Commenti sessisti, insulti razzisti e omofobi, aggressioni sessuali.Mediapart, in collaborazione con StreetPress, ha indagato per più di due mesi sulla gestione di numerosi fast-food di McDonald’s in Francia. Raccolte 78 testimonianze, di cui 40 dal collettivo McDroits e dall’associazione React. Il gruppo è al centro di accuse simili in diversi paesi ed è già stato denunciato dall’Ocse per “molestie sessuali sistematiche”. La direzione, che ha rifiutato di rispondere alle domande di Mediapart, si è limitata a dichiarare per mail: “McDonald’s France condanna fermamente tutti i comportamenti a connotazione sessuale o sessista”. Eppure le testimonianze non lasciano dubbi: “Il sessismo è la pratica più denunciata all’interno dell’azienda – spiega il collettivo McDroits.Ma sono segnalati anche altri comportamenti discriminanti. I dipendenti di colore, arabi e le donne con il velo sono oggetto di disprezzo e disumanizzazione. Anche i gay vengono stigmatizzati”.
Alcune di queste testimonianze sono difficili da ascoltare. Come quella di Laure (il suo, come tutti gli altri, è un nome di fantasia), 21 anni, che lavora dal 2018 in un McDonald’s della regione di Parigi per finanziare i suoi studi. Non si è mai sentita al sicuro in presenza del superiore, P.: “A noi ragazze ci si incolla addosso. Quando mi passa accanto lo fa apposta per sfiorarmi i seni”. Lo conferma una sua collega, Leila: “Alcune ragazze si sono lamentate perché allunga le mani e anche dei colleghi maschi hanno protestato per le sue parole umilianti”. Almeno quattro dipendenti di questo ristorante hanno raccontato una storia simile. Jean, che ha lavorato lì per tre anni e si è licenziato a settembre, osserva: “Si scherzava spesso sul fisico delle donne, delle collaboratrici, ma anche delle clienti”. Lilian, un collega di Laure, conferma gli sguardi e i commenti fuori posto di P.: “Lo faceva con lei ma anche con altre colleghe”. Una sera di dicembre 2018 decidono di andare tutti insieme a bere qualcosa a casa di uno di loro. Inizia una partita di strip poker. “Mi sono ritrovata da sola con P. – racconta Laure – comincia a parlarmi del mio seno, a toccarmi. Lo respingo, gli ripeto che non voglio, ma ho paura che si voglia vendicare di me perché non mi faccio toccare al lavoro. Poi si mette dietro di me, mi abbassa le mutandine e comincia a toccarmi. Non volevo ma ero pietrificata, non riuscivo a parlare”. Solo tempo dopo Laure si è confidata con alcuni colleghi. Per un anno e mezzo ha continuato a lavorare a contatto con P. Leïla, che ha lavorato per tre anni nello stesso ristorante, ricorda quando Laure si è confidata con lei: “Sapevo che P. aveva dei comportamenti sessista, ma non mi aspettavo tanto. Ero scioccata”. Lei stessa si è ritrovata più volte a disagio in presenza del superiore. Un giorno, nell’aprile 2019, arrivando al lavoro, P. nota che ha cambiato colore ai capelli e le dice: “Stai molto bene. Allora, quando scopiamo?”. “Ho sentito più volte P. fare commenti sul seno di Laure. Noi ci limitavano a sorrisini imbarazzati. Ma mi sento in colpa per non aver mai reagito. È come essere complici”, osserva Jean. Nel novembre 2019, Laure cerca di avviare un’azione collettiva contro il superiore. La direzione lo scopre e, a dicembre, convoca lei e P. per avere delle spiegazioni. Laure racconta tutto e P. non nega: “Scusa per averti violentata”, dice. Laure ha continuato a lavorare con P. fino ad agosto 2020. P. non è mai stato sanzionato, poi, finalmente, si è dimesso per andare a lavorare in un altro ristorante. Laure non lo ha mai denunciato e continua a lavorare nello stesso fast-food.
Due giovani donne raccontano che nei McDonald’s dove hanno lavorato gli uomini facevano una classifica delle colleghe in funzione del loro aspetto fisico: “Su una sorta di lavagna si dividevano le ragazze che erano single”, racconta Faïza, che lavora ancora in un McDonald’s di Mulhouse. Léa ricorda che, il suo secondo giorno di lavoro, nel 2017, in un McDonald’s presso Tours, quando aveva appena 18 anni, ha sentito dire da un collega: “La ragazzina con il seno grosso me la farei volentieri”. Jeanne, che per dieci anni ha lavorato come collaboratrice in un McDonald’s Ouest-Parisien del Val-d’Oise, nella regione parigina, filiale di McDonald’s France, ha deciso invece nel gennaio 2020 di sporgere denuncia per molestia sessuale contro un suo ex collega. Lui faceva spesso allusioni al suo fisico. Poi, a un certo punto, ha cominciato a provocarla, a tentare di toccarla. Lei gli ha chiesto più volte di smettere, invano. “Continuava a starmi addosso e una sera non ce l’ho fatta più: “Stai zitto, smettila!”, ho gridato. Da allora è diventato cattivo con me e mi ha insultato, dandomi della puttana”, racconta Jeanne, che il 3 gennaio è stata convocata nell’ambito dell’inchiesta preliminare aperta contro F. Lui si è detto innocente. Almeno quattro donne avrebbero avuto dei problemi analoghi con F. Julie, che nel 2018 ha lavorato per diversi mesi nello stesso ristorante di Jeanne, racconta: “F. mi prendeva in giro perché sono lesbica”. Secondo lei la direzione non ha fatto nulla per proteggerla: “Ho pianto molto. Ma per tutto quello che ci ha fatto, F. non è mai stato sanzionato”. Abbiamo cercato di contattare la direzione, inutilmente. È stata aperta un’inchiesta interna. Secondo Loïc Gloux, direttore di McDonald’s Ouest-Parisien, è stato possibile raccogliere 30 testimonianze, ma tutte sono state giudicate “contraddittorie” ed è stato escluso “ogni fatto di molestia”. Dal dicembre 2019 Jeanne è in congedo per malattia e non è più tornata a lavoro. Ana invece ha deciso che non sporgerà denuncia. Non ne ha la forza. La giovane donna ha cominciato a lavorare nel dicembre 2019 al McDonald’s di Mulhouse, con contratto a tempo indeterminato di 25 ore settimanali. Sul contratto figura ancora il nome maschile che le è stato dato alla nascita. Diversi anni fa, Ana ha deciso di cambiare sesso ma dopo tanto tempo non è ancora riuscita a cambiare nome sul piano amministrativo. Tutti la chiamano Ana, tranne i responsabili del fast-food: “Sono stata sempre zitta, ho subito”. Dall’inizio dell’epidemia di Covid-19, si è messa in malattia e dice che non tornerà mai più a lavorare in un McDonald’s.
Anche Delphine non si è mai sentita sostenuta dai superiori quando ha denunciato le “molestie sessuali” subite sul lavoro. Nel settembre 2015, tra un concorso e l’altro, la giovane ha cominciato a lavorare in un ristorante McDonald’s del dipartimento Yvelines, nella regione di Parigi. “Tra i miei colleghi c’era K., sulla sessantina”. K. era diventato sempre più insistente con lei. Le chiedeva di uscire, di andare a bere qualcosa o andare a cena. Un po’ alla volta le proposte si sono fatte più spinte. “La situazione è diventa pesante. Dopo i miei numerosi rifiuti, K. ha cominciato a molestarmi. È capitato anche che si sia toccato i genitali sopra i pantaloni, mentre faceva commenti osceni”. Louis lavora nello stesso McDonald’s da dieci anni. Si ricorda di K.: “Era così anche con tante altre ragazze. Diceva: Su dai, fatti baciare”. K. non lavora più da tempo in quel McDonald’s: “Ma non era il solo a usare parole fuori posto. So di un responsabile che chiedeva alle dipendenti di dargli delle foto di loro nude. È stato licenziato, ma molto tempo dopo”, ricorda Amélie, che ha lavorato per due anni nello stesso McDonald’s. Alcune giovani preferiscono licenziarsi subito. Scheherazade ha resistito solo un mese in un McDonald’s di Lione, nel 2017. “Il responsabile mi affidava solo i lavori più sgradevoli, come le pulizie. È un modo per certi superiori di affermare il proprio potere”. La giovane donna è tornata spesso a casa piangendo. “L’ultimo giorno di lavoro, uno dei responsabili mi ha gettato addosso del ketchup. Il ketchup va bene con il tuo rossetto da troia, mi ha detto”. Nelle mail che McDonald’s France ha inviato a Mediapart si legge: “La meritocrazia, le pari opportunità, il rispetto e la non discriminazione sono le chiavi di volta dei valori di McDonald’s e in tutti i nostri 1.490 ristoranti”.
(Traduzione di Luana De Micco)