Tutti i moniti della Corte Costituzionale che il parlamento continua a ignorare

È online il primo annuario della Consulta, che anticipa la relazione del presidente Giancarlo Coraggio, il prossimo 13 maggio.

Nel 2020 sempre più moniti della Corte costituzionale a parlamento e governo, tempi del processo decisamente in calo e, di conseguenza, pendenze in diminuzione. Sono i dati, in estrema sintesi, che saltano più all’occhio leggendo il primo annuario della Consulta, stampato in cartaceo, ma consultabile da tutti online, che anticipa la relazione annuale del presidente […]

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Nel 2020 sempre più moniti della Corte costituzionale a parlamento e governo, tempi del processo decisamente in calo e, di conseguenza, pendenze in diminuzione. Sono i dati, in estrema sintesi, che saltano più all’occhio leggendo il primo annuario della Consulta, stampato in cartaceo, ma consultabile da tutti online, che anticipa la relazione annuale del presidente Giancarlo Coraggio, il prossimo 13 maggio.

Una iniziativa che vuole essere l’ennesima prova di come negli ultimi anni la Corte ha voluto infrangere, finalmente, quella “cortina di ferro” ed essere aperta ai cittadini.

Ecco i numeri: sono 281 le decisioni del 2020 (di cui 163 nel giudizio in via incidentale), dunque 10 in meno del 2019. La Corte ha, inoltre, diminuito le pendenze del 3,2% rispetto al 2019, nonostante la pandemia. Si riduce, in particolare, la pendenza dei giudizi incidentali, che passa da 196 a 172 (-12,2%). Inoltre, la Corte sempre di più cerca di entrare nel merito, di superare gli ostacoli di ammissibilità dei ricorsi presentati e ha pure accorciato i tempi di risposta, i più bassi dal 2016: ci sono in media dopo 226 giorni. Ma il dato “politicamente sensibile” è quello del numero crescente dei moniti che la Corte ha fatto al legislatore, ovvero gli inviti al Parlamento a intervenire su una determinata disciplina per porre rimedio a situazioni sulle quali la Corte ritiene di non potersi spingere oltre “nello spirito della leale collaborazione istituzionale”. Il presidente Coraggio, in un’intervista pubblicata sull’annuario, rivendica i moniti e rileva che non sempre sono stati accolti: “È un fatto che i numerosi moniti con cui la Corte ha chiesto al legislatore di intervenire sono aumentati e sono in gran parte rimasti inevasi. Naturalmente, mi rendo conto che, specie nell’attuale situazione politica, il parlamento si trova di fronte a impegni non meno delicati e rilevanti. Tuttavia la Corte non finirà mai di sottolineare la necessità di un migliore raccordo tra le due istituzioni”.

La novità introdotta sul caso dell’aiuto al suicidio, prosegue Coraggio, si spiega “in questo contesto di difficoltà di attuazione delle nostre decisioni. In quell’occasione, com’è noto, la Corte non si è limitata a un semplice monito ma, sul presupposto dell’incostituzionalità della disciplina vigente, ha posto al legislatore un termine entro cui doveva intervenire, fissando al contempo una nuova udienza nella quale, in mancanza dell’intervento legislativo, avrebbe provveduto direttamente (ordinanza n. 207/2018). Ciò che poi è avvenuto a seguito del perdurante silenzio del parlamento. Un esempio virtuoso di leale collaborazione – conclude Coraggio – si è avuto però con il ricalcolo dell’assegno spettante agli invalidi civili totali, subito dopo la decisione che ne ha stabilito l’insufficienza a garantire il minimo vitale, il Legislatore è intervenuto per adeguare l’ammontare della pensione”. Coraggio parla anche del contesto in cui ha dovuto operare la Corte, investita da molteplici decisioni da prendere: “La modifica del contesto in cui la giustizia costituzionale si è trovata ad operare, l’emergere con forza di nuovi diritti fondamentali privi di tutela e l’esigenza sempre più avvertita di garantirli, hanno reso indispensabile e doveroso l’intervento della Corte, anche quando esso presuppone l’esercizio di discrezionalità”. Ma, tiene a precisare il presidente, “siamo stati molto attenti a entrare in punta di piedi nel quadro legislativo, sforzandoci di trovare in quello stesso quadro i riferimenti necessari”. A questo proposito cita una sentenza che ha avuto come relatrice Marta Cartabia, attuale ministra della Giustizia ed ex presidente della Corte: “Come caso guida, in questo senso può essere ricordata la sentenza Cartabia n. 40 del 2019 con cui la sanzione penale in materia di stupefacenti è stata rideterminata ispirandosi a sanzioni già previste nell’ordinamento sulla stessa materia. Questa strada, peraltro, è stata poi seguita in altre pronunce del 2020”.

Infine, il 2020 è stato anche un anno di ricambio alla Corte costituzionale, di giudici e presidenti. Dopo i canonici 9 anni, tre giudici hanno lasciano Palazzo della Consulta: Marta Cartabia, Aldo Carosi e Mario Morelli. Al loro posto sono arrivati Emanuela Navarretta, nominata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Angelo Buscema, eletto dalla Corte dei Conti, e Maria Rosaria San Giorgio, eletta dalla Cassazione. Tre sono anche gli avvicendamenti alla presidenza: il 13 settembre 2020, Marta Cartabia, prima donna presidente della Corte, lascia a 9 mesi dalla sua elezione. Al suo posto viene eletto presidente Morelli, fino a dicembre 2020. Successore è Giancarlo Coraggio, ex presidente del Consiglio di Stato, il cui mandato scade a fine gennaio 2022. Confermato Giuliano Amato come vicepresidente. E dovrebbe essere proprio lui, se la Corte continuerà a seguire il criterio di anzianità, il successore di Coraggio come presidente della Corte.