È in fondo una questione di clan. Anzi, “clanica”, per usare le parole del rifondatore di Ordine Nuovo, Rainaldo Graziani, fulminato dal verbo radicale. Per i camerati la campagna per l’amnistia promossa da Rita Bernardini, impegnata nello sciopero della fame, è appena una sorta di passepartout. Un grimaldello per far uscire i neofascisti che ancora scontano la pena per reati di terrorismo e omicidio.
L’alleanza è nata sulla riva del lago di Varese, all’interno della cascina “La Corte dei Brut”, i bravi di manzoniana memoria. Un antico avamposto militare trasformato in ristorante, da almeno un paio di decenni punto di riferimento per tanti movimenti neofascisti. Qui, nel 2018, il padrone di casa Rainaldo Graziani, figlio di Clemente, cofondatore di Ordine nuovo insieme a Pino Rauti, offrì ad Aleksander Dugin la lampada di Yule, oggetto votivo delle SS, usata per festeggiare il solstizio di inverno. A fine agosto, Graziani, insieme all’inseparabile Maurizio Murelli – a capo del gruppo Orion, fedeli sostenitori prima dell’Iran e poi della Russia di Putin – hanno accolto sorridenti Rita Bernardini, Sergio D’Elia ed Elisabetta Zamparutti, radicali legati a Nessuno tocchi Caino. A suggellare l’alleanza una foto di gruppo, postata sui social.
Se quell’immagine è passata sotto silenzio tra i radicali, ha invece fatto un certo rumore nell’ambiente dei neri. Arriva novembre e la campagna di Rita Bernardini per “un provvedimento di amnistia e di indulto” entra nel vivo. Rainaldo Graziani annuncia pubblicamente su Facebook che parteciperà anche lui allo sciopero della fame. “Non si tratta mica della stessa che alzò un polverone in difesa dei sei rumeni che violentarono quella ragazzina di Guidonia, vero?”, gli chiede un utente su Facebook. E la risposta è rivelatrice: “Si tratta della Rita che sta rifacendo le chiavi della cella di Pasquale B. o di Egidio G.”, risponde Graziani, richiamando i nomi di Pasquale Belsito ed Egidio Giuliani. Belsito è stato condannato all’ergastolo in contumacia per costituzione di banda armata, concorso in attentato con finalità terroristiche ed è stato arrestato in Spagna nel 2001, dopo 20 anni di latitanza. Egidio Giuliani, ex Nar, è stato a sua volta condannato per l’omicidio di Fanella, il cassiere di Gennaro Mockbel rimasto ucciso in un agguato a Roma nel 2014. Il figlio del fondatore del Movimento politico Ordine nuovo – sciolto nel 1973 e indicato nei processi come la matrice ideologica della stagione delle stragi – ha poi spiegato che in fondo l’obiettivo per l’area neofascista è solo uno: “Io sono così preso dalla volontà di riportare a casa i ‘nostri’ amici che considero compagni di viaggio chiunque sia sulla stessa linea di intenti”. Insomma, dalle parti di Varese, tra lampade delle SS e cene tra camerati il pensiero va ai terroristi mai pentiti: “Vivo una dimensione clanica”, spiega.
Graziani è una figura centrale all’interno dei movimenti dell’estrema destra italiana fin dagli Anni 80. Trent’anni fa fondò a Roma il movimento Meridiano zero, che si autosciolse dopo l’emanazione della legge Mancino. Nel 2018, durante un incontro riservato, annunciò la rinascita dell’organizzazione fondata dal padre negli Anni 50: “Presiedo il centro studi Ordine nuovo, che è stato rifondato”. Da quel momento una serie di associazioni legate a Graziani hanno promosso i tour di Aleksander Dugin in Italia. “L’estrema destra sta diventando forte a livello di consenso, ma è alla ricerca di teorie – spiega al Fatto Matteo Albanese, professore a contratto di Storia dei partiti e movimenti politici dell’Università di Padova – e questa è sempre stata la funzione di Ordine nuovo. Puntano a ribadire un serie di concetti di tradizionalismo antidemocratico, per riempire il vuoto teorico della destra in Italia”. E, in attesa dell’improbabile golpe, puntano tutto sulla liberazione dei camerati. Una questione di clan.