La Casa internazionale delle donne nasce dall’occupazione del Palazzo di via del Governo vecchio da parte delle femministe, negli anni 70.
Nel 1987 le donne che occupavano ricevono lo sfratto per edificio pericolante e occupano la parte seicentesca del Palazzo in via della Lungara, che già nel 1983 era stato dedicato a finalità sociali, con particolare riguardo alle donne.
Dopo una trattativa, con l’aiuto delle donne elette nel consiglio comunale, nel 1992 il palazzo viene finalmente affidato al consorzio di associazioni che tuttora la gestiscono.
La Casa ospita avvenimenti culturali, è sede di centri antiviolenza e ha uno sportello di ascolto e aiuto per tutte le donne che possono telefonare 338 883 5105, o scrivere una mail lacasaccoglie@gmail.com per qualunque problema possano avere. Uno sportello in cui non soltanto si aiuta praticamente, ma in cui si accolgono le donne in una collettività “politica”, che dà un senso all’aiuto tramite la condivisione. Uno sportello rimasto aperto durante l’emergenza Covid in modalità on line, e in casi urgenti anche in presenza, se era necessario, con mediche e psicologhe.
In questi anni la Casa non è riuscita a pagare l’affitto richiesto dal Comune. Ha mantenuto viva la cultura femminile, ha lavorato per le donne e con le donne, ha manutenuto il grandissimo edifico storico in cui lavora, ha dato lavoro in regola a dipendenti per la segreteria, il bar e l’ostello.
La sindaca Raggi non ha rinnovato la convenzione, mettendo la Casa in fila con tutti quelli che “non pagano l’affitto” trascurando completamente le finalità della Casa, per le quali si è lavorato senza sosta.
Il voto del Parlamento, con l’articolo 24 bis della legge 126 dell’ottobre scorso, ha stanziato risorse pari a 900.000 euro per l’estinzione del debito con il Comune. Il Parlamento ha voluto così garantire la continuità delle attività, considerate essenziali per i diritti e le libertà delle donne, in particolare durante il periodo dell’emergenza Covid-19. Questo significa che la Casa non è più morosa, ma nel suo pieno diritto di occupare l’edificio.
Il Parlamento, inoltre, con la legge finanziaria 2021, nei commi 1134/1139, ha stabilito che le amministrazioni competenti devono concedere l’utilizzo di beni immobili del patrimonio pubblico in comodato d’uso gratuito. Il Parlamento ci ha dato ragione e ora chiediamo alla sindaca di tenerne conto, con una scelta che deve essere politica e non dettata da una logica ragionieristica.
Una memoria di giunta adesso stabilisce che la Casa verrà sì concessa in comodato d’uso gratuito, ma previo bando ad associazioni che diano servizi alle donne.
La Casa non è solo un insieme di servizi come potrebbe essere un patronato. La Casa è un posto che racconta la storia delle donne, la loro attività, il loro farsi protagonista del mondo. Non può essere sostituita da enti più o meno caritatevoli. Se pensiamo che la soluzione ai femminicidi sia soltanto la possibilità di rivolgersi a servizi di “aiuto”, pur necessari e presenti nella Casa, non capiamo che il paradigma culturale che vede le donne in condizioni di difficoltà solo come necessarie di “aiuto”, è proprio ciò che le uccide.
La Casa, con tutto il suo portato di iniziative e di associazioni, fa ben di più di una non meglio intesa quantità di associazioni di servizi. Sgomberarla ricaccia le donne nella minorità, nell’inferiorità, in una condizione che le espone alla subalternità e quindi alla violenza. Ci auguriamo che la sindaca lo capisca e ci rinnovi la convenzione con comodato d’uso gratuito.
*Ginecologa, presidente dell’associazione Vita di Donna