Sere fa sentivamo Alessandro Sallusti dire a Otto e mezzo che il “dobbiamo prenderci un rischio ragionato” di Mario Draghi, a proposito delle riaperture, è cosa buona e giusta poiché “il concetto del rischio ragionato è un caposaldo della cultura e della politica liberale”. Probabilmente, il direttore del Giornale pensava al rischio d’impresa, che tuttavia con il rischio di una rinnovata ondata pandemica c’entra come i cavoli a merenda. Per la semplice ragione che, per esempio, nella cultura del libero mercato, l’imprenditore si assume le conseguenze positive, ma anche quelle negative dell’impresa, ne ricaverà i profitti ma se gli va male pure i debiti. Mentre chi tenta di scaricare sulla collettività il peso del rischio non andato a buon fine potrebbe ricevere la visita della Finanza.
Perciò l’annuncio del governo al Paese sarebbe stato completo se Draghi, e il ministro della Salute Speranza, che gli sedeva accanto, avessero detto: dobbiamo prenderci e dovete prendervi un rischio ragionato. Poiché il rischio, per quanto ragionato, di una eventuale, malaugurata nuova crescita dei contagi dopo il (quasi) liberi tutti del 26 aprile (vaticinata dagli infettivologi profeti di sventura) finirebbe per ricadere sull’intera popolazione, amanti del rischio e non.
Piccolo particolare che sembra sfuggire alla politica del riaperturismo senza limitismo di Salvini&Meloni&Renzi. Quest’ultimo, in una delle sue rarissime interviste a Repubblica dice: “la bandiera delle riaperture intestiamocela noi riformisti”. Evvai, frase che ci segniamo a futura memoria. Per l’aedo di Bin Salman, “non di solo pubblico impiego vive l’Italia”. Certo che l’Italia dei non garantiti (quella del commercio, degli artigiani, delle partite Iva) ha sofferto e soffre assai di più dell’Italia dei garantiti (pensionati, impiegati pubblici, dipendenti di imprese grandi e medie). Certo che il “rischio ragionato” cerca di venire incontro alle necessità di circa 5 milioni di lavoratori autonomi e delle loro famiglie ridotte allo stremo.
Purtroppo però lo sciagurato Covid, a digiuno della politica del libero mercato (per non parlare della cultura riformista), quando colpisce non distingue, si comporta in modo assolutamente egualitario, interclassista e forse anche comunista per farsi apprezzare dal ministro Speranza. Ragion per cui il rischio ragionato dovrebbe uniformarsi al “partito della prudenza” (Luca Ricolfi) piuttosto che al partito del mojito. Sempre a sostegno del liberismo virale, Sallusti cita l’aforisma secondo il quale “è vero che una nave è al sicuro solo in porto, ma non è per questo che le navi sono fatte”. Vero, poi però esistono le navi tenute in quarantena al largo. Quelle che espongono la bandiera gialla. Ha presente?