L’inquinamento dell’aria. Non più sconosciuto. Una rapida indagine su un portale dedicato indica che negli ultimi dieci anni sono stati pubblicati – su questo argomento – quasi un milione e mezzo di studi da gruppi di ricerca di ogni parte del mondo. Studi che hanno accertato fonti, composizione e impatto specifico sulla nostra salute dei principali inquinanti atmosferici sospesi nell’aria che respiriamo.
Un impatto che ogni anno causa in Italia – secondo i dati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente – un numero di morti premature superiore a quello causato nel nostro paese nel 2020 dalla pandemia. E le morti non sono la sola conseguenza dell’aria sporca. Accanto a queste stanno tanti nuovi malati di asma, di BPCO, cardiopatie, tumori, disturbi dell’apprendimento nei bambini e molto, molto di più…
È grazie agli studi sull’inquinamento che si è capito che, nelle città europee e quindi italiane, la parte preponderante dell’inquinamento proviene dal traffico. A Milano, solo per esempio, oltre il 70% degli ossidi di azoto e oltre il 45% del particolato proviene dal traffico. Questo inquinamento è ancora più pericoloso perché viene emesso dagli scarichi, viene prodotto per abrasione o risospeso, proprio di fianco a noi, a pochi metri dall’apparato respiratorio nostro o dei nostri bambini. E, infine, perché nelle città l’aria sporca moltiplica il rischio per la moltitudine di persone esposte, in uno spazio ridotto, producendo per moltiplicazione un impatto rilevante anche dove le concentrazioni fossero relativamente ridotte.
La mobilità nelle città e una buona qualità dell’aria è quindi, nel nostro paese, una vera priorità per salvare vite. Ancor di più oggi che ci servono polmoni in ottima forma per rispondere al rischio della pandemia che ha proprio i polmoni come bersagli e garantire a chi il Covid lo ha già avuto di riprendersi da infezioni respiratorie e polmoniti gravi.
Il traffico siamo noi. Ma, la pandemia lo dimostra, è la politica a guidare i nostri comportamenti. Non si riesce allora a comprendere la schizofrenia che rende i nostri amministratori e legislatori capaci di adottare misure stringenti di fronte alla pandemia ed essere, invece, praticamente imbelli ed inerti, e finanche nocivi, di fronte a un rischio che, in termini numerici e d’impatto, è per il nostro paese – ad oggi – altrettanto rilevante.
Se si chiudono negozi, uffici, finanche scuole per non diffondere la pandemia, perché la nostra politica è incapace di misurarsi – come pure è accaduto in tante capitali quest’anno – con altrettanto seri “lockdown delle auto” che servano a far assaggiare agli italiani che risiedono nelle grandi città qualche mese di mobilità dolce, liberando le strade dal traffico, facendo percepire il senso di sicurezza che libera la mente dei bambini, oggi assediati dalle auto persino sui marciapiedi, dando spazio alle bici che regalano attività fisica a costo zero, distanziamento e quindi sicurezza a tutti quelli – e non sono pochi – che mai oggi avrebbero il coraggio di sedersi su un sellino?
Perché nessuno dei nostri amministratori, nonostante la diffusa e rumorosa afflizione di questi giorni circa la capacità di carico del trasporto pubblico in epoca di pandemia, propone di dare al trasporto pubblico nelle città spazio libero, sottraendolo alla competizione con il traffico privato, consentendo a quello di superficie di offrire probabilmente il 30% dei percorsi in più allo stesso costo di oggi? Perché non si lancia una campagna per far sì che ragazzi e bambini siano in grado di andare a scuola in bici, sgravando al contempo il servizio pubblico, e invitando infine i cittadini a camminare, attività salutare e benefica?
Secondo un’indagine pubblicata pochi giorni fa, gli italiani sono la popolazione europea che nel 2020 post covid ha aumentato maggiormente l’utilizzo dell’auto privata, il 25% più di prima, quasi il doppio degli austriaci e ben di più di tutti gli altri. Ma il difetto sta nel manico.
La gestione della mobilità delle città è, lo sappiamo, materia faticosa che i politici aborrono per timore di perdere voti. Eppure chi di recente l’ha affrontata con coraggio dimostrando di aver a cuore la necessità di migliorare la qualità dell’aria e proteggere la salute dei cittadini (Hidalgo) ha vinto le elezioni. E poiché, secondo il celebre aforisma, il politico è colui che guarda alle prossime elezioni e lo statista colui che guarda alla prossima generazione, non vi è dubbio che l’Italia ha bisogno al più presto di veri statisti che consentano di liberare le città da una crisi ambientale che, nel nostro paese, si trascina ed ha, ormai, sembianze d’altri tempi.