L’ultimo scambio WhatsApp è di venerdì scorso: “Come stai, Carla?”. Risposta: “Così così”. Non avrebbe mai scritto cose tipo “Sto male, sono disperata”.
Due giorni dopo, domenica pomeriggio, Maria Grazia ha intuito che sua sorella era immersa ormai in un sonno troppo profondo. Alle 2.30 di notte la telefonata dall’ospedale: Carla Nespolo, 77 anni, presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, ci aveva lasciati.
Sapeva di essere agli ultimi istanti, Carla, dopo tanta chemio retta con vitalità straordinaria, una tempra che ci illudeva sempre fosse prossima a venirne fuori, la sequenza micidiale delle ricadute, sempre aggrappata però al suo impegno militante. La missione della sua vita di donna di sinistra e di antifascista. È rimasta attiva nell’esercizio della sua missione di presidente anche nei momenti di sofferenza più acuta. Se non riusciva a parlare, scriveva. Pretendeva di essere informata. Dava indicazioni. I compagni della segreteria nazionale dovevano restare in costante collegamento col suo letto d’ospedale. Non smetteva di dettare ad Andrea Liparoto, il responsabile dell’ufficio stampa, i suoi comunicati.
Una settimana prima di morire, il 25 settembre: “Che ne dici delle dichiarazioni di Grillo? Non pensi che dovresti rispondergli?”. Seguiva articolata discussione nel merito. Quando andavamo a raccogliere la testimonianza inedita di una partigiana o di un partigiano per il Memoriale della Resistenza in via di allestimento, puntuale voleva sapere com’era andata. Il 2 settembre chiese di mandarle il filmato del nostro incontro col carabiniere Aldo Costantini che nel 1943 si era rifiutato di sparare sui partigiani ed era evaso dal carcere militare per poi arruolarsi nella XVI Brigata Garibaldi.
Oggi dobbiamo riconoscere che senza quella sua straordinaria energia, intessuta di combattività, visione ambiziosa, sapienza tattica, oltre che da una buona dose di autoironia, difficilmente avrebbe camminato – proprio negli anni della sua malattia – il progetto di “Noi, Partigiani”: nonostante l’interruzione provocata dal Covid, in questi giorni stiamo superando la soglia di 450 interviste a donne e uomini che da giovanissimi misero a repentaglio le loro vite per conquistare democrazia e libertà.
Parlamentare di lungo corso, Carla Nespolo aveva imparato a muoversi nei palazzi romani senza mai rinunciare alla sobrietà dei suoi costumi di dirigente popolare piemontese; certo, rispettosa delle istituzioni, gelosa custode dei principi costituzionali, ma perché vi riconosceva gli strumenti con cui lottare contro le discriminazioni e le ingiustizie sociali.
Chi denigra l’Anpi descrivendola come un’associazione beneficiaria di chissà quali sostegni dall’alto, dovrebbe visitare il modesto alloggio alla periferia di Alessandria in cui Carla Nespolo viveva in compagnia dei suoi gatti e dei suoi libri.
Chi voglia sapere a quale livello di resistenza personale possa giungere una militante animata da passione civile, avrebbe dovuto recarsi al suo capezzale nel reparto Oncologia dove, immobilizzata in corsia, non smetteva di incoraggiare le sue compagne di sventura.
Carla Nespolo provava autentico entusiasmo quando avvertiva che la scelta partigiana, l’abc dell’antifascismo, entravano in relazione feconda con la generazione dei giovani. Era felice per l’inaspettata diffusione del libro in cui abbiamo raccolto cinquanta storie di vita della Resistenza, al quale aveva scritto la prefazione. Più di una volta ha dovuto rinunciare proprio all’ultimo alle presentazioni pubbliche, cui teneva molto.
Se l’Anpi negli anni dell’offensiva di una destra populista e illiberale ha assunto un inedito ruolo di protagonismo politico – riempiendo il vuoto dovuto alla sparizione dei grandi partiti antifascisti – è perché ciò corrispondeva a un bisogno diffuso: tenere ben saldi principi e valori da altri dismessi. Si deve a personalità come Carla Nespolo se in tanti hanno scelto di prendere la tessera dell’Anpi: nel segno di una memoria antifascista da onorare, certo. Ma soprattutto nel riconoscimento di un impegno che ci è richiesto contro i fascismi e i razzismi di oggi.
La camera ardente sarà allestita giovedì 8 ottobre dalle ore 10 nel palazzo della Prefettura di Alessandria, dove alle ore 16 si svolgerà la cerimonia funebre con rito civile