Tentennamenti

Aborto farmacologico nei consultori: il Lazio “determina”, ma non impone

La Regione guidata da Nicola Zingaretti recepisce le nuove linee guida ministeriali sulla RU486, però evita di “deliberare”: significa che nessuno impone alle strutture di organizzarsi, di formare i medici, di acquistare gli ecografi. Né tantomeno l'iniziativa viene pubblicizzata. Eppure, si legge nel documento, “il metodo è sicuro ed efficace”, e fa risparmiare moltissimo alla sanità pubblica

3 Febbraio 2021

L’aborto farmacologico ora possibile nel Lazio anche nei consultori e negli ambulatori? Certo, si tratta di una decisione positiva, che porta la regione ai livelli dell’Europa, dove il raschiamento in ospedale è davvero l’ultima spiaggia. E tuttavia perché fare, invece di una delibera vera e propria, una determina, che non ha lo stesso valore impositivo e non prevede alcuna sanzione per chi non farà nulla?”. È amareggiata Lisa Canitano, presidente della onlus “Vitadidonna” e membro della Rete italiana contraccezione e aborto “Pro Choice”. La Regione Lazio, con una determina del 31 dicembre scorso, ha deciso che l’aborto farmacologico – effettuato con l’assunzione del mifepristone (Ru486), e la somministrazione a domicilio delle prostaglandine a 48 ore di distanza – si potrà fare non solo in day hospital, ma anche nei consultori o ambulatori pubblici. La decisione fa seguito all’aggiornamento delle linee guida del ministero (le ultime risalivano al lontano 2010) nell’agosto del 2020, che hanno esteso da 49 giorni a 63, cioè nove settimane invece di sette, il periodo in cui l’aborto farmacologico è possibile (in ospedale) e hanno ampliato le strutture in cui può essere praticato fino a 49 giorni, inserendo ambulatori pubblici e consultori. Nella determina si legge infatti che “il metodo farmacologico è sicuro ed efficace e può essere utilizzato, oltre che per l’interruzione volontaria anche nel trattamento di varie condizioni cliniche quali l’aborto spontaneo, l’aborto incompleto, la morte fetale intrauterina”. Lo stesso documento ricorda inoltre che l’Oms sottolinea come l’aborto farmacologico possa essere praticato in sicurezza anche da medici non specialisti o ostetriche e infermieri e prevede anche l’eventuale possibilità di una gestione completamente da remoto, con servizi di telemedicina, come avviene già in alcuni paesi.

Aborti farmacologici fermi al palo e donne non informate

“Si tratta di un fatto positivo, lo ripeto, d’altronde mentre altrove si fa l’aborto telematico qui ancora combattiamo con chi crede che la pillola del giorno dopo o spirale siano forme di aborto e con assessori leghisti, come in Umbria e nelle Marche, che chiudono a questa possibilità”, continua Lisa Canitano. “Ma il problema non è solo che non c’è stata una vera delibera, ma anche che l’estensione dell’aborto farmacologico ai consultori non è stata messa tra gli obiettivi dei direttori generali, che dunque possono tranquillamente non darle seguito; ancora, mentre si demanda alla Asl di organizzare tutto, non si dice cosa succederà se la Asl non fa nulla. Insomma non c’è alcuna sanzione: ma non metti né sanzioni né obiettivi, perché mai i consultori si dovrebbero muovere? Una cosa simile era successa, sempre nella regione Lazio, quando si disse che i ginecologi nei consultori non potevano rifiutarsi di dare contraccettivi pre e post coitali: ebbene, ad oggi ci sono consultori dove la spirale non viene messa, tanto non c’è alcun controllo, altri in cui le donne se li devono comprare. E ricordo che una spirale può arrivare a costare anche 240 euro”.

