“Fare le pulizie”, “Ubbidire”, “Andare al lavoro”, “Cucinare”, “Fare la spesa”, “Non fare i capricci”, “Tenere in ordine i giocattoli”. Qual è il compito di ciascuno all’interno di una famiglia? La madre, il padre, i figli? “Personalmente al massimo ritiro i panni e carico la lavastoviglie. Mio marito cucina e, se qualcuno ha bisogno di una camicia stirata, se la stira”. Tina Palatella è una donna che a un certo punto della sua vita ha preso baracca e burattini (quindi l’intero nucleo familiare) e si è trasferita lasciando la sua città di origine. Docente di scuola primaria, prima collaboratrice di dirigenti scolastici per numerosi anni, oggi tutor organizzatrice universitaria. Una vita dedicata all’insegnamento e alla ricerca. È per questo che non si spiega come possa essere stata fraintesa la pagina 11 del libro “Bravi cittadini si diventa – 1” (edito da La Nave dei Sogni, una piccola ma molto impegnata casa editrice trevigiana che, a differenza di altre, ha destinato all’educazione civica un volume per ogni anno di scuola primaria). Il volumetto è stato realizzato in collaborazione con la collega Adele De Paolis che ha un percorso professionale simile. Dodici “compiti” domestici da collegare ai tre componenti familiari. Sui social è scoppiato un putiferio, quella pagina è stata accostata ad altre del passato che contenevano frasi del tipo “La mamma stira, papà legge il giornale”. E giù accuse di maschilismo, di reiterazione di stereotipi, giù strali di genere. Ma in certi casi i giudizi risultano affrettati. “A parole nostre”, allora, abbiamo voluto vederci chiaro.
Dottoressa Palatella, i cinque volumi sono stati pubblicati dalla casa editrice appena è stato introdotto nella scuola primaria l’insegnamento dell’educazione civica (agosto 2019). Come mai le polemiche sono scoppiate solo adesso?
I volumetti sono stati acquistati sul sito della casa editrice da qualche centinaio di docenti già dai primi di ottobre e anche i nostri rappresentanti in quasi tutte le regioni di Italia riferiscono un più che buon successo di vendite. Credo che il domino di reazioni sia scaturito da chi, trovandosi il libro tra le mani, ha condiviso sul web impressioni secondo la propria prospettiva e interpretazione. Per carità, ognuno è libero di pensare come vuole; a tal proposito segnalo che non tutte le reazioni sono negative, tutt’altro. Ad ogni modo, credo che all’origine ci sia un grande malinteso.
Quale?
Che non si tratta di un esercizio, perché un esercizio prevede delle risposte corrette. Per questi volumetti non è stata nemmeno scritta la guida per gli insegnanti nella quale di solito sono indicate le soluzioni. Abbiamo preparato solamente una guida con il curricolo verticale della disciplina. Ciascun volume è aperto al libero utilizzo da parte dei docenti.
Se non è un esercizio, cos’è?
La pagina è uno spunto di riflessione, un’occasione didattica per far esprimere liberamente tutti in base al proprio vissuto. La finalità è quella di far emergere, attraverso il confronto, la consapevolezza della presenza nella società di una pluralità di modelli organizzativi familiari, tutti ugualmente validi. Il concetto è che, indipendentemente dai modelli che emergono durante l’attività, ogni componente del nucleo dà il proprio contributo, in base a ciò che sa e può fare, e questo si discosta assolutamente dallo stereotipo dei “ruoli predefiniti”.
Come dovrebbe funzionare, dunque?
Si propone l’attività ai bambini, i quali collegano le figure alle frasi in base al proprio vissuto: se Maria dirà che il suo papà lava i piatti e il compagno di banco se ne stupirà, si affronterà il tema della genitorialità e della ripartizione dei ruoli, o funzioni che dir si voglia, in casa. In fondo, la pagina riporta solo alcune delle tante attività che vengono svolte quotidianamente tra le mura domestiche, lasciando così spazi aperti di espressione e confronto.
Non in tutte le famiglie, per fortuna, è la sola mamma a stirare.
Esatto! Come dicevo, oggi esiste una pluralità di modelli familiari che non sto qui a elencare, il cui riconoscimento è una conquista di civiltà.
Ma in questo modo la comunicazione a proposito dei modelli familiari è demandata ai singoli insegnanti.
Chi è specialista sa come utilizzare quella pagina. Non a caso prima di queste polemiche avevamo ricevuto molti apprezzamenti e nessuno ha letto tra le righe ideologie di parte.
Ribadiamo: niente donna condannata ai lavori di cura, vero?
Mi ascolti, lei sta parlando con una donna che lavora da quando aveva 19 anni e che non lava i piatti (è mio marito che lo fa). Quando ho preparato quella pagina con la mia collega, abbiamo pensato ai collegamenti che avrebbero fatto i nostri figli. In casa nostra i ruoli sono interscambiabili, siamo tutti molto flessibili: chi si trova a cucinare, cucina; chi può spolverare, spolvera. Si collabora per e in armonia. Non solo sono fermamente convinta di ciò che le sto dicendo, ma è la mia vita che lo testimonia.
Le polemiche hanno riguardato anche parole dure, come “proibire” e “ubbidire”.
Sono termini che nella mia professione ho sentito ripetere dai genitori di tutti i tempi e sono patrimonio lessicale utilizzato quotidianamente dalle bambine e dai bambini. In un’altra mia pubblicazione ho acceso una luce sui diritti violati delle bambine e dei bambini.
Quindi nessuna marcia indietro?
Con l’altra autrice ci siamo messe subito in discussione pensando che forse avremmo potuto strutturare la pagina in maniera diversa, ma invece no, riteniamo non sia da correggere. Così com’è, la pagina lascia ampia libertà di utilizzo, di espressione e di espansione nelle molteplici direzioni in cui, come già detto precedentemente, si presentano i vissuti personali.