Il Parlamento europeo ha approvato a fine ottobre la sua proposta di Politica Agricola Comune (PAC). Lo ha fatto con circa il 38 per cento di astenuti o voti contrari, una percentuale altissima per una politica così importante, che impegna quasi il 40% del bilancio annuale europeo. La frattura si è prodotta sulle ambizioni ambientali della PAC, ulteriormente ridotte dal passaggio parlamentare.
Uno dei temi più caldi della discussione è stato il finanziamento al sistema degli allevamenti intensivi europei che, attualmente, assorbe circa il 70 per cento dei fondi PAC, contribuendo a circa il 17 per cento alle emissioni di gas serra europee e all’inquinamento di aria e corpi idrici. In Italia, è stata Greenpeace insieme ad un team di ricercatori dell’Università della Tuscia a misurare il “peso ecologico” delle emissioni della zootecnia attraverso il metodo dell’impronta ecologica – che stima l’impatto di un dato settore in rapporto alla capacità del territorio (biocapacità) di fornire le risorse necessarie e assorbire i rifiuti o le emissioni prodotte. Confrontando le emissioni di gas serra derivanti dagli animali allevati (le sole emissioni dirette, quindi escludendo ad esempio tutto il peso di mangimistica o energia) con le risorse naturali che la superficie agricola italiana fornisce, lo studio mostra come agricoltura e zootecnia insieme creino un deficit fra domanda e offerta di risorse, consumando una volta e mezza le risorse naturali che i terreni agricoli italiani mettono a disposizione. Con un peso rilevante degli allevamenti che, per compensare le sole emissioni dirette, richiedono il 39 per cento della superficie agricola nazionale. In alcune Regioni, come la Lombardia, gli allevamenti richiedono il 140 per cento del territorio agricolo regionale per compensare le proprie emissioni zootecniche.
Tutto questo non può che avere effetti anche sulla nostra salute. Il mondo della scienza è ormai concorde nel riconoscere le principali cause di epidemie, come quella attuale, nella distruzione degli habitat naturali, in gran parte causata proprio dalla necessità di creare sempre più terreni agricoli per l’alimentazione animale. Nonostante ciò, la maggioranza dei parlamentari europei ha scelto di ignorare queste evidenze, con un testo che premia ancora una volta i sistemi di produzione intensivi a discapito del clima, dell’ambiente e delle medie e piccole aziende agricole.
Ora la palla passerà al trilogo, iniziato il 10 novembre, in cui saranno messe a confronto le proposte di Commissione europea, Parlamento europeo e Consiglio (composto dai governi nazionali) con lo scopo di arrivare ad un testo di PAC condiviso. La Commissione europea potrebbe ancora rigettare il testo votato dal Parlamento, facendo ripartire di fatto l’iter parlamentare. Senz’altro un’ipotesi remota, sulla quale si è però creata una campagna europea che ha già costretto la Commissione a esprimersi sul tema: una breccia è stata aperta, l’auspicio è che attraverso di essa si possa costruire un sistema agroalimentare realmente sostenibile.