Non venite a piangere
Se richiuderanno tutto, sarà anzitutto colpa di comportamenti sommamente deficienti come questi.
Il video lo ha pubblicato il sindaco di Bari, Decaro, dopo averlo visto su Instagram. Sì, perché gli organizzatori sono stati cosi (doppiamente) imbecilli da pubblicare pure la loro bravata.
Come ha scritto Decaro: “Ai dj che hanno organizzato e a voi che avete partecipato, violando ogni regola, dico una sola cosa: non venite a piangere quando, per colpa vostra, saremo costretti di nuovo a chiudere tutto”.
Io aggiungo: denunciateli, individuateli, condannateli. Per colpa di gente così rischiamo il disastro.
Una protesta rumorosa
Sabato pomeriggio piazza Duomo a Milano si è riempita con cinquecento bauli vuoti portati dai lavoratori del mondo dello spettacolo. Vestiti a lutto, denunciano la crisi che sta vivendo il settore: “Non si tratta di sopravvivere o cambiare professione, è in discussione l’esistenza e il tessuto stesso dell’entertainment del nostro Paese”.
Hanno ragione. E mi pare che nessuno li (ci) ascolti
La cultura ridotta a folklore
Mi rendo conto che citare Sansonetti sia come citare nessuno, ma purtroppo questa esimia beccaccia senza lettori né idee la chiamano (senza motivo) in tivù.
Ieri ha avuto il coraggio di dire: “Se chiudiamo tutti i teatri d’Italia non succede niente, eheheh” (sì, con la risatina finale).
Il teatro, e la cultura, zimbellati e ridotti a folklore da uno che, peraltro, per volere di Bertinotti (ne avesse beccata una…) diresse pure Liberazione.
Terrificante.
Una destra senza memoria e senza decenza
La destra sta facendo la solita canizza idiota sul nuovo Dpcm. Il ministro Speranza, in particolare, è stato attaccato per avere parlato di “segnalazioni” a proposito del divieto di fare feste in casa. Un divieto poi abortito, perché lo Stato non può entrare in casa dei cittadini (fatte salve motivazioni giuridiche come perquisizioni o arresti).
Ora. Premesso che trovo sacrosanta l’idea di segnalare qualsiasi demente che non rispetti le regole minime anti Covid, il punto come sempre è questo: da che pulpito viene la predica!
Ad aprile del 2019, quando era al governo, fu proprio la Lega a proporre di entrare in casa degli italiani. Ne parlò il 2 aprile 2019 anche il Sole 24Ore: “Controlli informali tra vicini di casa, per individuare ‘situazioni anomale che possano generare apprensione, informando gli abitanti della zona’. ‘Non si tratta di effettuare ronde’, chiarisce fin dalle prime righe la proposta di legge sottoscritta da un’ottantina di deputati della Lega (primo firmatario Alex Bazzaro). Piuttosto, la soluzione a cui i rappresentanti del Carroccio hanno pensato è un ‘controllo di vicinato’”.
Ecco la destra italiana: senza memoria, senza decenza.
Le feste in metropolitana
Milano, Cadorna. Ho appena visto questa foto nel profilo di Selvaggia Lucarelli.
Va bene vietare feste private. Va bene vietare il calcetto, i matrimoni (e i funerali) con più di 30 persone. E va benissimo vietare gente in piedi dopo le 21, sempre che ci sia qualcuno a far rispettare queste regole.
Se serve a salvarci, ci sto. Collaboro eccome.
Se però i mezzi di trasporto sono così stipati, come pensiamo di limitare davvero il contagio?
Il virologo Montesano e le baracconate in piazza
Stamani ho fatto un post sul noto virologo Enrico Montesano. Per tre secondi mi sono quasi sentito in colpa.
Poi ho visto quello che ha combinato oggi in piazza. E il (minimo) senso di colpa è passato.
Guardate il video. Una baracconata patetica, puerile, mesta. Ho incontrato/intervistato molti colleghi di Montesano in questi anni. Raramente ne hanno parlato bene (anzi). Quindi mi stupisco poco. Ma qui siamo davvero oltre.
