Proseguono le polemiche sulle uniformi del Comm. Str. Gen. C. A. F. P. Figliuolo, quella di serie e quella mimetica, peraltro utilissima per travestirsi da cespuglio casomai le cose andassero male, o peggio di così. E dimostrano che in Italia siamo maestri ad accapigliarci sui dettagli per non andare mai al cuore dei problemi. Come quando Conte veniva contestato per la pochette a quattro punte o perché parlava all’ora di cena e talvolta, sciaguratamente, anche dopo. A parte le divise, le mostrine, i nastrini, le medaglie, le greche e i galloni, che comunque devono essere un bel peso, il cuore del problema sono i piani di Figliuolo, di cui in appena un mese e mezzo s’è già perso il conto, perché li cambia come fossero calzini. È ormai assodato che i tre quarti della sua giornata li impiega ad aggiornare il piano del giorno prima. Tutto, temiamo, nasce da un equivoco: che per far funzionare un piano di vaccinazioni basti annunciare quanti vaccini avremo fatto fra un mese, due mesi, tre mesi e così via. Le cose sarebbero senz’altro così se tutto dipendesse da lui. Invece da lui dipende pochissimo.
Molto dipende dalle Regioni che, per quante balle si raccontino su mirabolanti “accentramenti”, erano e restano responsabili della campagna vaccinale. Molto dipende da quante dosi ci mandano le case farmaceutiche, che non mandano mai quelle pattuite. E molto dipende dagli enti regolatori (Aifa in Italia, Ema in Europa, Fda in America), che un giorno alzano il pollice e l’indomani l’abbassano: ieri, per esempio, la Fda ha bloccato J&J per casi sospetti di trombosi. Quindi affannarsi a prevedere ogni giorno quanti vaccini faremo in futuro e poi accorgersi che non è vero niente e ritoccare le cifre al ribasso, o calcolarle per dècade o per mese così il calo si nota di meno, non ha senso. Si finisce nel ridicolo. Se dici, come han fatto Draghi e Figliuolo, che a metà aprile vaccineremo 500 mila persone al giorno e poi il conta-dosi è sempre sotto le 300 mila, hanno un bel titolare i giornaloni “Anziani al sicuro, il governo accelera: 3 milioni di vaccini in 10 giorni” (Rep) o “Il governo ora accelera. Figliuolo: ‘Sei milioni di vaccini agli anziani in un mese’” (Stampa): 3 milioni in 10 giorni fa sempre 300 mila al giorno e 6 milioni in 30 giorni fa addirittura 200 mila al giorno. Che non è accelerare: è frenare. Anziché dare i numeri a casaccio per poi rimangiarseli con supercazzole assortite, il Generalissimo dovrebbe fare l’unica cosa che compete a lui, ma non risulta stia facendo abbastanza: creare nuovi centri di vaccinazione (non primule, per carità, ma almeno mughetti) e fornire alle Regioni più medici e infermieri vaccinatori. A meno che, si capisce, il piano Figliuolo non sia proprio questo: fare piani.