Letizia Moratti è diventata un’eroina dei social. Con parrucche e crinoline da Maria Antonietta, sulle pagine Facebook e nelle stories Instagram dispensa vaccini ai poveri come fossero brioches, ma solo dopo aver controllato il Pil. O distribuisce tessere sanitarie ai cittadini, verdi per quelli normali, oro o platino per i clienti “premium”.
Dovremo abituarci. Perché chi ha avuto l’ideona di andarla a risvegliare per tentare di farci dimenticare le esilaranti & drammatiche gaffe di Giulio Gallera ha ottenuto qualcosa di più che un semplice cambio cosmetico al vertice di un assessorato, necessario per nascondere i fallimenti degli amministratori lombardi nella gestione della pandemia. Ha dato nelle mani di Letizia Maria Brichetto Arnaboldi vedova Moratti il futuro della sanità lombarda e (forse) della Regione. Perché sarà lei, ora, a varare la riforma del sistema sanitario regionale dopo il fallimento del modello Maroni. E sempre lei sarà, nel 2023, il candidato naturale del centrodestra per diventare presidente della Lombardia, sostituendo il non indimenticabile Attilio Fontana.
La mossa di Matteo Salvini, che l’ha chiamata a sostituire Gallera, è stata, nello stesso tempo, un colpo di genio e una zappa sui piedi. Un colpo di genio perché gli ha permesso d’intestarsi il “rinnovamento”, il “ricambio”: la stessa squadra (a parte Gallera) responsabile della gestione dissennata della pandemia, dalle mancate zone rosse all’inutile ospedale in Fiera, dai camici del cognato ai ritardi nella somministrazione dei vaccini, ora si presenta come la compagine della riscossa. Una piccola purga, Gallera momentaneamente in Siberia a pagare gli errori di tutti, e avanti come prima. Ma Moratti è anche la zappa sui piedi di Salvini, che chiamandola a Palazzo Lombardia si è molto probabilmente precluso la possibilità di indicare nel 2023 un candidato leghista alla guida dell’area più ricca d’Europa: c’è già Letizia, subito nominata assessore alla Sanità e vicepresidente della Regione.
Due dossier cruciali, intanto, sono nelle mani di Maria Brichetto Arnaboldi vedova Moratti. Il primo è quello del contrasto al Covid-19, con la distribuzione di ristori, vaccini, brioches. Un giro di soldi milionario. Il secondo è la riforma del sistema sanitario regionale. Dopo il modello Formigoni, che ha aperto agli imprenditori privati, le cose sono state peggiorate dal modello Maroni, che ha decretato la preminenza dei grandi ospedali e l’indebolimento della sanità territoriale diffusa. Gli effetti di sono visti con l’arrivo del virus: l’eccellenza lombarda ha prodotto ospedali al collasso e pazienti abbandonati a casa. Come lo cambierà Moratti? Vedremo. Per ora – a parte le battute sui clienti “premium” e sulle tessere sanitarie platino – si può dire che la signora non è nota per l’attenzione alla sanità pubblica e ai pazienti poveri.
Il suo ritorno in scena ottiene un ulteriore effetto. Ricrea un asse dimenticato: quello con Giuseppe Sala, che in qualche modo è un suo figlio, una sua creatura. Fu Letizia Moratti, allora sindaco di Milano per il centrodestra, a chiamare nel 2009 uno sconosciuto manager uscito dalla Pirelli, Sala appunto, come direttore generale del Comune di Milano, cioè come capo della grande macchina amministrativa ambrosiana. Poi Sala andò a realizzare il grande sogno di Letizia Moratti, l’Expo 2015 che era riuscita a conquistare mettendoci, si dice, anche soldi di tasca propria (o meglio, del marito). Fu Sala che salvò Expo dalle sabbie mobili dei ritardi e dei litigi, anche a costo di forzature e falsi in atti pubblici come quello per cui è stato salvato dalla prescrizione.
Se Sala sarà riconfermato a Palazzo Marino e Moratti eletta a Palazzo Lombardia, si ricreerà nei prossimi anni la fantastica coppia della Milano “premium”.