Tristezza pura.
Jannik Sinner, un “Peccatore” benedetto
Da tempo vi parlo con evidente entusiasmo di Sinner, Il “Peccatore”. Non si era mai visto un tennista italiano così “prescelto” e “benedetto”. Lo dicevo già due anni fa perché seguo il tennis come nessun altro sport al mondo. Lo adoro. Ma c’erano tanti amici, e colleghi, che di Peccatore parlavano non da due ma da tre anni almeno. Ci sono arrivati enormemente prima di me. Per esempio Adriano Aiello, che è peraltro colui che lo chiama “Peccatore” nelle nostre chat whatsapp da disagiati neuronali totali.
I suoi quarti al Roland Garros non mi hanno stupito, e l’ho scritto ben prima che ci arrivasse. La sconfitta in tre con Nadal era arciscontata, e chi è rimasto “deluso” sta al tennis come Gasparri alla politica, ma Jannik ne è uscito alla grande. Nessuno, tranne Schwartzman, gli ha tolto così “tanti” game nel torneo.
Nicola Pietrangeli, grande campione e finissimo conoscitore, ha riassunto giorni fa in poche parole la situazione di Sinner.
“L’anno prossimo, secondo me, la partita che abbiamo visto ieri al Roland Garros tra Sinner e Nadal, avrà il risultato contrario. Sarà Jannik a battere Rafael. Sempre secondo me, è tra i primi dieci giocatori al mondo.
Dal quarto in poi, perché Djokovic, Nadal e Federer sono di un’altra categoria, se la gioca con tutti. Ha un comportamento perfetto, è chiaro che avrà un po’ da imparare, soprattutto a vincere e a essere pronto per le sfide importanti, perché dopo i primi exploit ci si deve proprio abituare”.
A parte quel “tra un anno sarà Jannik a battere Nadal”, condivido tutto. Lui stesso, anche di recente, ha ripetuto: “Voglio diventare numero 1 al mondo”. Può diventarlo.
“Peccatore” vale già (!) i top ten, e questo per un 19enne italiano è sconcertante. Non mettetegli fretta. Lasciatelo crescere. Non chiedetegli di essere bello come Musetti: non lo sarà mai. Stili, teste e impostazioni diverse. Infortuni e asteroidi permettendo, Jannik potrà fare cose enormi.
Egli non vive. Egli divelle.
Caro Sansonetti, la stima è reciproca
Esattamente, Sansonetti. Esattamente: sono (anche) un attore. Da quasi dieci anni. C’è chi passa il tempo ad ammazzare tutti i giornali che dirige. E c’è chi, tra un libro primo in classifica e una presenza in tivù, riempie i teatri d’Italia. Ognuno fa quel che può.
Da anni suoli incenerire tutto quel che editorialmente tocchi. Anche adesso, dal sottoscala clandestino che dirigi, vedo che scappano tutti: Bergamini, Brunetta. Quel che tocchi, agonizza.
Non voglio però perder tempo a infierire. La tua parabola da iper-comunista a para-garantista in salsa Mediaset, di per sé, è già triste come la tua prosa oltremodo involuta.
Il punto è un altro: usare la parola “attore” come insulto. È la conferma della tua idea comicamente snob e colpevolmente sminuente del teatro. Proprio come hai sostenuto a ReteSalvini qualche sera fa. Sei così sganciato dal mondo da credere non solo d’essere ancora (giornalisticamente) vivo, ma da pensare pure d’esser più rilevante d’un Balasso o un Bergonzoni.
Ti sia lieve la condanna d’esser nato, e peggio ancora diventato, Sansonetti. E grazie per le belle parole che sempre mi dedichi. La stima è reciproca.
Care cose.
Ci salveremo solo grazie a persone così
Si chiama Giuseppe Piraino. Imprenditore. Non ha mai ceduto al pizzo. Anzi, con una telecamerina nascosta, ha incastrato chi glielo chiedeva. Ed è la seconda volta che accede in due anni.
Nella prima filmò con il telefonino Luigi Marino mentre gli chiedeva i soldi della “messa a posto”.
