Trump, è l’ora dei tribunali. Dagli affari al sesso rubato

17 Novembre 2020

Oltre al contenzioso elettorale, sono sei le battaglie legali da privato cittadino che aspettano Donald Trump all’uscita dalla Casa Bianca, il 20 gennaio prossimo. La Cnn si porta avanti e le mette in fila. Eccole:

Come funzionavano I conti della Trump Organisation?

Se ne occupa il procuratore di Manhattan, Cyrus Vance jr., stella del firmamento legale democratico e figlio del segretario di stato dell’Amministrazione Carter. Contenzioso nato dal passaggio di denaro dai fondi dell’Organisation a una serie di presunte amanti di Donald, prima dell’elezione a presidente, tramite l’ex avvocato Michael Cohen, poi condannato a tre anni di carcere per il suo ruolo in irregolarità finanziarie durante la campagna elettorale del 2016. Cohen ha dichiarato durante una testimonianza giurata al Congresso di non aver dubbi sul fatto che Donald sapesse di quei pagamenti. Da qui l’inchiesta si è estesa a sospetti di frodi bancarie, assicurative, fiscale e falsificazione di documenti pubblici. Sono otto anni di dichiarazioni delle tasse e conti societari che Trump ha rifiutato a lungo di consegnare alla procura.

Trump ha “aggiustato’ il valore dei suoi beni?

Indaga il procuratore generale dello Stato di New York. Sempre secondo Cohen, Donald e altri membri della sua famiglia “avrebbero gonfiato il valore dei propio beni quando volevano entrare nella lista Forbes dei più ricchi, e li avrebbero sgonfiati per ridurre le imposte sui redditi immobiliari”.

La questione degli “emoluments”

Sono i procuratori generali di Maryland e Washington Dc ad accusare il presidente uscente di aver violato una clausola della costituzione che proibisce a funzionari federali di ricevere emolumenti, cioè benefici economici, regali o vantaggi di altro genere da governi stranieri senza l’autorizzazione del Congresso. Da presidente, Trump si è impegnato a non seguire i propri affari ma non ha mai rinunciato alla proprietà né messo in un trust le proprie attività, continuando a guadagnare da alberghi e resort; in particolare, sostiene l’accusa, dall’ospitalità di delegazioni straniere nel suo hotel di Washington Dc. Una prima sentenza, che aveva archiviato l’accusa per un difetto di legittimazione, è stata ribaltata da un secondo giudizio e Trump è andato alla Corte Suprema, che ora controlla con una maggioranza di giudici in quota conservatrice. C’è anche una seconda azione legale per la stessa violazione e il conseguente conflitto di interesse, questa avanzata fra gli altri anche da una catena alberghiera e un gruppo di ristoratori.

Gli abusi e il tentativo di nasconderli

Nel giugno del 2019 la giornalista ed editorialista americana Elizabeth Jean Carroll, oggi 76enne, ha accusato The Donald di aver abusato di lei negli anni 90. Il presidente ha negato ogni addebito dichiarando “Non è il mio tipo” e ha tentato, tramite il Dipartimento di Giustizia di bloccare l’azione legale. Tentativo sventato da un giudice federale.

Lo show delle molestie con diffamazione

Summer Zervos è stata una delle concorrenti al programma The Apprentice che ha lanciato la carriera televisiva di Trump, allora protagonista in veste di uomo d’affari di successo. Zervos accusa il presidente di averla molestata nel 2007, durante lo show. Lui ha negato ma Zervos gli ha poi fatto causa per diffamazione per averle dato della bugiarda in pubblico. Nel 2019 Trump ha perso un primo tentativo di chiudere la vicenda giudiziaria, che è stata sospesa fino alla fine della sua presidenza.

Affari di famiglia

La 56enne nipote di Donald, Mary Trump, psicologa e autrice del best-seller Troppo e mai abbastanza: come la mia famiglia ha creato l’uomo più pericoloso del mondo, uscito malgrado i tentativi del presidente di bloccarne la pubblicazione, ha fatto causa allo zio accusandolo di frode per privarla della parte che le spettava dell’eredità del nonno. Infine, la questione dell’ostruzionismo del presidente nell’inchiesta sulle presunte interferenze russe nella campagna presidenziale del 2016. Il titolare dell’inchiesta ed ex direttore dell’Fbi, Robert Mueller, nel luglio del 2019, ha dichiarato sotto giuramento che Trump, una volta privato delle prerogative presidenziali, potesse essere perseguito per falsificazione di prove e ostruzione all’indagine.

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