“Non riesco a immaginare che si possa rifiutare un investimento di 1,2 miliardi, finanziato privatamente da capitali esteri, in un momento come questo. Milano non può rimanere indietro. È un’ipotesi che rifiuto, la considero molto remota”: così ha dichiarato il 30 novembre Paolo Scaroni, presidente del Milan, a proposito del progetto del nuovo stadio di San Siro, con annessi grattacieli. Milan e Inter lo hanno proposto al Comune di Milano, che tra fine dicembre e inizio gennaio dovrà dire sì o no. “Se il Comune ci darà tutte le autorizzazioni, mi auguro di partire con i lavori già l’anno prossimo”, annuncia Scaroni. “Lo stadio potrebbe essere pronto per i Giochi olimpici invernali del 2026”.
Dunque il sindaco Giuseppe Sala – che si ricandidi o no – passerà alla storia come quello che ha accettato, o respinto, la grande speculazione immobiliare (privata) sui terreni (pubblici) che farà crescere a San Siro migliaia di metri quadrati di edificazioni, torri, grattacieli, hotel e spazi commerciali. Sta negoziando, in segreto, quanto lasciar costruire: indice edificabilità 0,90, chiedono le squadre; 0,35, vorrebbe il Piano di governo del territorio che vale per tutti gli altri operatori in città; 0,51, mercanteggia il sindaco, come in un suq dove si vendono tappeti.
Paolo Scaroni passerà invece alla storia come quello che copre e spinge la più confusa, pericolosa e meno trasparente delle operazioni finanziarie in corso a Milano. L’operazione stadio di San Siro è, innanzitutto, un gigantesco imbroglio: con la scusa dello stadio, Milan e Inter cercano di realizzare una colossale operazione immobiliare, abbattendo il Meazza e poi costruendo (oltre al nuovo stadio che sarà loro, in concessione, per 90 anni) 180 mila metri quadrati di spazi commerciali, 66 mila di uffici, 15 mila di hotel, 13 mila per intrattenimento, 5 mila di spazio fitness, 4 mila di centro congressi. Totale 283 mila metri quadrati di costruito, ricavi per le squadre di quasi 200 milioni di euro l’anno. Sfugge quale sia il beneficio pubblico, a parte una cinquantina di milioni di oneri d’urbanizzazione.
Ma l’operazione stadio è anche la più anonima e segreta delle manovre finanziarie. Che Sala lascia nelle mani – a dirlo è il presidente della Commissione comunale antimafia, David Gentili – di società (il Milan e l’Inter) di cui non conosciamo il vero proprietario. Il Milan presieduto da Scaroni è al 96 per cento di Elliott, il fondo “avvoltoio” fondato da Paul Elliott Singer, che raccoglie i miliardi di una moltitudine di investitori anonimi nel mondo. Ci spieghi Scaroni chi sono due dei membri del suo consiglio d’amministrazione, Salvatore Cerchione e Gianluca D’Avanzo. Sappiamo che controllano la società lussemburghese Blue Skye, la quale controlla, insieme a società del Delaware, la Project Red Black, che a sua volta controlla la Rossoneri Sport Investment, il veicolo usato dal cinese strano strano Yonghong Li per acquistare il Milan, che poi ha abbandonato nelle mani di Elliott che gli aveva prestato i soldi che non è riuscito a restituire.
Cerchione, nato a Napoli nel 1971 e oggi residente a Dubai, e D’Avanzo, nato a Napoli nel 1975 e residente a Londra, hanno cominciato a fare affari dieci anni fa a Napoli, gestendo crediti sanitari della Regione Campania. Non sono lontani dagli ambienti berlusconiani, visto che avevano come socio Giuseppe Cipriani, l’erede dell’Harry’s Bar, l’ex compagno di Nicole Minetti, ex igienista dentale di Berlusconi, ex consigliera regionale della Lombardia, ex coordinatrice delle ragazze del bunga-bunga.