Lo scorso maggio un altro “uomo del racket”, Salvatore Guarino, arrestato nelle ore scorse, ci ha riprovato. Ma Piraino non ha cambiato idea, e all’esattore del racket ha anzi mostrato in risposta due cose: la foto di Giovanni Falcone e Borsellino e un foglietto con tutte le vittime della mafia.
È solo con persone così che questo paese può salvarsi.
Guarnotta, la storia dal di dentro
Li riconoscete? Sono quattro eroi italiani. Il nucleo del Pool Antimafia. Fuori inquadratura c’è Di Lello. Poi Borsellino, Guarnotta, Falcone, Caponnetto. È l’unica foto che li ritrae tutti insieme. Erano al funerale di Ninni Cassarà, una delle tante vittime della mafia.
Ieri Leonardo Guarnotta ha presentato il suo libro, lo splendido C’era una volta il Pool antimafia, alla tenuta di Suvignano (Siena). Un luogo molto simbolico, perché quella tenuta fu confiscata una prima volta nel 1983 da Falcone. Apparteneva all’“immobiliarista di Cosa Nostra”, definitivamente condannato nel 2005 proprio da Guarnotta, che non aveva mai visto quel luogo prima di ieri.
Ho assistito alla sua presentazione con trasporto e commozione. Ho avuto anche la fortuna di conoscerlo un po’ e di riportarlo con sua moglie in hotel (dormivamo nella stessa struttura). Non nascondo l’emozione e l’orgoglio.
Quello che ha fatto il pool antimafia di Chinnici prima e Caponnetto poi è straordinario. Anni di eroismo, senso dello Stato, coraggio, martirio e utopia puri. Ascoltare e leggere Guarnotta è come guardare la storia dal di dentro.
Ogni suo aneddoto ti colpisce al cuore. Come quando ha raccontato di un rito di Borsellino. “A maggio, quando si poteva prendere il primo caffè freddo a Palermo, mi invitava sempre. Lo beveva, mi guardava e rideva: ‘Leonardo, anche per quest’anno al caffè freddo ci siamo arrivati’. Era come dire: “Siamo ancora vivi”. Il senso del rischio costante era in loro fortissimo.
Ieri Guarnotta (colui che è poi stato tra i giudici del processo Dell’Utri) ha anche detto: “Giovanni (Falcone) è stato uno dei più grandi giudici che abbiamo avuto. Forse il più grande. Ma è stato anche il più trombato”. Una frase durissima, che fa capire come Falcone sia stato sì santificato dopo la morte, ma pure osteggiato in vita da quasi tutti: pezzi dello Stato, magistratura, intellettuali (Sciascia), non pochi cittadini (che si lamentavano del suo eccessivo “esibizionismo”).
Oggi Guarnotta sarà a Firenze e domani a Viareggio ed Empoli. Poi rientrerà a Palermo. Il suo “tour” è simile a quello di Caponnetto: parlare affinché tutti, anzitutto i giovani, conoscano e non dimentichino.
Un paese senza storia e senza memoria non ha speranze. Un paese che non conosce Leonardo Guarnotta non va da nessuna parte.
Che uomini straordinari.
La vittoria di Giani, sempre meglio della Ceccardi
“Se mi aspettavo la vittoria di Giani? Sì. Credo che Toscana e Puglia abbiano acquisito importanza nazionale: l’eventuale caduta della Toscana nelle mani del centrodestra probabilmente avrebbe avuto delle ripercussioni sia sul Pd guidato da Nicola Zingaretti che sul governo Conte. La mia sensazione è che in Toscana ci sia stato negli ultimi giorni il terrore che potesse vincere la Ceccardi. Proprio per la paura di veder vincere la Lega, molti che nemmeno adoravano Giani hanno pensato ‘sai che c’è, non sarà il massimo della vita, non sarà né Che Guevara né Berlinguer, ma molto meglio della Ceccardi’. Un’analisi che lo stesso Giani ha condiviso quando ci siamo incontrati, pochi giorno dopo il voto. Anche l’elettorato M5S, negli ultimi giorni, si è mosso nei suoi confronti”.