“Questo rischio calcolato si fonda su una premessa: i comportamenti siano osservati scrupolosamente, con mascherine e distanziamenti”.
Mario Draghi
Nell’attesa, speriamo breve, che sia reso pubblico il testo del decreto con le misure annunciate venerdì da Mario Draghi, ecco alcune domande sul nostro futuro prossimo a cui, riteniamo, il presidente del Consiglio dovrebbe dare le attese risposte.
1. “L’Italia apre. Si riparte dal 26 aprile” (“Repubblica”). “L’Italia riapre” (“Corriere della Sera”). “Draghi riapre l’Italia” (“La Stampa”). È davvero questo il messaggio che intendeva comunicare agli italiani? L’annuncio di un liberi tutti trasmesso direttamente da Palazzo Chigi, sede del potere esecutivo che assume in sé la responsabilità delle decisioni? È così che va inteso il contenuto della sua conferenza stampa? Ma se invece (come speriamo) lei considera questa comunicazione come fuorviante e pericolosa, non pensa che una pronta correzione sia indispensabile prima che il Paese vada a sbattere? Visto che già ieri, all’ora di pranzo, anche non lontano da Palazzo Chigi, bar, tavole calde, mescite e altri esercizi pubblici erano meta di assembramenti spensierati?
2. Con il “si riparte dal 26 aprile” si deve intendere che le riaperture si estenderanno nel tempo senza soluzione di continuità? E dunque anche all’imminente ponte del Primo maggio, quello che va da venerdì 30 aprile a domenica 2 maggio? Festa come sappiamo destinata tradizionalmente a spiagge, picnic e scampagnate, sembra quest’anno favorite da un clima mite. Vale cioè la novità del virus refrattario all’aria aperta? O in queste giornate particolari si potrebbe tornare prudenzialmente alle zone rosse, come avvenuto per le festività di Natale e di Pasqua? In ogni caso non sarebbe stato meglio “ripartire” da lunedì 3 maggio per evitare ancora una volta la diffusione di messaggi contraddittori?
3. Non ritiene che alle preoccupazioni sulle riaperture (mentre contagi e decessi non accennano a calare in misura rassicurante) espresse dai più autorevoli infettivologi in trasmissioni di grande ascolto (a cominciare dal professor Massimo Galli, venerdì sera a “Otto e mezzo”) si debbano dare risposte altrettanto circostanziate per non ingenerare altro disorientamento nell’opinione pubblica?
4. Affidarsi al senso di responsabilità dei cittadini sull’uso delle mascherine e i necessari distanziamenti è giusto. Ma non ritiene al contempo indispensabile un piano massiccio e particolareggiato per intensificare i controlli? Il ministro degli Interni, Luciana Lamorgese, dirà qualcosa in proposito? Evitando possibilmente le grida manzoniane prive di effetti concreti, a cui troppi hanno fatto l’abitudine? Anche perché non si accusi il governo (come già qualcuno fa) di scaricare sui cittadini una eventuale, malaugurata recrudescenza della pandemia?
5. A questo proposito lei ha detto che “la possibilità che si ritorni indietro è molto bassa”. Lo speriamo tutti ardentemente. Ma sia pure con la dovuta cautela, l’ipotesi di un piano B di parziale rientro dalle ripartenze non sarebbe il necessario deterrente per frenare i facili e irresponsabili entusiasmi alimentati dalla politica del mojito?
6. Per restare in argomento, non ritiene che il premier debba dire qualcosa di molto severo sulla disgustosa propaganda di Matteo Salvini che a colpi di tweet balla sulla salute degli italiani, come se fosse al Papeete Beach?