È stato licenziato il lavoratore di Arcelor Mittal sospeso nei giorni scorsi per aver condiviso un post nel quale invitava la cittadinanza a guardare la fiction Svegliati amore mio. Ieri mattina l’impiegato ha ricevuto la lettera inviata dalla multinazionale che gestisce gli impianti dell’ex Ilva di Taranto nella quale è stato confermato il suo licenziamento per giusta causa. L’impresa ha ritenuto quelle parole su Facebook “espressioni gravemente lesive dell’immagine e della reputazione aziendale, eccedenti il diritto di critica” che hanno rappresentato “una condotta gravemente lesiva degli obblighi di correttezza e buona fede” e in grado di provocare “un rilevante danno all’immagine della società”.
Il lavoratore, assistito dall’Usb e dall’avvocato Mario Soggia, si era difeso sostenendo che la fiction Svegliati amore mio narrava fatti avvenuti in un luogo non precisato, ma soprattutto avvenuti nei primi anni 2000 quando Arcelor in sostanza non aveva ancora rilevato la gestione dello stabilimento siderurgico ionico e, quindi, non vi era alcun riferimento esplicito alla multinazionale. Argomenti che evidentemente non sono bastati a convincere l’azienda a chiudere tutta la vicenda.
Per Franco Rizzo dell’Usb si tratta di “un gravissimo attacco alla democrazia e, in particolare, alla libertà di espressione e opinione. Questo – ha aggiunto Rizzo – è l’ennesimo schiaffo, come se non bastasse quanto fatto in precedenza, a tutta la comunità ionica che al danno aggiunge la beffa”. In un comunicato il segretario dell’Usb ha anche sostenuto che Lucia Morselli, ad di Arcelor, “continua a tessere la ragnatela del terrore”. Il sindacato ha così annunciato uno sciopero a oltranza a partire dal 14 aprile non solo per il reintegro del lavoratore, ma perché “questa multinazionale, il suo ad e i suoi discepoli – si legge nella nota stampa – vengano immediatamente cacciati da Taranto”.
Al di là della singola vicenda, la sensazione è che Arcelor Mittal stia cercando ancora una volta di innalzare i toni della polemica come avvenuto diverse volte negli ultimi anni. La più clamorosa fu l’istanza di rescissione del contratto col governo per la cancellazione dello scudo penale. Subito dopo il pomo della discordia divenne il dissequestro dell’altoforno 2. Il pagamento delle fatture scadute alle ditte dell’indotto è, invece, uno dei punti eternamente aperti fin dall’arrivo della multinazionale.
Infine, poche settimane fa, Arcelor aveva minacciato di ridurre la produzione e gli investimenti perché Invitalia non aveva ancora versato l’aumento di capitale da 400 milioni euro che, secondo gli ultimi accordi, sarebbe dovuto arrivare entro il 5 febbraio scorso. Un ultimatum scomparso e sostituito nel giro di 24 ore dall’annuncio trionfale della ripartenza di alcuni impianti. Come se nulla fosse.