Il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, e il suo assessore alla Sanità, Alessio D’Amato, sono indagati dalla Procura di Roma per abuso d’ufficio, insieme ad altre otto persone. L’inchiesta riguarda le nomine, formalizzate a novembre 2019, dei direttori amministrativi delle dieci Asl laziali, incarichi preceduti da una determinazione regionale della direzione regionale salute, che ha modificato i criteri per l’individuazione dei dirigenti e allargato le maglie dei requisiti. Oltre a Zingaretti e D’Amato, sono iscritti nel registro degli indagati anche il direttore generale uscente del Policlinico Umberto I, Vincenzo Panella, e l’attuale dg della Asl Roma 6, Narciso Mostarda. Quest’ultimo, il 24 novembre, era considerato in pole position per il ruolo di nuovo commissario della sanità in Calabria, nomina poi saltata in extremis. Nei giorni scorsi, gli indagati hanno ricevuto l’avviso di proroga delle indagini di altre sei mesi.
L’inchiesta dei magistrati romani prende le mosse da due esposti presentati dal consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Antonello Aurigemma, che ha contestato l’individuazione dei direttori amministrativi dell’Umberto I e dell’Asl Roma 6. I pm hanno poi allargato le verifiche alle altre aziende sanitarie. L’ipotesi avanzata nella denuncia è che senza la determina G14590 de 25 ottobre 2019 – firmata dall’allora direttore della sanità laziale, Renato Botti – alcune delle nomine nelle Asl “non sarebbero mai state consentite dalla legge nazionale”. Rispetto alla normativa nazionale (decreto legislativo 502/92), l’atto regionale ha eliminato dai requisiti i 5 anni di esperienza in “strutture sanitarie pubbliche o private”, trasformati in un più semplice “svolgimento di qualificata attività di direzione tecnica o amministrativa”. L’ufficio stampa della Regione Lazio, contattato dal Fatto, parla di “atto dovuto” in virtù di un prolungamento di un’indagine in corso e di “massima fiducia della magistratura”. Anche l’avvocato Alessandro Benedetti, che difende D’Amato, sottolinea come “un esposto presentato da un autorevole consigliere regionale meriti sempre approfondimenti da parte dell’autorità giudiziaria”. Più combattivo Vincenzo Panella, direttore generale uscente dell’Umberto I, finito sotto indagine: “l’inchiesta nasce da un esposto che non sta in piedi”, presentato “per motivi politici”, ha detto. E ha aggiunto: “Appena riceverò il decreto di archiviazione, procederò con una querela per calunnia”.