A parlare chiaramente sono anche i dati. Infatti, se si comparano le percentuali delle donne che hanno praticato l’aborto farmacologico, introdotto in Italia nel lontano 2009, rispetto a quello chirurgico, il paragone con l’estero resta impietoso: 83% in Inghilterra, 70% in Francia, 74% in Svizzera, 92,4% in Norvegia, 90% in Svezia, 98% in Finlandia e quasi sempre in regime ambulatoriale. Nella regione Lazio, le interruzioni di gravidanza sono state 8.287, ma la percentuale di aborto farmacologico è del 26,2% del totale (anche se in alcuni centri, come il San Camillo, si è arrivati a 916 farmacologici su 2020 interventi). Com’è possibile? “Semplice, nel nostro Paese non c’è un’informazione seria, le donne – persino quelle laureate – sono poco formate, non sanno che esiste l’aborto farmacologico, eppure per l’ospedale si tratta di un risparmio enorme, visto che l’aborto farmacologico costa circa 500 euro contro quasi duemila del chirurgico”, dice la dottoressa Giovanna Scassellati, responsabile della UOSD Salute Riproduttiva dell’Ospedale San Camillo.

Contraccezione, sempre a pagamento, anche per gli indigenti

L’assenza di obblighi e sanzioni per la mancata estensione dell’aborto farmacologico ai consultori diventa ancora meno comprensibile se si va a vedere cosa prevede in dettaglio la nuova norma: “Nel testo si stabilisce”, continua Canitano, “che ci debba essere un ginecologo per cinque giorni in consultorio, cosa che in nessun consultorio al momento avviene; che i medici facciano l’aggiornamento, cioè un corso di formazione, ma non si dice entro quando deve essere fatto; infine si prevede che ci sia un ecografo, cosa che nessun consultorio ha. Insomma, a me pare la classica decisione formale che rischia di essere svuotata a livello sostanziale, tanto che non la si pubblicizza neanche: pensi che sulla pagina della Regione ancora non si parla di niente di tutto questo”. E poi esiste un altro problema. Anche se la determina insiste sull’importanza della contraccezione post aborto, nella regione Lazio, come in quasi tutte le regioni italiane, non esiste alcune forma di contraccezione gratuita, neanche per chi è indigente. “Qui al San Camillo inseriamo spirali e impianti sottocutanei anche alle donne che hanno abortito, circa un terzo, e sono molto efficaci”, continua Giovanna Scassellati. “Purtroppo le persone non fanno contraccezione, usano il coito interrotto, non prendono la pillola sia per paura degli ormoni – ma oggi i dosaggi sono bassissimi – sia perché non hanno i soldi per comprarla, una pillola può costare anche 17 o 18 euro al mese. Insomma una contraddizione: abbiamo la contraccezione a pagamento e l’aborto gratuito”. Gratuito, in realtà, non per tutte. Sempre nella determina, infatti, si prevede anche un’opzione di donne “paganti”. Ma cosa vuole dire? Lo spiega, concludendo, Lisa Canitano. “Nel nostro sistema ci sono alcune figure intrappolate dalla burocrazia che non ricevono assistenza sanitaria, ad esempio chi entra col visto turistico. Ma pensiamo a una donna colombiana entrata con questo tipo di visto, che lavora in nero, se resta incinta deve pagare l’aborto. Allo stesso modo una donna romena, che abbia perso il lavoro in Italia, perde anche l’assistenza sanitaria, a meno che non se la paghi. Ovviamente la cosa assurda non è tanto che alcuni debbano pagare per prestazioni sanitarie, ma il fatto che l’aborto è una prestazione di natura emergenziale, esattamente come il parto o l’assistenza dopo un incidente stradale, in altre parole non si può negare a nessuno, deve essere universale. Se una donna non ha 1800 euro per il raschiamento o oltre 500 euro per il farmacologico cosa fa? Per questo colgo l’occasione per dire a tutte le donne che fossero in questa condizione di rivolgersi a noi, cioè a Vitadidonna. Le aiuteremo in tutti i modi possibili”.

Ti potrebbero interessare

Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione