Curve che salgono, che scendono, che si appiattiscono; crescita esponenziale, lineare, quadratica; mappe con zone rosse, gialle, arancioni. Una delle tante eredità di questo sfortunato 2020 sarà l’abitudine a confrontarci con grafici di ogni sorta.
Ad esempio, ci sembrerà sicuramente più facile leggere e interpretare correttamente la mappa di Climate Action Tracker, il think tank indipendente che analizza quanto efficacemente le azioni stiano agendo nel contrasto alla crisi climatica. Al primo sguardo il colpo d’occhio è impressionante. Svettano per primi i grandi paesi in grigio, ovvero quelli le cui politiche climatiche sono “criticamente insufficienti”: Stati Uniti, Russia, Turchia, Argentina, Arabia Saudita. Loro occupano l’ultimo posto di questa speciale classifica. Seguono in rosso gli “altamente insufficienti”, appena un gradino sopra gli altri: parliamo di Cina, Giappone, Indonesia, Sud Africa. Tutti paesi in via di sviluppo (con l’evidente eccezione del Giappone) in cui la questione ambientale fatica ad affacciarsi nel dibattito pubblico. A mancare è il più positivo dei colori: il verde. Quello scuro, riservato a quanti stanno reagendo davvero in conformità alle richieste della scienza, è totalmente assente. Nessun paese ha raggiunto quel livello. Il verde chiaro, secondo gradino del podio dedicato a quanti riescono almeno a rientrare nei target stabiliti dagli Accordi di Parigi, appare qua e là, ma non dove forse ce lo aspetteremmo: solo due stati africani, Marocco e Gambia, figurano in questa categoria. Anche l’India, a sorpresa, ottiene un buon risultato. E’ assieme al Costa Rica l’unico paese in giallo, cioè con politiche compatibili ad un aumento di “soli” 2°C rispetto ai livelli pre-industriali. Peggio dei tre nominati sopra, ma comunque meglio di tutti i paesi sviluppati.
E l’italia? Il nostro paese si trova nel mezzo. Zona arancione, quella che l’osservatorio definisce come “insufficiente”. A farci compagnia tutti i paesi europei – dall’Olanda delle bici alla Polonia del carbone – e altre grande nazioni come Australia, Brasile, Canada, Messico, Nuova Zelanda, Kazakistan.
Intendiamoci: questa classifica prende le mosse dai target degli Accordi di Parigi, il trattato per il contrasto alla crisi climatica siglato esattamente cinque anni fa sotto l’egida dell’ONU. Un testo di per sé lacunoso, per molti verso vago, non sufficiente ad affrontare la pienezza della questione. Ma ciò nonostante rimane il miglior accordo finora raggiunto, e la mappa che ne consegue è un buon indicatore per capire quanto e come il pianeta stia agendo.
E ad occhi attenti non saranno sfuggite tante informazioni anomale rispetto ai nostri comuni pregiudizi. Cina e India, comunemente additate come pecore nere dell’ambiente, vanno meglio degli Stati Uniti d’America. Le differenze spesso presentate come abissali tra Europa “verde” (Germania, Svezia, Olanda) e “grigia” (Polonia, Ungheria, i paesi mediterranei) si rivela di quasi nessuna importanza: tutti arancioni, tutti bocciati. I primi della classe, infine, sono paesi poveri, dimenticati dai media, eppure più che promettenti in questo campo. E così il Marocco prevede di convertire il 42% della sua produzione di elettricità alle fonti rinnovabili entro il 2020, e il 52% entro il 2030. Già oggi, peraltro, è al 35%, grazie a progetti come il Noor Ouarzazate, il più grande impianto solare al mondo, che genera abbastanza elettricità per alimentare due città delle dimensioni di Marrakech.
Il Gambia’s Nationally Determined Contribution, invece, mira a ridurre in dieci anni tra il 20 e il 30% delle proprie emissioni rispetto ai dati di inizio millennio.
Infine India e Costa Rica. Il primo ha stabilito l’obiettivo di generare il 40% della sua potenza attraverso le energie rinnovabili entro il 2030 – e visti i progressi potrebbe raggiungere l’obiettivo con anticipo. Il secondo punta ad una produzione di elettricità rinnovabile al 100% entro il 2021. Nel 2018 ha generato il 98% della sua elettricità da fonti rinnovabili, principalmente energia idroelettrica, per il quarto anno consecutivo.
Nei prossimi mesi, è la promessa del governo, tutte le regioni torneranno nella zona gialla, la meno restrittiva tra le aree previste per il contrasto alla pandemia. Per la fine del prossimo anno sarebbe bello tornare in una categoria sicura anche per quanto riguarda l’altra grande emergenza, quella climatica. Ci son riusciti paesi più piccoli e deboli di noi. Per il 2021, torniamo in zona verde!