Stanno volando ora verso gli Stati Uniti. Dopo essere stati caricati su un aereo militare in Iraq. Finisce così la parabola jihadista di Alexander Kotey ed El Shafe Elsheikh, entrambi miliziani inglesi dello Stato Islamico (Isis) e conosciuti come due dei “Beatles”. Verranno processati per l’uccisione di quattro ostaggi americani in Siria. Il Dipartimento di Giustizia americano ha infatti escluso la pena di morte per convincere l’Inghilterra ad accettare l’estradizione oltreoceano e condividere elementi per l’inchiesta.
A entrambi è stata cancellata la cittadinanza inglese. Il via libera è stato dato il mese scorso da una Corte britannica che ha rigettato il ricorso della madre di Elshikh. Con il loro trasferimento ad Alexandria, Virginia, comincerà uno dei processi per terrorismo più importanti degli ultimi anni. I due infatti facevano parte di una cellula di quattro persone, e sono stati soprannominati “Beatles” per il loro forte accento inglese. Tra il 2014 e il 2015 hanno gestito quasi due dozzine di rapiti da tutto il mondo, molti dei quali giornalisti. I sopravvissuti hanno raccontato di torture quotidiane, waterboarding, finte esecuzioni e sadismo. Era loro la responsabilità di trattare con i diversi governi per chiedere i riscatti. I loro video di propaganda hanno contribuito a costruire l’immagine terroristica dello Stato Islamico. Venivano ripresi in piedi, vestiti di nero e incappucciati, spesso con gli ostaggi occidentali inginocchiati di fianco a loro che con il coltello in mano minacciavano l’occidente con l’accento inglese. Poi l’esecuzione. Il più famoso dei quattro, Mohamed Emwazi, soprannominato “Jihadi John”, ha tagliato la testa in mondovisione a James Foley: è stato ucciso da un drone nel 2015, mentre il quarto, Ain Lesley Davis, è in una prigione in Turchia. Nel 2012 Kotey ed Elsheikh si sono trasferiti in Siria da Londra e si sono uniti allo Stato Islamico. Ad Aprile 2018 sono stati catturati dalle Forze Democratiche Siriane (Fds) e consegnati ai militari americani. Nell’ottobre dello scorso anno sono stati trasferiti in una base americana in Iraq dopo che la Turchia ha attaccato diverse strutture di detenzione durante l’invasione del Nord-Est della Siria.
“Non ho mai visto nemmeno un briciolo di rimorso nei loro occhi”, racconta Shed Zan, giornalista curdo-siriana, che ha intervistato entrambi in una prigione nel Nord Est della Siria prima che fossero trasferiti. Durante i diversi colloqui, Zan ha chiesto conto delle loro attività terroristiche. “Hanno sempre risposto con freddezza e calma a ogni domanda, non hanno mai raccolto nessuna provocazione”, continua. “Hanno ammesso di aver gestito gli ostaggi, ma mai di averli torturati”.
Durante le interviste non la guardavano mai negli occhi, essendo lei una donna che non porta il velo.
Tira un sospiro di sollievo Diane Foley, madre di James, che da anni si batte per avere giustizia e fare pressioni sul governo americano. In un comunicato firmato anche dai genitori di Peter Kassig, Kayla Mueller and Steven Sotloff, tutti uccisi dai “Beatles”, spiega: “L’estradizione e il processo di Kotey ed ElSheikh negli Stati Uniti saranno il primo passo per perseguire la giustizia per i presunti orribili crimini sui diritti umani contro questi quattro giovani americani”. Per due miliziani che riescono a essere trasferiti, migliaia sono ancora in un limbo giuridico in Siria. Nel regione autonoma del nord est della Siria, sono detenuti tra campi e prigioni, almeno 13mila tra uomini, donne e bambini: un tempo erano parte dell’Isis, ora sono in attesa dei loro governi che continuano a prendere tempo. L’Amministrazione Autonoma dopo aver chiesto per mesi ai partner internazionali nella lotta contro i jihadisti di aiutarli a formare un tribunale internazionale in loco, ha deciso di avviare i processi e uscire dallo stallo. Il Covid ha rallentato la burocrazia, ma da Qamishlo fanno sapere di essere quasi pronti. Anche perché i detenuti continuano a fare rivolte, cercano di scappare e la violenza nel campo di Al Hol è quotidiana. In più l’Isis si sta riorganizzando grazie al caos portato dall’invasione turca. Le cellule dormienti sono sempre più attive.
Solo lo scorso mese gli estremisti islamici hanno rivendicato 15 omicidi mirati e continuano a piazzare esplosivi e mine sulle strade.