Mancano cinque anni abbondanti, per carità, ma i Giochi invernali Milano-Cortina del 2026 – oltreché un grande evento sportivo – saranno un classico a livello amministrativo e finanziario: soldi pubblici e cemento stanno lì a garantirlo fin da ora.
Andiamo con ordine. Mentre sulle Dolomiti, specie a Cortina d’Ampezzo, sono già partiti i primi lavori di sbancamento tra le proteste degli ambientalisti locali, il governo s’è preoccupato – nella legge di Bilancio “bollinata” ieri dalla Ragioneria generale – di evitare inutili fastidi a soggetti attuatori e imprese anche in pianura e precisamente a Milano.
Per rispettare i tempi di realizzazione delle opere, si dice all’articolo 142, il “Pala Italia Santa Giulia” a Rogoredo (un’arena da 15mila posti, costo 70 milioni) e le opere connesse potranno essere autorizzate da una Valutazione d’impatto ambientale regionale semplificata e coi tempi persino dimezzati rispetto alla norma già di favore; quanto alle opere della Zona Speciale Porta Romana (dove sorgerà il villaggio olimpico), se non si riesce a concludere la normale procedura urbanistica, allora i proprietari dell’area – che FS ha appena venduto a Coima, Covivio e Prada per 180 milioni – possono chiedere di procedere col “permesso di costruire convenzionato”. In parole povere il Comune prepara la convenzione, il consiglio comunale la vota e tanti saluti. Si tratta di due tra le maggiori speculazioni in corso in una città in cui le speculazioni non mancano: il ministero dell’Ambiente, peraltro, s’è ritrovato l’articolo 142 nella manovra senza saperne nulla e l’ha accolto, eufemizzando, con una certa perplessità.
L’accelerazione procedurale, peraltro, arriva quasi in contemporanea con la distribuzione dei soldi agli enti locali coinvolti. Com’è noto, infatti, le Olimpiadi “a costo zero” o “delle Autonomie” (copyright Luca Zaia) in realtà ricevono fin d’ora un miliardo tondo da Roma e c’è il sospetto che altri soldi serviranno in futuro. Il decreto interministeriale che distribuisce la torta è stato firmato il 4 novembre da Paola De Micheli ed è in attesa della “bollinatura” della Ragioneria generale dello Stato e della conseguente firma di Roberto Gualtieri.
Si tratta di distribuire il vil denaro stanziato l’anno scorso: 473 milioni alla Lombardia, 325 milioni al Veneto, 82 milioni alla provincia di Bolzano e 120 milioni a quella di Trento. Servono per le cosiddette “opere essenziali per rendere efficienti e appropriate le infrastrutture esistenti”: strade, svincoli, gallerie, ferrovie, l’acquisto di treni e bus, il rifacimento delle stazioni. Come ha sostenuto la ministra De Micheli “faremo compiere un salto di qualità infrastrutturale a una delle aree più sviluppate del Paese” (a chi ha sarà dato, dice d’altronde il Vangelo).
È appena il caso di ricordare che a suo tempo il Comitato organizzatore parlò di costi per 1,2 miliardi: 900 milioni a carico del Comitato olimpico internazionale (Cio), 300 milioni degli enti locali coinvolti. I guadagni? Certi, al solito: 20mila posti di lavoro e 4 miliardi di giro d’affari. Rispetto a quella favoletta ora c’è il primo miliardo in più che sarà distribuito a breve e un altro fatterello leggibile negli allegati al decreto interministeriale del 4 novembre: per completare le “opere essenziali” dell’allegato 3, cioè quelle che si stanno finanziando ora, mancano ancora 252,2 milioni (il costo totale è 1,58 miliardi) e poco meno di 50 milioni per le “opere connesse e di contesto” (allegato 4). Soldi che dovrebbero mettere gli enti locali, cioè comunque la parte pubblica, e che probabilmente finirà per pagare lo Stato. Tenendo lo sport da parte, qualcuno guadagnerà di certo con le Olimpiadi invernali del 2026, che siano il Paese o le comunità coinvolte c’è da dubitarne.