Bisogna andare a Rodi per capire la storia di Sami Modiano, 90 anni, italiano, Cavaliere di Gran Croce per nomina del presidente Mattarella, nato nel 1930 quando l’Isola delle Rose era da sette anni ufficialmente parte della nostra nazione, espulso dalla scuola a 8 anni dagli italiani perché ebreo, deportato il 23 luglio 1944 dai tedeschi. La scelta di ripubblicare una nuova edizione per le edicole di questo bellissimo libro uscito la prima volta nel 2013 per Rizzoli, è figlia di un documentario e di un incontro, proprio a Rodi. Il documentario è quello di Walter Veltroni, che intervistò a lungo Sami per un film trasmesso nel 2018. La visita è quella fatta, dopo aver visto il film, con i miei figli, il 26 agosto 2019, alla Sinagoga di Rodi.
Sami e la moglie Selma quel giorno, come ogni mattina, ogni estate da molti anni, attendevano i visitatori. Alcuni arrivano in ciabatte come si va a un qualsiasi museo per trascorrere una mattina fresca prima del bagno. Dopo pochi minuti di racconto nella Sinagoga però cala un silenzio assoluto. Si sente solo la voce di Sami e il rumore di un ventilatore arrugginito. Più Sami parla della sua comunità, della sua infanzia e di quel ragazzino cacciato da scuola e deportato con il padre Giacobbe e la sorella Lucia, che da Auschwitz non sono tornati, più si capisce il titolo del libro Per questo ho vissuto. Ovunque lo si ascolti, che sia nelle scuole, dove migliaia di studenti ogni anno scoprono la Shoah dalla sua voce, che sia ad Auschwitz, dove accompagna le scolaresche o lì nella Sinagoga di Rodi, dove il padre lo tenne per mano 80 anni fa, Sami ha un dono magico: fa rivivere chi è stato meno fortunato di lui. Chiunque abbia ascoltato il suo racconto si deve sentire un privilegiato. Per lui eravamo una famigliola di illustri sconosciuti, eppure quel giorno a Rodi ci ha accolto come fratelli. Alla fine della visita, dopo due ore piene di senso, emozione e commozione, ci ha chiesto: “Dove andate a mangiare ora?”. Così, dopo averci raccontato l’ultima volta che ha visto la sorella a Birkenau, ci ha mostrato la strada per la migliore pizzeria della città. Siamo rimasti a guardarlo, mentre rientrava in Sinagoga, a bocca aperta, come se avessimo avuto un’apparizione. Leggendo la dedica che ci aveva appena fatto sul suo libro (firmata “Samuel Modiano, sopravvissuto a Birkenau e Auschwitz Mai più B7456” e poi l’augurio “Mazal Tov”) ho pensato che bisognava fare qualcosa per trasmettere il suo messaggio. Perché, come ha scritto Massimo Gramellini, quando Sami si è fatto riprendere in tv per ‘sponsorizzare’ il vaccino contro il Covid, è davvero “come se con lui si fosse vaccinato tutto il Novecento”.
Il Covid ha cambiato la vita di Modiano. Quel vaccino contro l’antisemitismo, il razzismo e l’ignoranza non può più girare le scuole o salire con i treni della memoria a Birkenau. L’altro virus lo ha costretto a una forzata quarantena insieme all’amata moglie Selma. La scelta di distribuire, con l’avvicinarsi della Giornata della Memoria del 27 gennaio (il giorno del 1945 in cui Sami fu liberato dai russi), in allegato al Fatto Quotidiano in edicola una nuova edizione del libro Per questo ho vissuto, la mia vita ad Auschwitz-Birkenau e altri esili, in coedizione Paper First-Bur Rizzoli a un prezzo basso (8,90 più il prezzo del nostro giornale), vuol essere il nostro piccolo contributo al vaccino contro quel maledetto virus più resistente del Covid. Rispetto all’edizione originale presente in libreria, quella che troverete in edicola è arricchita da una bellissima prefazione di Enrico Mentana e dalla preziosa postfazione di Umberto Gentiloni, professore di Storia contemporanea alla Sapienza. La nuova copertina (di Lorenzo Sansonetti) rende bene il senso: in primo piano c’è Sami. Alle sue spalle, dietro il filo spinato, la foto dei suoi coetanei che non sono tornati. Nel libro Sami spiega: “Io oggi parlo per loro”.