pagò 750 dollari di tasse federali. Stessa cifra per il 2017. Non solo: per dieci dei quindici anni precedenti, Trump non avrebbe pagato un dollaro.
Mancano cinque settimane al voto e Trump, sicuro di vincere prima del Covid, sta gestendo così male la pandemia (il suo agire piace solo a Briatore) da essere sotto nei sondaggi. Negli Stati Uniti l’evasione fiscale è giustamente ritenuta un reato gravissimo. Non come da noi, dove chi evade è “figo” (?). Ecco: la speranza è che, una volta tanto, gli americani si ricordino di tutto questo quando andranno a votare. Non che prima Trump fosse votabile e adesso sì, ma poiché gli americani su certe cose ci arrivano sempre un po’ dopo, speriamo che adesso abbiano capito che razza di uomo sia.
Trump presidente degli Stati Uniti è davvero la sconfitta del genere umano.
Tennis, un Peccatore così non si vedeva da 40 anni
La macellazione dispensata stamani da
Peccatore a Goffin, 11 del seeding e aduso a stazionare in top ten, ha nuovamente dimostrato le enormi potenzialità di Sinner.
Peccatore ripete nelle interviste di voler “vincere degli Slam” e “diventare uno al mondo”. Non esagera. È un mostro, è un fenomeno. Uno così, l’Italia del tennis maschile, non lo vedeva da 40 anni. E forse neanche l’ha mai visto. Poi tutto può accadere, ma il ragazzo ha talento, ha grinta, ha testa, ha fame.
Peccatore concepisce solo la vittoria. E ha ancora enormi margini di miglioramento (servizio, gioco di volo, fisico).
Agli Us Open poteva arrivare alla seconda settimana, ma dopo due set mostruosi con Khachanov si è rotto. A Roma ha buttato via il match con Dimitrov, altrimenti poteva andare in finale contro Djoko. Oggi, al primo turno del Rolando, ha demolito, divelto, disintegrato Goffin. 7/5 6/0 6/3, con un parziale di 11 giochi a 0.
Una carneficina in piena regola. Mattanza, viscere, grand guignol. Sangue ovunque. Una meraviglia. Oltretutto Goffin, la cui principale caratteristica tecnica è quella di essere uguale a Tommaso Labate, è noioso come un programma di Porro.
Non mettetegli fretta, ha appena 19 anni, ma Peccatore è oro puro. Egli non gioca, bensì redime.
Ah: ieri Musagete Musetti, di un anno più giovane, ha vinto il challenger di Forlì balzando al 138 al mondo. Nell’ultimo mese è cresciuto tantissimo. Ha un gioco sublime (bellezza pura) e se si incattivisce un po’, può fare cose enormi. Berrettini è top ten con qual certa sicumera. E Fognini ha ancora colpi in canna. Per non parlare dei tanti tennisti italici da 30/100 (i Sonego, i Mager, i Caruso, i Travaglia, gli Zeppieri, si spera i Cecchinato) e i non pochi giovanissimi di ottima prospettiva (Gigante, Nardi) che i malati di tennis come me conoscono e seguono già.
Nei prossimi anni, con un pizzico di fortuna, ci potremmo divertire parecchio. Ma parecchio.
Il vanto di Salvini, sul palco con la febbre
Guardate questo video. Salvini va a Formello e dichiara testualmente: “Innanzitutto grazie agli organizzatori che vale doppio perché io non ne posso più della vita a distanza, della politica a distanza, della scuola a distanza, dell’amore a distanza. Scusate il ritardo, perché io odio arrivare in ritardo. Ma oggi è una giornata non partita benissimo. Sono stato due ore attaccato al cortisone e quando mi sono alzato il medico mi ha detto: ‘Ovviamente lei adesso va a casa’. Io gli ho detto: “Sì, stia tranquillo. Passo prima ad Anguillara Sabazia. Poi da Formello e finisco a Terracina ma a sera arrivo a casa. Ci tenevo troppo a essere qua, un po’ dolorante, un po’ febbricitante, però è bello esserci…”.
Il video è chiaro. Poi, dopo le polemiche, come sempre ringamba e nega l’evidenza. Su Facebook ha il coraggio di dare la colpa ai “giornalisti” e scrive: “Mai avuta la febbre, fatto test sul Covid ieri mattina, negativo. Ho il torcicollo come milioni di italiani e ho preso il cortisone, alcuni ‘giornalisti’ evitassero almeno di speculare e mentire sulla salute del prossimo”.
E i soliti pecoroni gli credono pure!
Ripeto: guardate il video. Le sue parole sono chiare. Salvini, a Formello, si vanta di essere lì nonostante i dolori e la febbre. E nonostante il parere contrario del medico. Un atteggiamento scellerato in tempo di covid (ancor più se fai i selfie senza mascherina).
Se non ha mai avuto la febbre, perché ha detto di essere “febbricitante”? E se ha fatto il test anti covid, può mostrarcelo?
Siamo davvero messi male.
Il fascismo e gli italiani (Ennio Flaiano)
“Il fascismo conviene agli italiani perché è nella loro natura e racchiude le loro aspirazioni, esalta i loro odi, rassicura la loro inferiorità. Il Fascismo è demagogico ma padronale, retorico, xenofobo, odiatore di culture, spregiatore della libertà e della giustizia, oppressore dei deboli, servo dei forti, sempre pronto a indicare negli ‘altri’ le cause della sua impotenza o sconfitta. Il fascismo è lirico, gerontofobo, teppista se occorre, stupido sempre, ma alacre, plagiatore, manierista. Non ama la natura, perché identifica la natura nella vita di campagna, cioè nella vita dei servi; ma è cafone, cioè ha le spocchie del servo arricchito. Odia gli animali, non ha senso dell’arte, non ama la solitudine, né rispetta il vicino, il quale d’altronde non rispetta lui. Non ama l’amore, ma il possesso. Non ha senso religioso, ma vede nella religione il baluardo per impedire agli altri l’ascesa al potere. Intimamente crede in Dio, ma come ente col quale ha stabilito un concordato, do ut des. È superstizioso, vuole essere libero di fare quel che gli pare, specialmente se a danno o a fastidio degli altri. Il fascista è disposto a tutto purché gli si conceda che lui è il padrone, il padre”