Il Po è un grande malato, afflitto da numerosi problemi, per lo più dovuti all’attraversamento della pianura padana, l’area più produttiva del Paese, che vanno dall’inquinamento delle acque superficiali, dovute alle alte concentrazioni di nutrienti e alla contaminazione da sostanze pericolose, alla competizione negli usi dell’acqua, divenuta bene sempre più prezioso, alla risalita del cuneo salino, alle alterazioni nel trasporto dei sedimenti, alla canalizzazione del suo alveo, al dissesto idrogeologico, alla presenza di specie animali e vegetali alloctone che stanno causando una preoccupante perdita di biodiversità. In questa situazione l’inedita alleanza tra Wwf Italia e Anepla (Associazione Nazionale Estrattori Produttori Lapidei Affini), insieme alla stretta collaborazione con Autorità di Bacino distrettuale del Po e AIPo (Agenzia Interregionale per il Po, che riunisce le Regioni attraversate dal Po), ha portato a presentare un ambizioso progetto per cercare di cambiare rotta e avviare una diffusa rinaturazione del Po: progetto che è stato inserito nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), recentemente inviato alla Commissione Europea.
Questa proposta per la Rinaturazione del Po (foto di Giulio Davoglio) prende in considerazione una vasta fascia fluviale, dalla provincia di Pavia fino a quella di Rovigo, che si estende per 32.432 ettari, nella quale sono state individuate 37 aree da rinaturalizzare lungo il tratto medio padano e altre 7 aree nel delta del Po. La proposta è perfettamente coerente con la pianificazione di bacino (in particolare con il programma sedimenti dell’Autorità di bacino del Po) e con le direttive europee “Acque”, “Alluvioni” e Habitat. Il progetto risponde agli obiettivi e agli standard definiti nelle Linee Guida per i Pnrr e nel Regolamento che istituisce lo strumento Recovery and Resilience Facility (Rrf), in cui si chiede ai paesi membri della Ue di intraprendere azioni concrete per accrescere il loro capitale naturale tutelando e riqualificando le loro risorse naturali. Riqualificare il Po risponde anche alle indicazioni della “Strategia Europea per la biodiversità” che chiede ai paesi membri di intervenire su 25 mila chilometri di fiumi europei per favorire la continuità fluviale, ripristinare le pianure alluvionali e le zone umide; inoltre il progetto si integra e in parte attua gli obiettivi di sviluppo sostenibile avviati lungo il grande fiume dai due Mab Unesco presenti: “Po Grande” e “Delta Po”.
Il progetto, che prevede un investimento di 360 milioni, è volto a riequilibrare i processi morfologici attivi, attraverso la riduzione dei pennelli per la navigazione, divenuti negli anni troppo alti per essere sormontati dalle portate ordinarie del Po ma che vengono adeguati in modo da garantire un’azione di rinaturazione, consentendo anche le attuali condizioni di navigabilità; a migliorare le condizioni di sicurezza idraulica, diminuendo il più possibile le sollecitazioni idrodinamiche in corrispondenza delle arginature e aumentando la capacità d’invaso e a recuperare il corridoio ecologico rappresentato dall’alveo del fiume e dalla fascia naturale perifluviale, attraverso la riattivazione e il ripristino dei rami laterali e delle lanche, un’ampia azione di riforestazione lungo la fascia fluviale e il contenimento di specie vegetali alloctone invasive.
La rinaturazione del Po è un grande progetto strategico integrato, che coniuga gli obiettivi di tutela della natura e di mitigazione del rischio idraulico; interdisciplinare, perché la progettazione degli interventi verrà realizzata da team di ingegneri, geomorfologi, ecologi, naturalisti, forestali…; partecipato, perché verranno coinvolti tutti gli attori territoriali, istituzionali e non, nella sua attuazione. Siamo di fronte a una sfida importante e dovranno essere messe in campo le migliori competenze, semplificati alcuni passaggi procedurali, definiti criteri innovativi; sarà un grande laboratorio, un esempio per tutti i fiumi d’Italia.