C’è chi, come Francesco Lollobrigida di Fratelli d’Italia, si sgola per denunciare il misfatto anti-democratico: l’ulteriore proroga di tre mesi dell’emergenza Covid “unico caso l’Italia, serve per lasciare in stato di emergenza una nazione che è privata di una serie di possibilità, anche di esprimere la propria posizione nelle piazze”. E chi, come la capogruppo di Forza Italia alla Camera, Mariastella Gelmini evoca senza mezzi termini il desiderio di “pieni poteri da parte del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte”. Matteo Salvini, invece, che l’anno scorso i pieni poteri li aveva chiesti per sé lanciando un’opa su Palazzo Chigi, riuscendo invece nell’impresa di perdere pure quelli di ministro dell’Interno, ora ha una voglia matta di normalità: “La lotta al coronavirus si può affrontare in maniera efficace, ordinaria, senza bisogno della proroga di stati di emergenza inutili, superflui, che preoccupano” ha detto puntando il governo. Che ieri, a fronte dell’aumento dei contagi, ha deciso di introdurre fin da subito l’obbligo di mascherina su tutto il territorio nazionale, ma soprattutto di prorogare l’emergenza fino al 31 gennaio garantendo così la continuità operativa del sistema di allerta Covid.
Con la fine dello stato di emergenza dichiarato il 31 gennaio 2020 e di prossima scadenza (il 15 ottobre) verrebbe meno il Comitato tecnico scientifico anche se gli stessi tecnici potrebbero essere reclutati come consulenti del ministro della Salute. Cesserebbe invece la struttura guidata da Domenico Arcuri a cui solo lo stato di emergenza assicura poteri in deroga (fuorché alle norme penali): le polemiche sulla tempestività con cui sono stati assicurati banchi e sedie semoventi alle scuole o le mascherine per tutti a prezzi calmierati, sono note.
È un fatto che senza un commissario, i tempi della macchina degli approvvigionamenti sarebbero stati ancora più lunghi. Senza lo stato di emergenza verrebbe inoltre meno la possibilità di adottare ordinanze di protezione civile per il coordinamento dell’attuazione degli interventi, nonché la partecipazione del Servizio nazionale della protezione civile alle attività ancora in corso: salterebbe insomma tutta la catena di comando che ha fin qui assicurato gli interventi di soccorso e assistenza alla popolazione, tra cui l’allestimento e la gestione delle strutture temporanee per l’assistenza alle persone risultate positive, il noleggio delle navi per la sorveglianza sanitaria dei migranti, l’impiego del volontariato di protezione civile impiegato anche per i controlli agli aeroporti o nei drive-in allestiti per i tamponi, il reclutamento di personale sanitario a supporto delle strutture regionali e degli istituti penitenziari. Decadrebbero anche altre misure come ad esempio il pagamento anticipato delle pensioni per evitare l’assembramento alle Poste, la ricetta elettronica, l’attività del numero verde 1500 come pure i decreti attuativi delle ordinanze di protezione civile che attribuiscono ai presidenti delle Regioni la funzione di soggetti attuatori degli interventi, con poteri di deroga e copertura finanziaria per assicurare il più efficace coordinamento delle attività sui territori di competenza.