È un rebus che la politica dovrà spiegare. O forse sarà travolto prima dalle novità giudiziarie. A ogni modo, seppur non ancora ufficiale, tutti gli indizi portano a ritenere che i ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti, con l’avallo si presume di Palazzo Chigi, abbiano dato l’ok al nuovo Piano economico finanziario (Pef) di Autostrade per l’Italia. Si tratta del documento che contiene investimenti, manutenzioni e pedaggi dei prossimi 5 anni, essenziale per dare un prezzo ad Aspi nella trattativa per la cessione del controllo a Cassa depositi e prestiti da parte di Atlantia e chiudere la ferita del Morandi.
Aspi ha presentato il Pef il 30 settembre, dopo una lunga interlocuzione con il ministero delle Infrastrutture, che lo ha poi girato all’Autorità dei Trasporti (Art) che deve esprimere un parere. L’Authority lo ha fatto a metà ottobre, con un documento durissimo a firma del presidente uscente Andrea Camanzi. Il parere fa a pezzi il Pef in più punti perché troppo generoso, in grado di garantire ad Autostrade di poter distribuire 21 miliardi di dividendi fino a fine concessione, più di quanto ha fatto finora con la gestione Benetton. La parte più rilevante riguarda l’aumento tariffario. In base all’accordo col governo, Aspi prevede un aumento automatico dei pedaggi dell’1,75 per cento all’anno per i prossimi 18 anni di concessione, mentre secondo il parere dell’Art dovrebbe essere dello 0,87%. La differenza è sostanziale. Senza entrare nei tecnicismi, l’impatto vale quasi 4 miliardi di ricavi attualizzati in meno, tali da ridurre di almeno di 3 miliardi di euro il prezzo di Aspi.
Il parere non è vincolante, ma i ministeri non potevano certo ignorarlo. Solo che l’accordo con Autostrade lascia perplessi: nel nuovo Pef l’aumento è sceso dall’1,75 all’1,67, una limatura che vale 320 milioni di ricavi in meno in 18 anni e quindi non cambia molto nella sostanza. Se fosse confermato, l’impatto sul prezzo sarebbe minimo, ma quello sugli automobilisti notevole (i pedaggi continueranno a salire di molto). Se fosse confermato, di fatto il parere dell’Art non sarebbe stato recepito in pieno. Spetterà al Comitato interministeriale per la programmazione di Palazzo Chigi decidere se va bene così. Poi servirà il via libera di Corte dei conti e Nucleo di valutazione Nars. Per ultimo andrà firmato l’atto aggiuntivo tra Mit e Autostrade che modificherà la concessione.
Atlantia ha dato a Cdp e ai fondi in cordata fino al 30 novembre per una nuova offerta “vincolante”. Cdp valorizza Aspi 8-9 miliardi, al lordo dei contenziosi legali. I soci di Atlantia ne vogliono 11-12. Un balletto che può durare a lungo, novità giudiziarie permettendo.