Il Consiglio di Stato il 28 gennaio ha deciso che possono riprendere gli esperimenti sul cervello dei macachi chiusi nello stabulario dell’Università di Parma per il famigerato progetto light-up ad opera dell’università di Torino. Dopo 2 anni di battaglia, il contesto giuridico ha votato per la loro morte.
Abbiamo combattuto una battaglia contro i giganti favorevoli alla sperimentazione animale, una lunga lotta con cui abbiamo svelato ciò che accadeva in quei laboratori. Ci sono voluti mesi solo per ottenere la descrizione del progetto e all’inizio ci avevano risposto che nemmeno esisteva. Leggendo il protocollo ci siamo subito accorti che i criteri previsti dalla normativa non erano stati rispettati, fatto che continuiamo a ribadire, tanto più con l’accoglimento da parte del Consiglio di Stato dei nostri rilievi sui report sulla sofferenza degli animali e che, ora, potremo rendere pubblico nei particolari. In questa importante campagna d’informazione e denuncia, numerosi esperti scientifici e legali hanno sostenuto la richiesta LAV di fermare la sperimentazione e liberare i macachi. Psicologi, medici, veterinari, primatologi, contrari a questo esperimento per ragioni scientifiche, e non ideologiche come continuano a sostenere i fautori della sperimentazione animale. Il Consiglio di Stato ha nei mesi scorsi sospeso lo studio “Light-up” per ben due volte, fatto unico nella storia del nostro Paese, sottolineando che non era stata sufficientemente argomentata la impossibilità di ricorrere ad altri metodi, e che l’eventuale perdita dei fondi legati al progetto era secondario “rispetto alla cecità provocata in sei esseri senzienti, con indubbia sofferenza”. Perché ricordiamo che questo singolo progetto ha ricevuto ben 2 milioni di euro da parte dell’ERC, mentre in Italia, ad oggi, si lotta perché la stessa cifra venga resa disponibile per tutta la ricerca sulle alternative in quanto, al momento, non esiste nessun sostegno economico a tali modelli innovativi e senza animali lasciando il principio di legge per il quale sono prioritari, totalmente inadempiuto.
Non ha perso solo la LAV, e gli oltre 440.000 cittadini che hanno aderito alle nostre richieste, ma ha perso tutta la ricerca, ha perso l’Italia dove si continua a voler difendere una sperimentazione fuorviante, dispendiosa e ancorata al passato, a discapito del diritto e della vita di tutti e dei metodi innovativi di ricerca. Ma questo risultato certo non ci sorprende, viste le intimidazioni e le pressioni che ha ricevuto persino il Presidente del più alto grado giurisdizionale, un fatto gravissimo che ha calpestato ogni diritto costituzionale e il comune senso di dignità e rispetto.
Per capire il grave danno, va reso noto come la sperimentazione animale fallisca in oltre il 95% dei casi; non è possibile continuare a difendere un modello che statisticamente è chiaramente la strada sbagliata, come dimostrano numerose pubblicazioni e l’intero orientamento scientifico internazionale. Persino le aziende farmaceutiche ne sottolineano la debolezza: “Lo sviluppo di farmaci sicuri ed efficaci è attualmente ostacolato dallo scarso potere predittivo degli esistenti modelli preclinici animali che spesso portano al fallimento dei composti farmacologici nel loro sviluppo finale. Dato l’enorme costo e il considerevole tempo che comporta lo sviluppo dei farmaci, le principali società farmaceutiche e le agenzie di finanziamento governativo stanno iniziando a riconoscere l’esigenza cruciale di nuove tecnologie in grado di prevedere in modo rapido e affidabile negli studi preclinici la sicurezza e l’efficacia dei farmaci negli esseri umani” (Dr. Anthony Bahinski, Global Head of Safety Pharmacology at GlaxoSmithKline, GSK, una delle più importanti aziende farmaceutiche al mondo).
Le specie su cui si sperimenta hanno diversa anatomia, struttura, funzione degli organi, metabolismo e vie di assorbimento, genetica, meccanismo di riparazione del DNA, ciclo cellulare e altri innumerevoli fattori. Inoltre, la malattia viene ricreata artificialmente e non è paragonabile a quella insorta naturalmente nella nostra specie con cui condivide una insufficiente “simile” sintomatologia, oltretutto indotta in un gruppo omogeneo (ad esempio maschi di ratto adulti) che non risponde minimamente alla varietà di sesso, età e condizionamento ambientale a cui siamo esposti.
La stessa Commissione europea, nel un recente convegno “Towards replacement of animals for scientific purposes”, ha voluto organizzare 2 giornate di formazione sottolineando la necessità di superare il modello animale, chiarificatrici le parole di Virginijus Sinkevičius, Commissioner Environment, Oceans and Fisheries -DG ENV, in cui ha affermato come la riduzione degli animali sia un target dell’Unione Europea come lo sono i fondi per sostenere i metodi alternativi, dobbiamo accelerare il processo e potenziare gli approcci innovativi oltre alla trasparenza anche per aumentare la credibilità scientifica verso i cittadini.
Pretendere una ricerca diversa non è una battaglia degli “animalisti, ma un dovere di ogni ricercatore e un diritto di tutti i cittadini che con le tasse finanziano, inconsapevoli, la sperimentazione animale soprattutto a discapito dei malati: “La storia della ricerca sul cancro è stata una storia di cura del cancro nel topo […] Abbiamo curato topi dal cancro per decenni, e semplicemente non ha funzionato negli esseri umani” (Dr. R. Klausner, direttore del National Cancer Institute).
*responsabile LAV ricerca senza animali