Se le parole hanno un senso, soprattutto se pronunciate al cospetto del presidente della Repubblica, allora da oggi l’informazione mainstream che odia Conte deve accantonare la fantomatica ipotesi di un governo d’unità nazionale guidato da Draghi, da Cartabia o da qualche altra riserva di rango della Repubblica.
Ieri, infatti, i tre leader del centrodestra ricevuti da Sergio Mattarella hanno detto chiaro e tondo che se Conte non ce la fa, non c’è spazio per nessuna altra formula e che si deve andare alle elezioni anticipate. L’assertività avrebbe colpito molto il capo dello Stato, in un clima che è stato definito da pre-consultazioni. Finanche il forzista Antonio Tajani, presunto europeista e moderato, ha escluso ogni altra strada, compresa quella della fatidica maggioranza Ursula.
Paradossalmente il pronunciamento della destra converge con quello dell’ideologo dem Goffredo Bettini che, sempre ieri, ha spiegato che l’alternativa a Conte sono le urne. Certo, nel caso dei giallorosa, sventolare il voto nella prossima estate ha anche un valore tattico, per piegare gli aspiranti Costruttori ancora indecisi. Ma le difficoltà che stanno incontrando il premier e il suo governo in queste ore di trattative (ieri era il secondo giorno dopo la doppia fiducia parlamentare di lunedì e martedì) fanno comparire all’orizzonte di questa legislatura lo spettro delle elezioni anticipate.
Insomma, questo convincimento sta maturando in quasi tutti gli attori della crisi, tranne ovviamente i vari cespugli che vanno da destra a sinistra (l’Udc, i totiani, ovviamente i renziani). Zingaretti e Di Maio già l’hanno detto in tempi recenti e anche Conte, seppur scettico sui seggi aperti durante la pandemia, alla fine potrebbe capitalizzare la sua popolarità: una sensazione che più di un suo interlocutore istituzionale ha avuto.