Più passa il tempo più il progetto “Rete unica” assomiglia a una tela di Penelope che boiardi protervi fanno e disfano mentre lo Stato brucia miliardi. Nella prima Repubblica le guerre dei manager pubblici trovavano sempre soluzione nella politica. Oggi non resta che la sfida perenne a chi è più furbo a scardinare la cassaforte dei risparmio postale: la Cassa depositi e prestiti.
A inizio 2015 Matteo Renzi ha obbligato l’ad di Enel Francesco Starace a sfidare Tim sulla rete in fibra. Starace ha obbedito e insieme a Cdp ha messo in piedi Open Fiber (50% a testa) che con ribassi stellari ha vinto i bandi pubblici di Infratel per cablare le aree a fallimento di mercato. In tre anni di lavori, Open Fiber è riuscita ad accumulare tre anni di ritardi, e la situazione peggiora. Infratel nei giorni scorsi gli ha spedito una lettera di fuoco spiegando che se va avanti così non si chiuderà nemmeno nel 2023.
I vertici di Open Fiber hanno reagito perdendo il controllo: “La fuga di notizie – ha detto la società – potrebbe essere strumentale alla luce delle più ampie e complesse dinamiche relative alla vicenda della cosiddetta rete unica”. Ma i dati Infratel sono pubblici. A oggi, la vendita della fibra è stata autorizzata in 1200 comuni sui quasi 7mila da cablare e i lavori si sono chiusi solo in 1500 cantieri. OF ha perfino accusato di conflitto di interessi il suo stesso progettista Italtel, perché ha Tim come cliente e l’ex monopolista lo ha scelto come advisor per valutare quanto vale Open Fiber. Se n’è accorta adesso?
Il progetto della rete unica prevede di fondere quella di Tim con quella di Open Fiber. Cioè una società sfibrata dalle scalate a debito dei privati con un’altra messa in piedi con soldi di partecipate pubbliche e miliardi di debito bancario per farle concorrenza. Cdp è azionista di entrambe, avendo rilevato il 10% di Tim per fermare i francesi di Vivendi (a oggi la perdita potenziale è di 500 milioni).
Serve un accordo. Ma nella guerra a chi è più furbo Starace vuole farsi strapagare il suo 50% di OF anche da Cdp. Se va bene, Open Fiber ripagherà fra una dozzina d’anni l’investimento ai suoi azionisti e gli italiani avranno la fibra ottica in tempi biblici. Ma al balletto dei boiardi poco interessa.