È uno dei lati più oscuri collegati alla pandemia. E anche dei più terrificanti. I primi segnali sono emersi immediatamente, già nelle rilevazioni del 2020, quando s’è scoperto che l’incidenza dei “reati invisibili”, a partire dalla pedopornografia, ma non solo, erano quasi raddoppiati. Le cronache degli arresti sono sempre più frequenti. Ieri un caso a Rimini. Il 15 gennaio a Cagliari, dove è finito in manette un ufficiale della Guardia di finanza: nei suoi computer custodiva migliaia di filmati e foto con adolescenti e bambini. Lo schema è sempre lo stesso: un archivio alimentato grazie allo scambio in Rete. La Rete, il mare profondo dal quale emergono immagini di bambini, a volte di pochi mesi, vittime di violenze su violenze. Sempre il 15 gennaio, a Perugia viene arrestato un altro uomo, un 53enne in possesso di decine di migliaia di file. E tutto questo, i cosiddetti “reati invisibili”, avviene regolarmente nel luogo che dovrebbe essere il più protetto, soprattutto per un bambino: all’interno delle mura domestiche. Poi viaggia alla velocità della luce in Internet.
Il contesto sociale in cui ci costringe il Covid-19 ha inasprito la violenza verso i minori. Sono aumentati anche gli episodi di lesioni e sottrazione di minori nei casi di separazioni burrascose. La realtà supera l’immaginazione: “In moltissimi casi – spiega un investigatore – e soprattutto nel periodo del lockdown, al pronto soccorso arrivavano minori, anche piccolissimi, per aver ingerito casualmente droga, qualsiasi droga, trovata dentro casa”. L’ultimo caso noto alle cronache risale a pochissimi giorni fa: un bambino di un anno è finito in ospedale in preda a un attacco epilettico. Aveva ingerito cocaina.
Il prefetto “ecco come controlliamo la rete”
La preoccupazione degli inquirenti è dunque altissima. L’Organismo permanente di monitoraggio e analisi, costituito all’indomani dello scoppio della pandemia di Covid-19, su input del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, già nell’ottobre 2020 ha stilato un report sui reati che riguardano i minori. “Il periodo del lockdown – spiega il prefetto Vittorio Rizzi, vicedirettore generale della Pubblica Sicurezza, che presiede l’Organismo – ha costretto la popolazione a rivedere le proprie abitudini in numerosi ambiti, comportando necessariamente uno spostamento di molte attività sulla Rete. Ciò ha fatto registrare anche una notevole presenza di minori online con relativo incremento, in tale ambito, di fattispecie delittuose specifiche. Fin dall’inizio della diffusione pandemica, la Polizia Postale e delle Comunicazioni del Dipartimento della P.S. ha intensificato il monitoraggio della Rete, con lo scopo di scongiurare l’aumento dei reati in esame, e aumentato l’impegno volto all’individuazione dei siti che contengono materiale pedopornografico, da inserire nella black list, gestita dal Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online, il cui accesso viene inibito – con modalità diverse a seconda dell’ubicazione dei server utilizzati – agli utenti Internet attivi sul territorio italiano”.
I dati il numero di indagati è aumentato del 61%
La pedopornografia ha registrato un boom di inchieste e, tra le iscrizioni nel registro degli indagati, non sono mancati dei minorenni. Tra il primo gennaio e il 31 ottobre 2020, abbiamo assistito a un incremento del 74 per cento dei casi trattati. Il numero degli indagati è cresciuto del 61 per cento. E ovviamente stiamo parlando soltanto di quel che è emerso grazie alle indagini. E se durante il lockdown del marzo scorso la curva di questo genere di reati era ovviamente in discesa, con la riapertura il fenomeno è esploso. La fotografia nazionale si rispecchia, nei fatti, nei dati delle Procure distrettuali. Come quella di Roma, dove negli anni 2019-2020 c’è stato un incremento del 40,5 per cento delle iscrizioni per reati di pedopornografia, con 331 indagati nel 2020 rispetto ai 236 del 2019. Quando, durante il lockdown, il fenomeno sembrava aver subito una battuta d’arresto, in realtà era solo apparenza. Il risultato di due circostanze: da un lato, magistratura e investigatori che si preparavano ad affrontare un nuovo modo di svolgere le indagini, sperimentando diverse metodologie (soprattutto a distanza). Dall’altro, non potendo uscire di casa, sono state presentate meno denunce. Superata questa fase, l’esplosione di casi. E il tutto si fa ancora più inquietante quando pensiamo che a commettere il reato a volte sono dei minorenni.
Per comprendere quanto sia vasto il mare in cui pescare immagini di questo tipo basti pensare che, nel solo 2020, in Italia sono stati oscurati 2.442 siti. In una sola indagine, quella condotta dalla Procura di Milano che ha individuato una rete che andava dai Paesi africani alle Filippine al Sudamerica, uno degli arrestati era in possesso di ben 30.800 file di immagini raccapriccianti. Soltanto in Sardegna, nel 2020, il compartimento Polizia Postale ha sequestrato il 286% di giga di file pedopornografici in più rispetto al 2019.
I casi anche più reati di istigazione al suicidio
I dati raccolti a livello nazionale dagli investigatori – l’Organismo è peraltro una struttura interforze che comprende anche l’Arma dei carabinieri e la Guaria di Finanza – spiegano da soli la portata del fenomeno. Concentriamoci solo nei mesi che vanno dal 1° marzo al 31 maggio, quelli del lockdown. Nel 2020 sono stati 503 i minori vittime dei reati di maltrattamento contro familiari, negli stessi mesi del 2019 i casi registrati erano 486. E sono solo i casi scoperti. Ma vuoi per la maggiore permanenza in casa (anche con le scuole chiuse) e per la presenza sempre più prepotente del Web, i minori non sono solo vittime, ma a volte diventano carnefici.
Anche in questo caso, i dati registrano un aumento degli episodi in cui è il minore stesso a commettere reati. I periodi di riferimento sono sempre quelli della chiusura totale. E così, da marzo a maggio 2020, per detenzione di materiale pornografico, sono stati segnalati anche 15 minori. Negli stessi mesi del 2019 se ne contavano nove.
In aumento anche le segnalazioni per diffusione di immagini sessualmente esplicite. E in 7 casi ci sono state denunce per minori accusati di istigazione al suicidio. Nei tre mesi del 2019 erano zero. Anche la pornografia minorile è cresciuta: dai 21 casi del 2019 si è arrivati a 25 casi nel 2020.