In questi giorni poco allegri, il mio ristoro preferito è la fervida attesa di Matteo Salvini che prende la parola in Senato per illustrare le misure anti Covid alternative a quelle del governo. Elaborate, su sua proposta, da un Comitato tecnico scientifico parlamentare, anch’esso alternativo, composto da dieci scienziati, parecchio alternativi e “ovviamente autorevoli che possano fornire un’altra voce rispetto a quella ufficiale”.
Un protocollo da sottoporre poi allo speciale Comitato di salute pubblica proposto dal Pd Andrea Marcucci, “un luogo vero di unità nazionale dove condividere le informazioni e le decisioni”. Tali proposte alternative, autorevoli e, s’intende, unitarie, saranno emulsionate per essere trasmesse al Cts governativo e da qui, dopo le opportune valutazioni, spedite a Palazzo Chigi.
A questo punto sarà cura del premier convocare in diretta Skype i presidenti delle 20 Regioni, i sindaci delle città capoluogo, i rappresentanti di forze sociali, categorie produttive, associazioni, ordini professionali e movimenti per la difesa del cittadino.
Quindi, il contenuto dell’ampio e proficuo dibattito sarà omogeneizzato e calato in un testo all’esame preventivo dei capi-delegazione della maggioranza per essere portato successivamente in Consiglio dei ministri (non prima di avere ottenuto la vidimazione “a futura memoria” di Matteo Renzi, e degli onorevoli Faraone e Rosato, possibilmente autenticata dal notaio). Dopodiché, il conseguente Dpcm dovrà superare l’esame di Camera e Senato, e quello di tutti i talk show televisivi.
Nel frattempo, mentre la comunità dei virologi si scannerà con gli amministratori locali su lockdown sì o no, Giuseppe Conte potrà serenamente adempiere al suo ufficio sapendo che, come scrive Stefano Folli su Repubblica, avrà davanti a sé tre scelte. 1) il suo esecutivo potrà andare avanti “tra polemiche e risse, ma con un premier diverso da lui”; 2) oppure nascerà un governo di unità nazionale “affidato a un’alta personalità al di fuori dei partiti”, che dunque non sarà lui; 3) o altrimenti si raggiungerà “un accordo di qualche mese tra le forze politiche, in cambio di un patto per andare al voto appena passata la burrasca” ma (che te lo dico a fare) presieduto da un nome che non sarà il suo.
Ps. Ciò che avete letto è tratto dai giornali di questi giorni e non dai verbali di un ospedale psichiatrico. Saperlo, tuttavia, non ci consolerà abbastanza quando saremo tutti in terapia intensiva.