Da oggi in edicola e in libreria il libro “Il caso Khashoggi”, pubblicato da PaperFirst, la casa editrice del Fatto, a cura di Marco Lillo e Valeria Pacelli inaugura la nuova collana “Nero su bianco”: una serie di libri che raccoglie documenti inediti e scomodi sulle principali inchieste italiane e non. “Il caso Khashoggi” prende spunto dalla partecipazione di Matteo Renzi al congresso del 28 gennaio a Riad con il principe ereditario Mohammad bin Salman. Nel libro, per far comprendere la gravità del gesto di Renzi pubblichiamo i rapporti originali nei quali il Governo Usa e la Relatrice speciale dell’Onu dicono la loro sulle responsabilità del principe saudita. Per la prima volta sono tradotti in italiano integralmente il rapporto della relatrice speciale del Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu Agnès Callamard e la relazione sul caso del Direttore dell’Intelligence Usa. Nel libro ci sono poi le interviste ad Hatice Cengiz, promessa sposa di Khashoggi; a Bryan Fogel, regista del documentario The Dissident e alla stessa Callamard, poi nominata segretario generale di Amnesty International. Qui un estratto della prefazione a cura di Marco Lillo.
Questo libro nasce dalla sorpresa provata nel vedere Matteo Renzi davanti al Principe saudita Mohammad bin Salman sul palco del Future Investment Initiative, un evento che si tiene ogni anno a Riyad ed è giunto alla sua quarta edizione. La scena ha fatto il giro del mondo ed è visibile su YouTube: il Principe saudita – sospettato di essere il mandante di un’operazione tesa al rapimento e/o all’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi – chiama cordialmente Renzi “Prime Minister“ come se fossimo ancora nel 2015. Renzi risponde appellando il Principe “my friend” e gli dice cose tipo: “È un grande onore e piacere essere qui con il grande Principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammad bin Salman, grazie tantissimo per questa opportunità. Per me è un privilegio particolare parlare con te del Rinascimento. Questo perché io non sono solo l’ex premier dell’Italia (come era stato presentato Renzi dalla voce fuori campo, ndr) ma sono soprattutto l’ex sindaco di Firenze, la città del Rinascimento”. Ascoltare un politico che è stato pur sempre il premier del nostro Paese per quasi tre anni, nonché il leader del partito di centrosinistra più forte d’Europa (da lui portato al 40,8%), nonché il sindaco di Firenze per due mandati, dire quelle cose davanti al mondo fa impressione. Almeno a chi conosca i fatti relativi al caso dell’omicidio di Jamal Khashoggi. Come ha fatto, ci siamo chiesti, un politico che nel bene e nel male ha segnato la scena italiana nell’ultimo decennio, a farci fare quella figura barbina sulla scena internazionale? Come ha potuto parlare sorridendo con leggerezza di polis e di civitas in relazione alla politica e all’odierna civiltà saudita? Come ha potuto ignorare quel che è emerso sul conto di MBS, come tutti chiamano il Principe ereditario? Certo, Matteo Renzi quando diceva quelle enormità non aveva potuto leggere il rapporto dell’intelligence del governo statunitense poi desecretato a fine febbraio. Però da tempo era pubblico il rapporto (ben più approfondito) della Relatrice Speciale del Consiglio dei diritti umani all’Onu Agnès Callamard che spiega per filo e per segno quel che è emerso dalle investigazioni turche sull’omicidio di Istanbul. Per non parlare del bellissimo filmThe Dissident, girato dal vincitore del premio Oscar per il miglior documentario nel 2018 (Icarus), Bryan Fogel. E soprattutto c’erano già le dichiarazioni pubbliche della fidanzata di Khashoggi, Hatice Cengiz, che è venuta appositamente a Roma per raccontare ai nostri politici quel che era accaduto a Istanbul il 2 ottobre 2018. Il 17 dicembre 2019 proprio al Senato, dove siede e ha un bell’ufficio Matteo Renzi, Hatice Cengiz ha rivolto un appello alla nostra comunità politica perché chiedesse conto e giustizia al Regno arabo, per l’uccisione del suo fidanzato (…) era arrivata a Roma dopo avere incontrato l’autrice del rapporto, Agnès Callamard (…)Nel caso Khashoggi la Relatrice Speciale ha concluso il suo rapporto con la richiesta al Human Rights Council, al Consiglio di Sicurezza e al Segretario Generale delle Nazioni Unite di varare un’inchiesta internazionale allo scopo di identificare le responsabilità individuali e trovare le modalità per perseguire i colpevoli. Quel giorno di dicembre del 2019 Hatice Cengiz chiedeva ai nostri senatori di fare qualcosa in quel senso.