L’inchiesta/2

Lega, soldi & poltrone: l’assalto alla sanità

I nominati e il “sistema del 15%”. Attivo fino al 2019. Così i “piazzati” pagano il Carroccio. Il meccanismo è ancora attuale: nei documenti inediti c’è traccia dei versamenti fino allo scorso anno

15 Dicembre 2020

I versamenti sono continuati almeno fino al 2019. E la lista dei nominati non riguarda solo la sanità lombarda, ma un pezzo enorme dell’economia italiana: partecipate di Stato, banche, società finanziarie, fondazioni, multinazionali dell’energia, società aeroportuali, aziende di trasporti. Il “sistema del 15%” è pervasivo, capillare e non è una abitudine che la Lega di Matteo Salvini ha abbandonato. È stato il commercialista Michele Scillieri a rivelarne l’esistenza ai pm di Milano nell’ambito dell’inchiesta sulla Lombardia Film Commission.

Ma grazie a documenti finora inediti e a diverse testimonianze raccolte, Il Fatto però è in grado di provare come quel meccanismo sia in realtà strutturato e ben collaudato all’interno del partito di Salvini ancora oggi. Sul giornale di domenica abbiamo svelato il meccanismo usato dal Carroccio per finanziarsi attraverso le nomine di manager e dirigenti sanitari in Lombardia tra il 2008 e il 2010. La regola è chiara, come scritto in una delibera del consiglio federale del 2001: “È dovere morale di quanti saranno nominati, di contribuire economicamente alle attività del movimento con importi che equivalgano, mediamente, al 15 per cento di quanto introitato”.

Qui non stiamo parlando di persone iscritte alla Lega, di parlamentari, consiglieri regionali o comunali. Si tratta di manager ufficialmente slegati dalla politica, scelti per guidare aziende pubbliche come quelle sanitarie.

Domenica abbiamo pubblicato un elenco interno al partito con 34 nomi di dirigenti sanitari lombardi che dal 2008 al 2010 hanno versato regolarmente soldi al Carroccio. Donazioni da 6-7 mila euro all’anno ciascuno, che messi insieme hanno permesso al partito di raccogliere circa 350mila euro nel triennio.

Le nuove carte analizzate permettono di raccontare che questi versamenti sono proseguiti fino a oggi. Lo dicono gli stessi bilanci della Lega. Prendiamo Mara Azzi, oggi direttore generale dell’Ats di Pavia. Tra il 2008-2010, quando era a capo della Azienda Ospedaliera di Desenzano del Garda, Azzi avrebbe versato 18 mila euro alla Lega, secondo un documento contabile del partito. Davvero Azzi ha donato soldi alla Lega? Alle nostre domande la dirigente pubblica non ha risposto. Impossibile trovare riscontri per quegli anni nei bilanci della Lega: il partito ha iniziato solo nel 2014 a pubblicare le liste dei suoi donatori a livello nazionale, e solo dal 2015 gli elenchi dei finanziatori delle varie sezioni regionali. Proprio dal bilancio della Lega Nord relativo al 2015 emerge però il nome della Azzi. In quell’anno, quando Salvini era già segretario federale, la dirigente sanitaria ha donato 12 mila euro al Carroccio.

Storia simile per Walter Locatelli, all’epoca direttore generale della Asl di Milano, oggi commissario straordinario di Alisa, l’Azienda Ligure Sanitaria della Regione Liguria, che gestisce tutte le cinque Asl liguri e l’ospedale San Martino. Locatelli ha sicuramente donato soldi alla Lega nel 2014: 6mila euro, dice il bilancio del Carroccio. Chi ha invece continuato a versare l’obolo senza soluzione di continuità è Mauro Borelli, da una vita dirigente sanitario in Lombardia, prima direttore generale dell’Asl di Lecco, poi di quella di Mantova, adesso dell’Asst Franciacorta. Secondo il documento contabile interno, Borelli avrebbe versato 18mila euro alla Lega tra il 2008 e il 2010. Contattato da Il Fatto per un commento, Borelli non ha risposto. Impossibile dunque sapere con certezza se il dirigente pubblico abbia versato soldi alla Lega in quegli anni. Di certo, però, lo ha fatto negli anni seguenti.

I rendiconti del partito dicono che in tutti questi anni Borrelli non si è mai scordato della sua donazione. Con una precisione svizzera, ha versato 6 mila euro all’anno, ogni anno, dal 2014 al 2019. Sempre la stessa cifra, la stessa versata al partito da molti suoi colleghi. Come Alessandro Visconti, tra il 2008 e il 2010 direttore amministrativo dell’Asl Milano, oggi salito di grado e diventato direttore generale dell’Asst Fatebenefratelli Sacco: nel 2015 e nel 2016 ha donato in tutto 12mila ero alla Lega, dicono i bilanci, mentre negli ultimi tre anni non c’è più traccia di suoi contributi. Chi non ha invece mai saltato un giro è Fulvio Edoardo Odinolfi, fino al 2011 direttore sanitario della Asl di Lecco, oggi direttore generale dell’Asst Ovest Milano. I bilanci pubblici della Lega dicono che Odinolfi dal 2015 al 2019 ha donato in tutto 33mila euro al partito. Come abbiamo raccontato domenica, né i vertici della Lega (Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti) né i cinque dirigenti sanitari citati hanno risposto alle nostre domande sul meccanismo del 15%.

Ieri ci ha però inviato una email uno dei cinque dirigenti: Alberto Zoli, tra il 2008 e il 2010 direttore sanitario della Asl di Lecco, oggi direttore generale dell’Areu, l’Azienda Regionale Emergenza Urgenza, l’unità di crisi presieduta da Attilio Fontana che si sta occupando dell’emergenza covid-19. Oltre a farci sapere di non aver più dato contributi alla Lega dopo il 2010, Zoli ha tenuto a precisare che quei versamenti non erano frutto di “una vera a propria richiesta”: era “consuetudine che i manager che aderivano al progetto della Lega sostenessero con una quota volontaria il partito. Avevo saputo di questa possibilità dall’allora capogruppo della Lega in Consiglio Regionale, che però non mi ha parlato di cifre, solo di opportunità su base volontaria, non certo obbligatoria”. Che cosa poteva succedere in caso di mancato versamento? “Non succedeva nulla”, è stata la risposta di Zoli. Una versione che non combacia con quella fornitaci da una ex segretaria della Lega, nell’amministrazione in via Bellerio per quasi 30 anni. Chiedendoci l’anonimato, la donna ha spiegato che il sistema del 15% nella pratica non funzionava davvero su base volontaria. “Tutti quelli nominati”, dice la fonte, “avevano l’obbligo morale di dare un tot alla Lega ogni anno, almeno quelli che venivano remunerati per quell’incarico. Chi non lo faceva riceveva una telefonata da Giampaolo Pradella, che si occupava allora degli enti locali della Lega, che gli diceva: ‘Guarda, non è arrivato il contributo, ricordati eh’. Insomma, in modo velato gli diceva: ‘Dai il contributo, altrimenti la prossima volta non vieni più nominato’”.

2- Continua

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