Il dossier

Opposizioni sfasciatutto anche in europa

Dialogo impossibile. Non solo in Italia

Di Uski Audino, Luana De Micco, Sabrina Provenzani e Roberta Zunini
31 Ottobre 2020

Nel triste destino di questa pandemia, di certo l’Italia non è un caso isolato. Non soltanto, come sappiamo, nell’affrontare l’emergenza sanitaria, ma anche nel dover gestire dinamiche politiche interne tutt’altro che pacifiche, nonostante il periodo suggerisca un clima di collaborazione tra tutti i partiti. Se da noi i continui richiami del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, rimangono quasi sempre lettera morta – tra le grida soprattutto della Lega e di Fratelli d’Italia –, anche nei principali Paesi europei i governi hanno enormi difficoltà a dialogare con le opposizioni, per colpe proprie o delle minoranze. E così, ai guai della pandemia si aggiungono le beghe quotidiane della politica, e la concertazione rimane un miraggio.

Regno Unito Labour contro johnson, la scozia fa da sé

Il principale partito di opposizione in Inghilterra, il Labour, attacca dall’inizio dell’epidemia il Primo ministro Boris Johnson e la sua gestione delle varie fasi della crisi. L’ultimo bersaglio è la resistenza del governo a imporre un lockdown nazionale, come raccomandato fin da settembre dai suoi consulenti scientifici in una nota ignorata da Downing Street fin da inizio ottobre. Da allora il segretario laburista, Keir Starmer, chiede un circuit breaker, un lockdown di 2-3 settimane che arresti la seconda ondata.

Gli effetti della gestione governativa dell’epidemia si riflettono nelle intenzioni di voto. Secondo Ipsos Mori, il Labour guida con 5 punti di vantaggio, al 42 per cento del consenso contro il 37 dei Tories al governo.

Molto significativo anche il caso della Scozia, dove la First minister Nicola Sturgeon ha capitalizzato l’autonomia del suo governo in materia di salute pubblica gestendo l’epidemia in modo non allineato al governo centrale. Questo ha aumentato il suo consenso e, soprattutto, quello per l’eventuale indipendenza scozzese, voluta dal suo partito. In un sondaggio pubblicato ieri, il Sì all’indipendenza è in vantaggio di ben 12 punti rispetto al No, che aveva prevalso nel referendum del 2014.

Spagna I sovranisti di “vox” sparano sulle restrizioni

Dopo la dichiarazione dello stato di emergenza fino al 9 maggio, votata dal Parlamento spagnolo su richiesta del premier Pedro Sánchez, il confinamento leggero della Capitale Madrid e il coprifuoco dalle 23 in vigore dalla scorsa domenica, gli unici a opporsi al governo sono i conservatori del Partito Popolare (PP) e l’ancora piccolo, ma già potente, partito sovranista di estrema destra Vox. Il suo leader, Santiago Abascal, ha presentato un ricorso in tribunale contro il blocco parziale imposto a Madrid e ora rifiuta il coprifuoco notturno. Vox ha manifestato così la sua contrarietà verso le restrizioni attuate a partire da 15 giorni fa dal governo centrale: “Si tratta di difendere il popolo spagnolo dalla gestione negligente e indecente di questo governo, che ha deciso di rovinare la Spagna e che ci porta a una crisi sanitaria, sociale ed economica senza precedenti”. La decisione di Vox aggrava una situazione di stallo tra il primo ministro socialista Sánchez e il governo regionale di Madrid, guidato per l’appunto dal Partito Popolare, all’interno del quale Vox detiene 12 dei 132 seggi. La coalizione regionale tra il PP e Vox è però entrata in crisi lo scorso 21 ottobre dopo che i popolari non avevano appoggiato la mozione di sfiducia contro il governo presentata da Abascal, facendola fallire. In uno dei suoi interventi in Parlamento, il leader del PP Pablo Casado ha definito la destra di Vox la “destra populista e dell’odio”. I nazionalisti catalani e baschi, pur dai banchi dell’opposizione, sostengono le decisioni del governo.

Germania La destra parla di “dittatura del virus”

“L’inverno sarà difficile”, esordisce Angela Merkel al Bundestag nel presentare il lockdown deciso mercoledì al vertice con i Länder, e le opposizioni non se lo fanno ripetere. Una valanga di esclamazioni e grida, soprattutto dai banchi del partito di destra Afd, sommerge il discorso della cancelliera, che si interrompe più volte. Interviene anche il presidente Wolfgang Schäuble per riportare l’ordine, minacciando sanzioni. Quando è il suo turno, Alexander Gauland, non più leader ma ancora esponente carismatico dei nazionalisti dell’Afd, l’accusa si concretizza; il Parlamento è stato scavalcato in nome di una “dittatura del coronavirus”. “La Germania ha conquistato la sua libertà troppo faticosamente per consegnarla al guardaroba di un direttivo d’emergenza”, dice Gauland. Il Paese affronta “la più grande limitazione delle libertà della storia”, aggiunge, perché “è da mettere nel conto che le persone muoiano”. Una posizione simile a quella sostenuta dai Tories inglesi la scorsa primavera, e in realtà una strategia che punta ad allargare il consenso elettorale dell’Afd, secondo un documento interno al partito citato ieri dall’agenziaDpa. Grazie al virus, Alternative für Deutschland vorrebbe raggiungere quegli elettori colpiti dalle misure del governo che di solito gli voltano le spalle: artisti, organizzatori di eventi, genitori single oltre a ristoratori e albergatori. Intanto Frauke Petry, ex leader Afd, cammina per la plenaria senza mascherina e viene sanzionata. E anche per i liberali del Fdp le ultime misure assunte sono una violazione dei diritti fondamentali.

Francia La sinistra critica, sorpresa le pen “moderata”

Giovedì, nel giorno dell’attentato di Nizza, il nuovo lockdown (entrato in vigore ieri fino ad almeno il primo dicembre) è stato approvato in Assemblea con 399 voti contro 27. La destra di Les Républicains ha disertato l’aula. Da tutta l’opposizione in Francia si denuncia la scarsa lungimiranza del governo, rimasto sordo alle raccomandazioni degli esperti, oltre alla mancanza di concertazione. Solo gli ecologisti rinviano a più tardi le polemiche. Il più collerico è Jean Luc Mélenchon, leader della France Insoumise (sinistra): “L’epidemia è fuori controllo e lo è anche il presidente”. Ciò che più colpisce, in questi giorni, è la reazione moderata di Marine Le Pen. La presidente del Rassemblement National denuncia in modo sobrio la “gestione erratica” dell’epidemia. Sin dall’inizio dell’epidemia, la Le Pen accusa Emmanuel Macron e i suoi ministri di agire troppo tardi, li critica per le misure di aiuto troppo blande. Il tutto sempre senza strafare. A differenza dei leader dell’ultra-destra di altri Paesi, ha sempre detto agli anti-mascherina di indossarla. C’è chi pensa che questa sia una strategia: Marine Le Pen, già candidata alle presidenziali del 2022, si vuole dare una statura da capo di Stato.

Ti potrebbero interessare

Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione