36,6 miliardi di euro. È questo il prezzo che paghiamo ogni anno in Italia per il consumo di carne rispetto agli impatti su ambiente e salute. Il calcolo è stato fatto da Demetra, società di consulenza nella ricerca scientifica, su richiesta della Lav, ed è una prima assoluta: mai prima d’ora i moniti degli scienziati sulle conseguenze negative delle proteine animali erano state tradotte in numeri. Un rapporto (presentato oggi in partnership con ilfattoquotidiano.it) che è destinato a far discutere, visto che è in corso in queste ore una guerra a distanza fra il ministro della Transizione ecologica Cingolani, che ha invitato a “diminuire la quantità di proteine animali sostituendole con quelle vegetali”, e l’industria zootecnica, che ha difeso l’allevamento italiano sostenendo che sia “tra i più sostenibili al mondo”.
Il team di ricerca di Demetra com’è arrivato a calcolare questa cifra, che supera di gran lunga una finanziaria dei tempi pre Covid? In Italia vengono macellati quasi 600 milioni di animali ogni anno, e ogni italiano non vegetariano consuma 128 grammi di carne al giorno. L’analisi prende in considerazione soltanto le quattro tipologie di carne più diffuse (bovino, maiale, maiale lavorato e pollo), e calcola le emissioni in tutte le fasi di lavorazione e il danno sanitario associato al consumo rispetto a diverse patologie. Si scopre così che il prezzo più alto lo paghiamo per i salumi e la carne di bovino (19 euro al chilo), segue la carne di maiale non lavorata (10 euro al chilo) e per finire la carne di pollo (5 euro al chilo). Il danno generato dal consumo di carne pro capite si attesta quindi, in una stima conservativa, sui 605 euro annui.
Dalla ricerca emergono delle curiosità. Per esempio che a generare i maggiori costi sulla collettività sono i salumi, dato l’elevato consumo e gli alti costi sanitari rispetto agli altri tipi di carne (le malattie comunemente più associate sono quelle cardiovascolari e il diabete di tipo 2). Il prosciutto crudo inquina più di quello cotto, perché nella fase di lavorazione per produrne 100 grammi viene emesso il quintuplo di CO2. La carne maggiormente responsabile per i pesticidi è quella di pollo, visto l’uso di farine di soia dal Sudamerica e olio di palma dal Sudest asiatico. Mentre è la carne di bovino che consuma più acqua: dalle 6 alle 8 volte di più di quella necessaria per produrre la carne di pollo e di maiale rispettivamente. Ed è sempre la carne di bovino ad avere un maggiore impatto in termini ambientali. Tradotto: un hamburger da 100 grammi costa alla collettività 19 euro, tanto quanto un etto di prosciutto. E se si passa dagli euro agli anni di vita persi, i numeri fanno ancora più impressione: a causa del consumo di carne in Italia ogni anno vengono persi circa 350.000 anni di vita, e cioè 2,3 giorni all’anno.
Se questi dati invitano a ridurre il consumo di carne, con cosa sostituirla per ottenere le proteine necessarie per il nostro organismo? Con i legumi. 100 grammi di carne hanno un potenziale riscaldamento globale tra le 10 e le 50 volte quello dei legumi. Se si considerano le proteine prodotte, dato l’alto contenuto proteico dei legumi, il divario aumenta: per 100 grammi di proteine, la carne di bovino genera 55 volte l’impatto dei piselli e 75 quello della soia. E a livello sanitario i legumi fanno persino bene: per 100 grammi consumati al giorno, il rischio di contrarre malattie cardiovascolari si riduce di più del 10%.
C’è da chiedersi quindi perché, nonostante gli impatti sulla salute e sull’ambiente, la carne sia un settore massicciamente sovvenzionato dai sussidi pubblici. Solo durante il periodo fra marzo e maggio 2020, sono stati destinati al comparto zootecnico oltre 100 milioni di euro. E non è stato un unicum legato all’emergenza pandemica: l’Unione europea, tramite la politica agricola comune, nel 2019 ha erogato 173 milioni di euro ai soli bovini italiani. E sempre l’Europa destina fondi persino alle campagne che promuovono il consumo di carne: 1.366.000 euro a un pullman rosa con le sembianze di un porco che fra il 2016 e il 2019 ha viaggiato in diversi paesi europei per “pubblicizzare le proprietà della carne di maiale”.
Se a livello europeo, nonostante i buoni propositi del Green deal della Commissione, è difficile che vedremo un cambio di rotta a breve, la partita italiana potrebbe riservarci invece delle novità importanti. Cingolani ha tracciato una linea per la riduzione del consumo di carne, che vedremo in questi giorni se sarà seguita da fatti concreti. Mentre è la prima volta che con Patuanelli all’Agricoltura siede un ministro dei Cinque stelle, da sempre contrari agli allevamenti intensivi. Saranno disposti a raccogliere alcune delle proposte della Lav, prima fra tutte lo stop dei sussidi pubblici alla produzione di carne?