Ogni elezione è un’elezione sul clima, ma questa lo era più delle altre. E non c’è solo il ritorno o meno negli accordi di Parigi, ma molto, molto di più.
Per capire il motivo bisogna analizzare come gli States abbiano al loro interno enormi contraddizioni che questa transizione ecologica ed energetica accentua come non mai: sono da sempre la patria del petrolio, ma hanno partorito il primo movimento ambientalista della storia. Hanno confezionato il più becero negazionismo scientifico, e alcune tra le migliori innovazioni tecnologiche low-carbon.
La loro storia è intrinsecamente connessa all’evoluzione dell’energia più di ogni altra nazione.
Il carbone e la seconda rivoluzione industriale dell’Ottocento li ha resi una potenza, ma è nel Novecento che sorpassano e doppiano il Vecchio Mondo anche grazie a un liquido nero e viscoso che ha una incredibile densità energetica, che trovano in abbondanza nel loro sottosuolo.
E anche quando gli studi come I Limiti della crescita raccontano dell’esauribilità delle risorse, e della possibilità di ritrovarsi a inizio millennio senza combustibili fossili, ecco che il fracking e lo shale gas esplosi nell’ultimo decennio permettono di annientare ogni previsione. E addirittura sono riusciti a garantire agli Stati Uniti l’indipendenza energetica a cui aspiravano da decenni.
L’anno che forse più di tutti racchiude la testarda e curiosa resilienza degli Stati Uniti è il 1979. La Guerra Fredda è in pieno corso, e la nazione sta affrontando una delle più gravi crisi energetiche della storia.
Sempre quell’anno, a marzo, era appena avvenuto uno dei più grandi incidenti nucleari di sempre, con la fusione parziale del nocciolo della centrale nucleare di Three Mile Island.
Cosa decise di fare presidente del tempo, Jimmy Carter, un democratico decisamente insolito e fuori dagli schemi? A giugno, decise di mostrare alla nazione come si sarebbe usciti da quella crisi, sia economica sia energetica: fece montare sulla Casa Bianca dei pannelli solari, spiegando alla nazione questa tecnologia rivoluzionaria che avrebbe portato eccitanti risvolti per l’intera nazione e nei decenni successivi (manco a dirlo, Ronald Reagan li fece togliere neanche 4 anni dopo).
Più di un quinto dell’energia rinnovabile prodotta negli Stati Uniti proviene dal Texas, uno degli stati storicamente più conservatori, con un’economia pesantemente basata sull’estrazione dei combustibili fossili. E sta dimostrando sulla propria pelle come la transizione sia una questione anche di convenienza economica, di nuovi posti di lavoro – oltre che una questione incredibilmente urgente per noi.
E d’altronde è sufficiente guardare una delle ultime analisi condotte da Lazard per vedere come sia il carbone (60-140 $ a MWh), sia il gas (40-70 $ per MWh) sono ormai più costosi dell’eolico su terra, che si aggira tra i 29 e 56 $ per MWh.
Da questi dati è ancora più evidente come non sia mai stata una questione meramente ambientale, o di vivibilità del Pianeta, ma anche una questione economica, geopolitica e strategica.
Saranno in grado gli Stati Uniti di rendersi nuovamente leader in quella che è oggettivamente la più grande sfida che l’umanità deve affrontare? Non solo rientrando negli Accordi di Parigi – che non sarebbe male come inizio, essendo la seconda nazione al mondo come quantità di emissioni – ma attuando scelte concrete fin dall’inizio del mandato presidenziale.
Sono già stati persi anni preziosi per velocizzare la transizione, ma non è ancora troppo tardi.
Se dovesse esserci una speranza in uscita da queste elezioni, è che possano forse innescare un meccanismo positivo di imitazione. Che coinvolga non solo le altre nazioni del mondo, ma anche i settori più scettici, e muovendosi senza il minimo indugio.
E bene il piano Clima proposto da Biden che porti gli States a energia rinnovabile al 100% entro il 2035, ma le proposte avanzate nel Green New Deal da Sanders sono ormai troppo diffuse per ignorarle.
È venuto il momento di una #challenge, di quelle che piacciono tanto ai giovani. Cominciamo dal soft power tanto caro agli Stati Uniti e rimettiamo ’sti pannelli solari sulla Casa Bianca. Magari funziona da #influencer.